Il Messaggero, 16 luglio 2015
Il gioielliere ucciso a Roma. Giancarlo Nocchia, 70 anni, è stato ritrovato cadavere nel suo negozio in via dei Gracchi. Un bandito lo ha colpito più volte alla testa e poi lo ha lasciato lì per terra agonizzante, mentre ripuliva le vetrinette e metteva sottosopra i cassetti prima di darsi alla fuga. Per strada però ha lasciato una parte del bottino
Ferocia, cattiveria, totale assenza di scrupoli. La vita di un orafo ricercatissimo e ricco d’inventiva – “Il Maestro”, così lo chiamavano nell’ambiente – è stata crudelmente cancellata ieri pomeriggio in via dei Gracchi, al quartiere Prati, in un pomeriggio afoso e pesante come mai. Giancarlo Nocchia, un artigiano di 70 anni noto in tutta la Capitale, è stato assalito in negozio, colpito più volte alla testa e lasciato in agonia tra il bancone e una scaletta interna che porta a un laboratorio al piano superiore. L’hanno trovato alcuni negozianti della zona verso le cinque del pomeriggio: il corpo a faccia in giù sul pavimento, le mani già fredde, il locale sottosopra con i cassetti aperti e le vetrinette ripulite. Via i ciondoli e i cammei, via gli orecchini di smeraldo, sparite le “broches” a forma di farfalla e di pirata che gli avevano dato la fama e un’esistenza piena di soddisfazioni.
LE INDAGINI
L’uccisione dell’artigiano, secondo i carabinieri, è «certamente il risultato di una rapina». L’aggressione, stando alle testimonianze raccolte dagli uomini del Nucleo Investigativo, è avvenuta alla riapertura pomeridiana. Alcune fasi sono state filmate da una telecamera di sicurezza. L’assassino, durante la fuga, ha perso un’astuccio con una parte del bottino. Nocchia è stato colpito «con un corpo contundente» a una tempia e in effetti aveva tracce di sangue sulla fronte. Ma le cause del decesso sono ancora da accertare: potrebbe essere morto cadendo a terra o magari aver avuto un malore. L’unica cosa che sembra certa è che l’orafo, sposato con una dipendente delle Poste, padre di un figlio di vent’anni, è tornato in negozio tra le quattro e le cinque. Cosa sia accaduto esattamente nel laboratorio, per ora si può solo supporre. Le immagini parleranno. «Per ora l’ipotesi più probabile – dicono gli investigatori – è che il gioielliere abbia fatto entrare una persona che magari era già stata da lui nei giorni precedenti». Aver chiesto di vedere la collezione: i collier con le foglie di vite, un ciondolo, gli orecchini d’oro bianco con gli smeraldi. Poi l’azione che non ha dato scampo alla vittima.
LA DINAMICA
Nel negozio, in via dei Gracchi 155, una parallela di via di Cola di Rienzo, c’è stata una colluttazione. «Giancarlo – racconta Claudio Pica, cognato dell’orafo e direttore dell’Associazione Esercenti di Roma – era piccolino ma era uno che lottava: avrà cercato di difendersi dai banditi». Verso le cinque del pomeriggio uno dei negozianti della zona si è accorto che nell’oreficeria qualcosa non andava. È stato chiamato il titolare di un bar vicino, Giorgio Ottaviani («Giancarlo veniva sempre a prendere il caffè»), il quale ha cercato di guardare attraverso i vetri. «Era tutto sottosopra. Siamo entrati dentro. Giancarlo era per terra accanto al bancone». Non è chiaro cosa abbia attirato l’attenzione del primo testimone: forse il fatto che la serranda del negozio era tirata ma all’interno non si muoveva nulla. Subito dopo la scoperta del corpo si è anche parlato di un colpo di pistola: «Ma al momento – dicevano in serata i carabinieri – non ci sono riscontri in questo senso. Non sono state udite detonazioni. Non sono state viste né persone nè auto in fuga». Chi ha ucciso il povero Nocchia, probabilmente, ha agito con totale sangue freddo: ha arraffato quello che voleva arraffare e se n’è andato mostrandosi impassibile così come era venuto.
LE TRACCE
Ma gli indizi non mancheranno. Via dei Gracchi e le strade limitrofe sono piene di telecamere. I carabinieri, per di più, non escludono che tra l’orafo e l’assassino ci sia stato qualche contatto. Magari una telefonata nei giorni precedenti alla rapina durante la quale l’assassino avrà recitato la commedia del cliente interessato alla collezione. «Se so chi è lo scortico vivo – ha detto in via dei Gracchi Paolo Nocchia, fratello della vittima – Non si può ammazzare una persona a questo modo». «Aveva subito altri furti – aggiunge Claudio Pica, cognato di Nocchia e figlio del presidente dei gelatai romani – Il governo si muova. Non si può far morire la gente a questo modo. Ci stanno ammazzando sulla strada. Questa è una storia da ergastolo».