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 2015  luglio 09 Giovedì calendario

La scadenza del 6 novembre, giorno in cui scatterà la prescrizione per il reato di corruzione contestato a Silvio Berlusconi, a questo punto non basta a chiudere la partita. Perché è vero che l’imputato ne potrà godere, ma è pur vero che dovranno essere i giudici di secondo grado a doverla applicare. E dunque si andrà in Appello, si aprirà un nuovo processo e la battaglia tra accusa e difesa si farà ancora più aspra

La scadenza del 6 novembre, giorno in cui scatterà la prescrizione per il reato di corruzione contestato a Silvio Berlusconi, a questo punto non basta a chiudere la partita. Perché è vero che l’imputato ne potrà godere, ma è pur vero che dovranno essere i giudici di secondo grado a doverla applicare. E dunque si andrà in Appello, si aprirà un nuovo processo e la battaglia tra accusa e difesa si farà ancora più aspra.
È innegabile la vittoria del pool dei pubblici ministeri napoletani, che sono riusciti a dimostrare come i soldi versati dall’ex Cavaliere al senatore Sergio De Gregorio non fossero un semplice finanziamento, ma il prezzo del suo voto in Senato. Ed appare altrettanto evidente – almeno nelle dichiarazioni a caldo dopo la lettura della sentenza – la volontà dei difensori di cancellare questa macchia che segna la vita politica di Berlusconi, il fatto che per indebolire il governo allora guidato da Romano Prodi sia stato costretto a versare tre milioni di euro a un parlamentare. Non a caso l’avvocato Niccolò Ghedini insiste più volte sulla determinazione a «presentare ricorso per ottenere l’assoluzione di fronte a una decisione allucinante».
Sanno bene i legali che un’eventuale chiusura della vicenda per prescrizione lascerebbe intatta la percezione della condanna a tre anni di reclusione e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Anche perché rimane aperta la causa di risarcimento intentata dal Senato – che per volontà del presidente Pietro Grasso si è costituito parte civile nonostante il parere contrario dell’Ufficio di Presidenza – e dunque «in separata sede» si dovrà quantificare il danno all’immagine dell’istituzione. E sono pure consapevoli che le questioni giuridiche aperte dall’inchiesta prima e da questo dibattimento poi peseranno sul dibattito politico in materia di giustizia. Il verdetto mette infatti per la prima volta in dubbio l’insindacabilità del voto parlamentare e si trasforma in un precedente che certamente potrà influire in altre vicende analoghe.
Nessuno in realtà nei mesi scorsi avrebbe scommesso che il processo potesse arrivare alla sentenza di primo grado. Tutti davano per scontato che, visti i tempi stretti sarebbe finito su un binario morto proprio in attesa della prescrizione. Soltanto qualche settimana fa ci si è invece resi conto che i componenti della prima sezione erano intenzionati ad arrivare alla decisione. Ma gli avvocati sono apparsi sicuri di poter ottenere l’assoluzione. Forse per questo non hanno messo in atto alcuna strategia dilatoria, anzi anche nei giorni in cui sarebbe stato possibile ottenere un rinvio – ad esempio durante le proteste proclamate dall’Ordine degli avvocati – hanno accettato di essere in aula e celebrare le udienze. E nelle repliche prima che il collegio entrasse in camera di consiglio hanno dato per scontato un esito favorevole rimarcando più volte, come ha fatto l’avvocato Michele Cerabona «la totale assenza di prove di fronte a una contestazione già di per sé assurda».
Una tesi che il Tribunale non ha evidentemente condiviso e così adesso si ricomincia. I tre giudici hanno 90 giorni per depositare le motivazioni, dunque il termine ultimo è fissato al 7 ottobre anche se è presumibile che lo facciano prima dando la possibilità ai colleghi del secondo grado di fissare al più presto l’avvio del nuovo dibattimento. Difficile che ciò avvenga entro il 6 novembre – giorno della prescrizione – ma non escluso. E in ogni caso si aprono due scenari. Nel primo caso il presidente del collegio informa l’imputato che può godere dell’estinzione del reato e in caso di assenso procede immediatamente a dichiarare chiuso il dibattimento. Nel secondo l’imputato decide di non avvalersi della prescrizione convinto di poter dimostrare la propria innocenza. È quello ritenuto davvero improbabile. Chissà che Berlusconi non decida di sorprendere tutti.