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 2015  luglio 09 Giovedì calendario

Il giro d’affari del cybercrimine in Italia vale 9 miliardi di euro. Mica bit-coins. I dati ci dicono che i reati informatici e il numero di attacchi tramite malware, ossia software specializzati nel causare danni a computer e sistemi operativi, sono in costante aumento: la possibilità di incappare in qualche click deleterio è del 20%

Quando Twitter diventa un problema. In Italia sono in amento i reati informatici e il numero di attacchi tramite malware, ossia software specializzati nel causare danni a computer e sistemi operativi. A dirlo è il Microsoft security intelligence report che fotografa la situazione del 2014: da Palermo a Milano la possibilità di incappare in qualche click deleterio è del 20%, mentre la media mondiale si assesta al 19% e ci sono paesi come gli Stati Uniti, la Francia e l’Inghilterra che tengono testa con un risibile 12%. Tradotto in monete il giro d’affari del cybercrimine nello Stivale vale qualcosa come 9 miliardi di euro. Mica bit-coins.
Così se vi arrivano strani messaggi da gente sconosciuta su Facebook o vi ritrovate “taggati” in un video virale di dubbia provenienza vi conviene contattare il sito e segnalare immediatamente l’intrusione. Le frodi virtuali, infatti, sono dietro l’angolo. E forse anche peggio: sì, perché (dati alla mano) pare che i due terzi degli utenti che subiscono un attacco on-line lì per lì manco se ne accorgano. Continuano a navigare senza farci caso, e solo in un secondo momento – magari davanti al tecnico di fiducia che spiega l’accaduto – si rendono conto di quanto successo.
La lista di quel che avviene (illegalmente) nei meandri di internet è tristemente lunga. Molestie tramite social network, vere e proprie persecuzioni (virtuali, s’intende), diffamazione per mezzo Facebook (tra l’altro recentemente equiparata dalla giurisprudenza tricolore alla diffamazione per mezzo stampa, quindi definita un reato aggravato), pedopornografia, phishing (ossia la truffa telematica che tramite pochi click ruba alla vittima informazioni personali, dati finanziari e codici d’accesso: attenti al vostro iban), stalking, furti d’identità, virus di ogni sorta eccetera eccetera.
Ce n’è per tutti i gusti. Basta fare un giro sulle cronache quotidiane, magari sfogliando qualche blog o sito d’informazione (giusto per restare in tema), per rendersene conto: la polizia postale, di questi tempi, ha un bel daffare. E non è un caso che pochi mesi fa siano stati proprio gli agenti 2.0 a dare i numeri. Del fenomeno, ovvio. L’anno scorso ci sono state 88.805 denunce di frodi in rete e 2.352 spazi virtuali sequestrati, sette persone sono finite in manette e 3.436 sono state denunciate in stato di libertà. Ancora: quasi 47mila siti sono stati monitorati per gioco d’azzardo, 22 persone sono state portate davanti all’autorità giudiziaria e le sanzioni amministrative scattate per questo genere di reati ha valso allo Stato 120mila euro. Il rapporto continua inesorabile: 4.998 furbetti della rete sono stati segnalati per furto d’identità digitale, 2.705 per diffamazione, 76 per stalking in rete.
Come se non bastasse, infine, 300 casi gestiti dalla polizia postale nel 2014 hanno riguardato il cyberbullismo, cioè l’attuazione di comportamenti persecutori verso minori operata tramite la rete: e dire che nel 2013 gli episodi erano “appena” 150.