la Repubblica, 10 luglio 2015
Assalto all’Eurotunnel. Ogni giorno centinaia di uomini-topo cercano di entrare in Gran Bretagna nascondendosi nel camion o saltando sui vagoni dei treni merce. In venti sono morti l’anno scorso, 12 quest’anno. L’ultimo martedì all’ingresso francese del tunnel. Era africano, era riuscito a salire sul tetto di una carrozza, ma è caduto giù appena il treno ha accelerato, sbattendo la testa
«Che ritardo», si lamenta la donna in carriera appena scesa trafelata dall’Eurostar, iPhone in una mano, valigetta nell’altra. «E cosa dovremmo dire noi, che aspettiamo di partire da tre ore?», le fa eco un tizio sulla pensilina. Da giorni a St. Pancreas, la moderna, luccicante stazione d’arrivo dei treni super veloci che vanno dal centro di Parigi a quello di Londra, c’è aria di sommossa. Ma è nulla rispetto all’aria che tira poco più a sud, sulla Manica. Luogo carico di storia e simbolismo, “the Channel”, come lo chiamano gli inglesi, evoca le bianche scogliere di Dover, lo sbarco in Normandia, le barzellette euroscettiche. Come questa, vecchissima: «Nebbia sulla Manica, il continente isolato». Una battuta obsoleta dal 1994: quando fu completato l’Eurotunnel, Gran Bretagna ed Europa non sembravano più separati da un corso d’acqua, la galleria sottomarina più lunga del mondo li teneva collegati come un cordone ombelicale. Eppure adesso sul canale della Manica si combatte una battaglia che isola di nuovo l’Inghilterra dal continente ( o viceversa), con violenze, feriti e ora anche dei morti.
Un uomo di cui probabilmente non conosceremo mai il nome ha perso la vita martedì all’ingresso francese del tunnel. Sappiamo che era un migrante africano, entrato abusivamente nella galleria insieme a un gruppo di 400 compagni di sventura. L’obiettivo era saltare al volo sui treni merci in partenza per il Regno Unito e scenderne dopo Dover, alla prima stazione. L’africano è riuscito a salire sul tetto di una carrozza, ma è caduto giù appena il treno ha accelerato, sbattendo la testa. È stata la polizia di Calais, la cittadina francese dove comincia l’Eurotunnel, a fare la macabra scoperta. Gli agenti inseguivano i migranti per impedire loro di entrare illegalmente nella galleria. Trovata la vittima, hanno messo in fuga i suoi compagni, o almeno quelli che non ce l’avevano fatta ad abbordare il treno, sospingendoli indietro, verso la Francia.
È una sfida che si ripete quotidianamente da circa un anno, intensificata nelle ultime settimane dallo sciopero a singhiozzo dei ferry-boat che fanno la spola tra Calais e Dover. I lavoratori dei traghetti hanno incrociato le braccia per ottenere migliori condizioni. Talvolta, oltre ad astenersi dal lavoro, formano picchetti all’ingresso dell’Eurotunnel per fermare i trasporti anche lì e rendere così più efficace la propria protesta. L’altro giorno hanno rafforzato i picchetti incendiando gomme d’automobile: un denso fumo nero si è alzato all’imboccatura della galleria, costringendo i responsabili a chiudere il tunnel per ragioni di sicurezza. Ma anche senza i falò, basta lo sciopero a rallentare il traffico. Automobili e camion carichi di merci non hanno più scelta: l’unico mezzo per attraversare il canale sono i treni che passano sotto il mare. L’intensità del traffico ha creato nei due sensi code lunghe venti chilometri. I camion procedono a passo d’uomo. Ed è a questo punto che entrano in scena i migranti. Arrivano di corsa, aprono con una sbarra il portello posteriore degli autocarri, si nascondono fra le merce e poi scendono in Inghilterra.
«Facciamo quello che possiamo, ma non abbiamo forze sufficienti», dice la polizia di Calais. Trasmesse dalla televisione, le scene dell’assalto dei migranti ai camion scatenano la stampa xenofoba e i partiti anti-immigrati a Londra. La settimana passata il governo conservatore di David Cameron ha preso il primo provvedimento, inviando tre chilometri di reticolati e recinzione metallica per erigere un “muro” attorno all’ingresso di Calais dell’Eurotunnel – come se in Francia non avessero filo spinato. Ma a quanto pare non è servito neanche questo a spezzare l’assedio dei migranti. «Provo oggi, provo domani, provo dopo domani, provo finchè riesco a passare il canale», spiega uno di loro alla Bbc. Nella zona di Calais ce ne sono ormai 4mila, accampati in una tendopoli di fortuna. Vengono dall’Eritrea, dalla Siria, dall’Afghanistan. Qualcuno teme che fra di loro ci siano jihadisti dello Stato Islamico intenzionati a entrare clandestinamente in Gran Bretagna per compiere attentati. Ma la maggior parte sembra più interessata ad arrivare in cerca di un lavoro: sono migranti senza nulla da perdere, che sembrano considerare la capitale britannica come una versione europea dell’American Dream, più promettente di Parigi o di altre città del continente, per assicurare loro una vita migliore. Paradossalmente, vogliono tutti andare nel posto in Europa che li teme come la peste, nel Paese che vive l’immigrazione come un virus, sebbene le statistiche dimostrino che invece porta risorse, dinamismo sociale e più tasse. E per arrivarci sono disposti a rischiare la vita.
L’africano che ha perso la vita martedì non è il primo morto dentro la galleria o nelle vicinanze. Nell’aprile 2014 un altro migrante fu rinvenuto a 8 chilometri dall’ingresso del tunnel, in territorio francese, apparentemente cascato da un autocarro. Il mese scorso è stata la volta di un eritreo di 26 anni, caduto da un treno. Qualche giorno dopo una donna, anche lei di origine africana, è stata investita da un camion a pochi metri dal tunnel. Secondo l’associazione umanitaria Calais Migrant Solidarity in realtà il numero delle vittime è assai più alto: soltanto l’anno scorso sarebbero morti almeno 20 migranti cercando di passare la Manica. Alcuni dei corpi non vengono mai ritrovati. Altre vittime non vengono riportate: non hanno nome, non diventano neanche dei numeri. Il Daily Telegraph scrive che, dall’inizio del 2015, quasi 20mila migranti hanno provano a saltare sui treni o a nascondersi sui camion. E all’accampamento di Calais ne arrivano 150 nuovi ogni giorno. A Parigi circolano richieste di fare intervenire l’esercito e non si perde l’occasione per polemizzare con Londra: «Il confine ormai passa da Calais, sta al governo Cameron mandare più guardie di frontiera ad aiutarci».
Intanto, alla stazione londinese di St. Pancreas, i passeggeri vengono avvertiti che il prossimo Eurostar partirà con tre ore di ritardo. La gente sbuffa, spazientita. Il continente è isolato. E non c’entra la nebbia sulla Manica.