Corriere della Sera, 16 luglio 2015
Il talento di Hans Knappertsbusch. Un esempio di tecnica dell’anima. La compostezza e l’essenzialità del suo gesto raggiungevano vette senza paragoni
A Monaco, a Bayreuth e a Vienna lo chiamavano Der Kna. È Hans Knappertsbusch, morto a Monaco nell’ottobre del 1965, uno dei sommi direttori d’orchestra del Novecento. Alto e dinoccolato, la figura di bel vecchio ex bellissimo ragazzo col ricciolo malizioso sulla fronte, ispirava alle orchestre colle quali lavorava – poche, preferiva le sue alla carriera internazionale – un metus reverentialis; onde aveva necessità di provare poco, tanto il suo gesto trasmetteva, nell’essenziale chiarezza, tutto il necessario. Eppure le sue esecuzioni, poche incise in studio, quasi tutte dal vivo, posseggono un grado di rifinitura raggiunto da pochi altri direttori.
Nato a Elberfeld nel 1888, successe nel 1922 a Bruno Walter alla direzione dell’Opera di Stato della Baviera. Nel 1933 fu tra i firmatari del manifesto Monaco città wagneriana, insieme con Strauss e Pfitzner, contro la commemorazione di Wagner fatta da Thomas Mann, che lo denigrava; ma ciò non significa che fosse nazista, come pur s’è sostenuto. Infatti perse il suo posto a opera del Partito nel 1936 e gli venne proibito di dirigere in Germania. Riparato a Vienna, ebbe revocato il bando. Dopo la guerra venne inizialmente perseguitato dagli antinazisti; riebbe la possibilità di dirigere e restò uno dei Maestri più popolari in Germania e Austria, essendo anche il più venerato fra gli ospiti del festival di Bayreuth insieme con Joseph Keilberth. Non depone a favore di Herbert von Karajan che, divenuto il capo dei Filarmonici di Berlino, der Kna ne fosse escluso; ed è incomprensibile attesa la generosità abituale del Maestro salisburgense.
Per avere un’idea di Knappertsbusch occorre vedere e ascoltare, esistendone la ripresa filmata, il concerto coi Filarmonici di Vienna da lui diretto il 31 maggio 1962 per le Wiener Festwochen. Apre l’Ouverture Leonora Terza di Beethoven. Poche interpretazioni posseggono la stessa intensità, continuità, rifinitura; il Maestro dirige seduto, il braccio sinistro quasi sempre appoggiato sul bracciolo della poltrona. Muove la bacchetta di pochi millimetri, immobile l’espressione del volto. Il Quarto Concerto di Beethoven vede a solista Wilhelm Backhaus, intatte le capacità tecniche, tanto nel brillante quanto nel canto. Sono due vecchi, lui e der Kna, che si conoscono da una vita. Non si guardano nemmeno una volta; l’intesa è di quelle rare. Poi il Preludio e Liebestod del Tristan und Isolde di Wagner, solista una statuaria Birgit Nilsson. Un’esecuzione il fraseggio della quale procede come con un’ideale legatura dalla prima all’ultima battuta. È la più grandiosa che si conosca; quella di Karajan a poco tempo dalla morte, con Jessey Norman, la più lirica e commovente. Il gesto di Knappertsbusch quale si evince dal film è una delle più grandi lezioni di direzione d’orchestra esistenti; una simile compostezza ed essenzialità raggiungono solo, a mia conoscenza, Fritz Reiner ed Evgenij Mravinskij; e naturalmente Karajan. È terribile constatare che, dopo, la mimica del corpo e della faccia abbia prevalso in modo sempre più ciarlatanesco; se si guardano i film di Leonard Bernstein, che a Vienna pure accreditavano quale grande interprete beethoveniano, si resta con l’amaro in bocca. C’è una lettera di Gino Marinuzzi del 1940: dopo il primo tempo della Nona di Beethoven diretto da Victor De Sabata abbandona la Scala perché disgustato dalla mimica del «caro amico e illustre collega». Non parliamo dei nani che oggi salgono sui podi.
Der Kna era celebrato in ispecie, oltre che come beethoveniano, come bruckneriano e wagneriano, sebbene a leggere il bellissimo libro (che ho acquistato in antiquariato trovando all’interno, dal precedente proprietario che doveva venerarlo, una silloge di articoli commemorativi su di lui) Knappertsbusch di Rudolf Betz e Walter Panofsky si apprende che il suo repertorio era stato vastissimo e s’estendeva da prime esecuzioni assolute alla Città morta di Korngold, alla Fanciulla del West di Puccini e al Mikado di Sullivan, insieme con altre Operette; e sebbene l’Opera da lui più sovente diretta sia Il cavaliere della rosa di Strauss. Quale direttore bruckeriano è grandioso ma oggi superato pel suo rifiuto di adottare le edizioni autentiche delle Sinfonie.
Quale direttore wagneriano, a parte il primo atto della Walkiria in forma di concerto del quale pure esiste il film, non si può dimenticare l’infinita delicatezza della sua interpretazione dell’ Idillio dal Siegfried delle Wiener Festwochen del 1963, altra lezione insuperabile di tecnica del gesto ma soprattutto, mi si passi l’espressione, di tecnica dell’anima: tanto leggera e trasfigurata ne riesce la sublime pagina cameristica di Wagner. Non consiglierei a nessuno di ascoltare, dopo, la pesante e imprecisa esecuzione della stessa opera diretta da Furtwängler. Ma esistono anche dei Maestri cantori registrati dal vivo a Vienna, di miracolosa leggerezza, ai quali solo quelli di Karajan possono essere accostati; e due Parsifal di Bayreuth, del 1951 e del 1962. Qui Knappertsbusch più che un direttore è un officiante; ma il passo sublime che rende la sua interpretazione superiore a quella di qualsiasi altro, Karajan compreso (e solo, però, perché non è stata registrata quella di Gino Marinuzzi, che proprio col Parsifal, da lui diretto primo fra i Maestri italiani a Buenos Aires nel 1913 subito dopo la fine della privativa bayreuthiana, concluse la sua carriera wagneriana, cominciata col Lohengrin nel 1908, nel 1944), s’alterna bensì alla terribile drammaticità dell’inizio atto secondo e alla desolazione dell’inizio atto terzo, ma s’accompagna sempre alla celestiale soavità dell’Agape del primo e del terzo atto. Quella soavità e quella delicatezza che solo i giganti posseggono.
Un’idea completa del Kna non può tuttavia aversi se non si conosce anche il direttore di musica, a dir così, leggera; e per fortuna ne esistono testimonianze. Quale capacità di melos nell’Intermezzo di Mille e una notte di Johann Strauss; quale ironia nell’Ouverture del Pipistrello! E tuttavia vorrei indicare quale non plus ultra dell’interpretazione del Valzer giusta la tradizione autentica quella (coi Filarmonici di Berlino, meglio che con quelli di Vienna) del meraviglioso, e ignotissimo, Bad’ner Mad’ln di Karel Komzak II, un direttore di banda viennese morto prematuramente nel 1905 per l’esser caduto sotto le ruote di un treno sul quale tentava di salire.