il Messaggero, 10 luglio 2015
Il bimbo di quattro anni caduto nella tromba dell’ascensore guasto della metro. Tragedia nella linea A di Roma: un addetto soccorre i passeggeri chiusi dentro ma sbaglia manovra. E il piccolo cade nel vuoto davanti alla madre
«Marco era vicino a me, poi è sparito nel vuoto, all’improvviso non l’ho più visto». Inghiottito nel buio, precipitato per venti metri. Marco ha smesso di ridere, di incrociare lo sguardo della mamma. Marco, 4 anni ormai non c’è più. Morto praticamente sul colpo, scivolato giù nell’intercapedine tra due ascensori, quello nel quale era rimasto intrappolato con la mamma e l’altro, una specie di montacarichi di servizio, usato per le emergenze. Sono passate da poco le 17, Francesca Giudice, 43 anni, con il figlioletto entrano nell’ascensore della stazione della metropolitana della linea A Furio Camillo in via Appia Nuova, poco distante da San Giovanni.
IL VOLO
Le porte si chiudono, Francesca e Marco scendono per qualche metro ma l’ascensore si blocca. «Aiutateci, siamo rimasti dentro» grida disperata Francesca che suona subito l’allarme. In aiuto arriva un addetto dell’Atac, non potrebbe intervenire, dovrebbe aspettare gli esperti della manutenzione, gli unici abilitati a effettuare manovre di emergenza. Solo qualche minuto e sarebbe arrivato un operaio esperto. Ma l’uomo prova comunque a liberare la mamma e il bimbo che intanto piange, spaventato. L’operatore dell’Atac sale dentro un ascensore di servizio, parallelo a quello usato dai passeggeri, raggiunge il vano dove si trovano Marco e Francesca, il piccolo sembra si sia alzato dal passeggino: l’operatore apre una porticina che collega i due ascensori. Poi la tragedia. «All’improvviso non l’ho più visto, non ho più visto Marco» griderà in stato di choc Francesca poco dopo. Il piccolino è caduto giù, nel piccolo spazio tra i due ascensori. «Un corpicino gracile» diranno tra le lacrime gli operatori del 118 che hanno provato comunque a rianimare il bimbo recuperato dai vigili del Fuoco in fondo alla tromba dell’ascensore. Francesca grida, sviene. Si dispera l’addetto dell’Atac, poi il crollo, perderà i sensi anche lui davanti a centinaia di passeggeri in preda al panico. Intanto dall’altoparlante qualcuno con voce rotta dal pianto chiederà a tutti di abbandonare la stazione. Francesca è rimasta accanto al corpicino del figlio per ore. Poco dopo l’arrivo del papà, Giovanni Grandefronte, commesso in una libreria del centro. Non ha la forza di parlare, è sotto choc. Abbraccia Francesca, piangono, accarezzano il piccolo Marco. Sul posto i carabinieri della compagnia Piazza Dante che hanno ascoltato per ore l’addetto dell’Atac, indagato per omicidio colposo. L’assessorato ai Trasporti farà sapere che «la ditta di manutenzione Kone stava già intervenendo secondo i tempi contrattualmente previsti e cioè aveva assicurato l’intervento entro 30 minuti dalla segnalazione del guasto».
LUTTO CITTADINO
Poco dopo l’assessore ai Trasporti Improta parlerà di «procedura non codificata», «errore umano». Il sindaco Ignazio Marino è rimasto dentro la stazione insieme a Giovanni e Francesca. All’uscita è stato duramente contestato da centinaia di persone, stravolte per la morte del piccolino. «Buffone, buffone» ha gridato la folla inseguendolo in strada. «Siamo davanti a una tragedia che riguarda tutta Roma. Ho deciso di proclamare il lutto cittadino per il giorno dei funerali» commenterà più tardi su Twitter. Per ore nel quartiere non si parlerà di altro, del piccolo Marco inghiottito dalla tromba dell’ascensore, dei continui guasti sulla metropolitana, del cosiddetto «sciopero bianco» che getta nel panico migliaia di passeggeri ogni giorno. Ieri tra di loro, c’era anche Marco. E non tornerà più a casa.