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 2015  luglio 09 Giovedì calendario

La Giunta per le autorizzazioni ha detto sì all’arresto del senatore Azzollini, ora la parola spetta all’Aula (con l’incognita del voto segreto). Il problema per Renzi è che senza l’esponente di Ncd la maggioranza al Senato sarebbe di soli sei voti. Intanto ieri l’onorevole Azzollini è andato da Grasso per consegnare le dimissioni da presidente della Commissione Bilancio e poi dall’amico vescovo. «Che ne sapete di come sto?»

Antonio Azzollini del Nuovo centrodestra si è dimesso in «zona Cesarini». Il senatore incappato nell’inchiesta della Procura di Trani sul crac del polo ospedaliero della Divina provvidenza ha dunque lasciato dopo 11 anni la poltronissima di presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama (che ora passa a Giancarlo Sangalli, Pd) ma non lo scranno di senatore. Il parziale passo indietro del parlamentare pugliese è arrivato poche ore prima del voto della Giunta per le autorizzazioni e le immunità che, con una maggioranza Pd-grillini-Sel-Lega, ha autorizzato il suo arresto ai domiciliari.
Ora, con il voto segreto che potrebbe riservare sorprese, l’ultima parola spetta all’Aula: entro tre giorni la giunta presieduta da Dario Stefano (Sel) dovrà inviare le carte al presidente Pietro Grasso che poi porrà la questione all’ordine del giorno della conferenza dei presidenti di gruppo. I tempi della calendarizzazione in Aula rischiano però di trasformarsi in un caso politico.
Se confermata dall’Aula, l‘autorizzazione per gli arresti domiciliari di Azzollini, oltre a lasciare un forte risentimento nel Nuovo centrodestra, influirebbe anche sui numeri della maggioranza al Senato che già sono risicati. All’ultima fiducia, i voti di scarto del governo Renzi sono stati sette (senza contare i due ex di FI Bindi e Repetti) e dunque, ora, con gli arresti domiciliari di Azzollini, il margine di sopravvivenza si ridurrebbe a sei. Va da sé che in Aula, nel segreto dell’urna, oltre al garantismo trasversale potrebbe contare anche la forte voglia di autoconservazione che caratterizza un po’ tutti i senatori.
Gli otto membri della giunta del Pd (oltre alla vicepresidente Stefania Pezzopane, ci sono Felice Casson, Doris Lo Moro, Claudio Moscardelli, Giuseppe Cucca, Rosanna Filippin, Nadia Ginetti e Giorgio Pagliari) hanno votato la proposta favorevole all’arresto presentata dal presidente Dario Stefano. Molti i mal di pancia in casa dem sulle reali esigenze cautelari (confermate giovedì scorso dal Tribunale della Libertà di Bari) per Azzollini al quale, infatti, il renziano Andrea Marcucci ha reso l’onore delle armi: «Il presidente Azzollini ha fatto una scelta di grande rispetto istituzionale. A prescindere dalla vicenda che lo riguarda, tutto il Parlamento dovrebbe sottolinearne il valore» Anche i 4 grillini hanno votato per la mancanza di fumus persecutionis. E lo stesso ha fatto Erika Stefani (Lega). Per prassi, non ha votato il presidente Stefano (Sel). La proposta per l’aula è passata con 13 voti e a nulla è valsa la difesa di Azzollini organizzata dai centristi di Ncd (Andrea Augello, Nico D’Ascola e Carlo Giovanardi), dai due esponenti di FI, dal socialista Enrico Buemi e da Mario Ferrara di Gal. Per Lucio Malan (FI), «questo voto è un fatto gravissimo».

Dino Martirano

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Aeroporto di Fiumicino, annuncio imbarco del volo Alitalia per Bari delle 14.35 di ieri. Il senatore Antonio Azzollini – la barba rasata di fresco come ogni mercoledì – ha già in tasca il biglietto del ritorno nella Capitale, fissato per la sera stessa, in tempo per la decisione della Giunta delle immunità che arriverà alle 21.55: ok al suo arresto.
Ha mangiato solo «una mezza mela» e si avvicina al gate senza fretta: «Io gliel’ho detto al presidente Schifani, stamattina a Palazzo Giustiniani, quando lo sono andato a salutare: male non fare, paura non avere, però voi che ne sapete di quello che provo adesso...Provo tanta tristezza, perché vado a Molfetta per il funerale di un amico. A Molfetta la gente mi conosce...». Va al funerale del vescovo, don Gino Martella, morto all’improvviso d’infarto a 67 anni. E alle 16.30, nella cattedrale, eccolo infatti Azzollini seduto in prima fila, insieme al governatore della Puglia Michele Emiliano e al prefetto di Bari, Pagano, che è una donna e si chiama come sua moglie: Carmela. Nel 2013 don Martella fu nominato dalla Santa Sede commissario apostolico della Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza, le suore che gestiscono proprio l’ex ospedale psichiatrico di Bisceglie, quello finito nell’inchiesta della Procura di Trani che coinvolge anche lui, Azzollini.
Sarà morto di crepacuore, don Gino? «Lasciate stare i miei amici, io parlo solo di me. Io ho 62 anni e non temo affatto che l’inchiesta di Trani possa danneggiare la mia salute, anzi sono sereno». Due suore della Divina Provvidenza sono ancora ai domiciliari («Ahimè!», sospira il senatore) e presto potrebbe finirci anche lui: «Mah vedremo – dice quando ormai è sera e la decisione è arrivata —. La parola adesso, credo prima della pausa estiva, toccherà all’Aula, dove confido nella ragionevolezza dei colleghi e dove potrò affermare di nuovo le mie ragioni. E se pure l’Aula mi voterà contro, beh allora sperimenterò per la prima volta anche lo stato d’animo di chi va ai domiciliari».
Il giorno più lungo del senatore Ap-Ncd è cominciato alle 9 nel piano ammezzato di Palazzo Madama, dove ha sede la commissione Bilancio che lui presiede. Mezz’ora di tempo per incardinare il decreto sulle pensioni, ascoltare la relazione del collega senatore (Pd) Paolo Guerrieri Paleotti, poi Azzollini esce, saluta la sua storica segretaria Caterina e va a consegnare personalmente nelle mani del presidente Pietro Grasso la lettera di dimissioni. Lascia la commissione dopo 13 anni: «Ci sono momenti in cui un uomo delle istituzioni deve compiere scelte anche difficili, ma necessarie – ha scritto —. La piena convinzione della totale infondatezza dei fatti giudiziari che mi riguardano non mi esime dal mantenere un profilo dedito esclusivamente alla salvaguardia del ruolo istituzionale da me ricoperto». Il suo avvocato, Felice Petruzzella, ammette che comunque le dimissioni potranno tornar utili in caso di ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame che ha rigettato la richiesta di revoca dei domiciliari («La reiterazione del reato ora sarebbe impossibile», chiosa il legale).
Molfetta è città devota alla Madonna dei Martiri. Si sente un po’ martire, senatore? «Non sono abituato a usare certe parole. Credo nella giustizia e mi difenderò nel processo».
Fabrizio Caccia