Corriere della Sera, 16 luglio 2015
La mappa elettorale dell’Italia, la nuova geografia dei seggi che preoccupa i partiti. Ma per candidati, che sono storicamente radicati in certi territori e sono più o meno forti in certe zone, i collegi sono tutto. E già piovono le richieste per modificare il puzzle. Ma l’ultima parola spetta all’esecutivo: e con il disegno dei collegi, l’Italicum, che entrerà in vigore il primo luglio 2016, è completo
La provincia di Cremona divisa tra Lodi e Mantova. I campanili di Pisa e Livorno accorpati. Arezzo cede a Firenze la Valdarno. E Trapani e Marsala si fondono con comuni del Palermitano. È la mappa elettorale dell’Italia, o meglio dell’Italicum, che riscrive la geografia elettorale del Paese: diviso in 100 collegi, come vuole la nuova legge elettorale, che fissa alcuni paletti (devono eleggere da 3 a 9 deputati ciascuno e avere popolazione omogenea) ma delega al governo di tracciarne i confini. L’esecutivo adesso ha presentato il suo schema. È frutto del lavoro di una commissione di esperti guidati dal presidente dell’Istat Giorgio Alleva, che ha illustrato il testo alla commissione Affari costituzionali del Senato: le Camere hanno tempo fino al 1° agosto per dare un parere (non vincolante).
L’Italia è divisa in 20 circoscrizioni elettorali, che coincidono con le Regioni, ciascuna divisa in collegi plurinominali, dove vengono eletti in media 6 candidati. Sono collegi più piccoli di quelli del Porcellum e più grandi di quelli del Mattarellum: in media da 470 mila elettori. Qui ciascuna lista presenterà i suoi candidati: il capolista è bloccato, gli altri sono scelti con le preferenze. Dentro questi confini, quindi, i candidati condurranno la caccia al voto.
Ma come sono stati individuati questi confini, per arrivare a tracciare 100 collegi con un numero omogeneo di elettori? Si tratta di un lavoro di una certa «complessità», ha spiegato Alleva ai parlamentari. In 16 casi è stato mantenuto il confine delle province. Negli altri casi i territori sono stati accorpati o divisi per creare porzioni con popolazione simile. Alcune province (22) cedono parte del territorio. Le scelte, nel quadro dei paletti dell’Italicum, hanno rispettato principi come la «coerenza del bacino territoriale e la continuità», il «minor frazionamento possibile delle minoranze linguistiche», «l’integrità dei Comuni», dove possibile, e l’«omogeneità economico-sociale e storico-culturale dei collegi». «La commissione ha fatto un lavoro asettico, e buono – per il presidente del Cise Roberto D’Alimonte —. Ma per candidati e partiti, che sono storicamente radicati in certi territori e sono più o meno forti in certe zone, i collegi sono tutto. E il loro disegno, anche se orientato a principi neutrali, può essere influente». Ad esempio dividendo feudi elettorali. «Quindi le pressioni per le modifiche ci saranno – è la previsione —, vediamo come si comporterà il governo».
La previsione è azzeccata e le prime lamentele, su come i territori sono stati divisi e riaccorpati, sono già emerse. In Friuli-Venezia Giulia, ad esempio, è polemica sulla divisione dell’area friulana, con la creazione di un collegio a forte presenza slovena (ma la delega non ammetteva alternative per le minoranze linguistiche). «In diversi casi si tratta di collegi artefatti e innaturali», per Danilo Toninelli dei 5 Stelle. «Si prenda la provincia di Cremona, il mio territorio. Parte è stato accorpato con Lodi, parte con Mantova. Ma gli esponenti di quella provincia sono un riferimento per quella comunità politica: e a metà di quegli elettori si toglie la possibilità di votarli. Se in campagna elettorale – aggiunge – rilasciassi un’intervista a un quotidiano locale, raggiungerei metà del mio bacino elettorale». Nel Movimento ciascun parlamentare studierà le zone che conosce meglio a caccia di casi da correggere. Anche in casa leghista c’è chi attacca: «Collegi disegnati come le province coloniali africane», dice Giancarlo Giorgetti dopo aver visto che Saronno e Tradate, provincia di Varese, voteranno con Monza. «Ci sono alcuni problemi tecnici nell’hinterland dei grandi capoluoghi», per Andrea Augello (Ncd): «A Roma, per esempio, accorpare i quartieri meridionali a Fiumicino crea un collegio sbilanciato a favore del candidato, mettiamo un assessore, radicato sul Litorale».
«Partendo dai paletti dell’Italicum, il lavoro della commissione ha limitato i danni, mettendo insieme aree il più possibile omogenee – commenta Enzo Lattuca (Pd) —. Ma restano casi da rivedere. Il confine provinciale è quello in cui la maggior parte di ciascuno di noi esercita la sua attività politica. E anche i partiti sono organizzati in federazioni provinciali. Si pensi a un collegio come quello che comprende parte della provincia bolognese, Imola e Faenza (Ravenna). A livello territoriale, chi, insieme alla segreteria nazionale, sceglie i candidati?». Maurizio Migliavacca, senatore pd, esperto uomo macchina ai tempi della segreteria di Bersani, sottolinea come «in 19 collegi sono emerse criticità, abbiamo chiesto all’Istat ulteriore documentazione». Ma c’è anche chi, come Enrico Costa (Ap), ammette: «In Piemonte siamo stati fortunati, tutte le province sono bilanciate».
Le richieste per modificare il puzzle già ci sono. Ma l’ultima parola spetta all’esecutivo: e con il disegno dei collegi, l’Italicum, che entrerà in vigore il primo luglio 2016, è completo.