il Fatto Quotidiano, 8 luglio 2015
All’aeroporto di Fiumicino, a due mesi dall’incendio che il 7 maggio scorso ha devastato il Terminale 3, la situazione è ancora di estremo caos. Se entro tre mesi non sarà messo tutto a norma, come ordinato dalla Procura, l’intero scalo verrà chiuso
C’è il rimpallo delle responsabilità. C’è il rischio di chiusura totale entro tre mesi. Ma c’è anche il perdurare di una situazione di pericolo per i lavoratori. Che ancora sono vincolati all’uso di mascherine e a una turnazione che prevede il divieto di lavoro per più di quattro ore. All’aeroporto di Fiumicino, a due mesi dall’incendio che il 7 maggio scorso ha devastato il Terminale 3, la situazione è ancora di estremo caos. E questo proprio nel periodo di maggior traffico del principale scalo italiano. I 300 mila passeggeri dirottati su Ciampino sono serviti solo a mettere una toppa. L’ultimatum di tre mesi per mettersi a norma, pena la chiusura totale dello scalo (anche se un’ipotesi del genere sembra remota), è l’ultima goccia. Un allarme che arriva dalla Asl e su cui la Procura ha il compito di vigilare. “Non abbiamo mai emesso ultimatum o impartito prescrizioni con relative scadenze, perché sono materie che non spettano a noi. Abbiamo, però, il compito di vigilare sul rispetto delle prescrizioni, guardando solo alla salute dei lavoratori”, osserva il procuratore di Civitavecchia, Gianfranco Amendola.
Insomma, la procura si limiterà a far rispettare l’ultimatum della Asl. Che, dopo aver stimato un livello ancora alto di diossina nell’aria, ora ha puntato il dito contro un materiale del sottotetto che avrebbe facilitato il propagarsi dell’incendio e fatto aumentare il livello d’inquinamento da combustione. La Asl e l’Istituto superiore di Sanità hanno dato 90 giorni a Enac e Adr per rimuovere il materiale da tutto lo scalo. Per quanto riguarda i Vigili del fuoco, invece, da loro arriva l’input a rivedere tutte le misure previste per fronteggiare le emergenze: quelle attuali sono inadeguate.
Ieri, però, contro la procura si è scagliato di nuovo il presidente dell’Enac, Vito Riggio, durante un’audizione davanti alla commissione Infortuni sul lavoro del Senato. “Ci hanno obbligato a un sequestro conservativo che, fino al 19 giugno, non ci ha permesso di entrare nell’area e bonificare. E ci ha reso difficile anche capire le cause dell’incendio”, attacca Riggio. Secondo cui “la procura avrebbe dovuto agire in maniera diversa fin dall’inizio”. Intanto siamo in piena estate e il Leonardo da Vinci è operativo al 60%. “Si avvicina la settimana di maggior picco di passeggeri e siamo con il molo D fuori gioco. Se non verrà sbloccato presto, si rischierà il collasso”, afferma la direttrice dello scalo romano, Patrizia Terlizzi. Nel frattempo i livelli di diossina nell’aria non sono calati, ma l’Istituto superiore di Sanità provvederà presto a una nuova analisi. Le indagini vanno avanti anche sul fronte delle responsabilità, dell’incendio e sulla mancata manutenzione, e sul fronte relativo alla riapertura (decisamente azzardata) del molo D (poi richiuso) a soli dieci giorni dall’incendio.