La Stampa, 8 luglio 2015
Il manifesto della prossima Mostra del Cinema di Venezia ritrae Nastassja Kinski. Quella gran coda di cavallo anni ’50 che le valse un film con Wim Wenders: «Ero così giovane quando ho incontrato registi tanto fondamentali. Magari è una cosa troppo grossa da dire e non posso raccontare tutto, però a me il cinema ha salvato la vita».
Una tenera leggerezza, che l’ha resa materia facile da plasmare, in mano a registi grandi e dalle personalità forti come Wim Wenders, Roman Polanski, Francis Ford Coppola. Ma anche una consapevolezza limpida su come è andata la sua esistenza e su come, forse, sarebbe potuta andare: «Magari è una cosa troppo grossa da dire – ammetteva all’ultimo Festival di Taormina, pochi giorni fa – e non posso raccontare tutto, però a me il cinema ha salvato la vita».
Bionda, evanescente, insondabile, Nastassja Kinski, ritratta nel manifesto della prossima Mostra di Venezia, è esplosa alla fine degli Anni ’70 grazie al suo fascino da bambina perduta, un po’ Lolita e un po’ Alice nel Paese delle Meraviglie, infantile e provocante, libera, ma non del tutto liberata: «La notizia del manifesto della Mostra mi ha colto completamente di sorpresa, sono così felice e onorata...».
Il legame con il cinema d’autore, quell’intreccio che ha ispirato l’immagine guida della rassegna diretta da Alberto Barbera, risale al 1975, anno del primo incontro con Wim Wenders: «Eravamo a Monaco, in un locale dove mi piaceva andare a ballare e a sentire musica. Quella sera c’era una gara di ballo e io ero vestita in stile Anni ’50, un pulloverino e una gran coda di cavallo. A un certo punto vidi venire verso di me l’attrice Lisa Kreuzer, moglie di Wim. Mi chiese se mi sarebbe piaciuto recitare in un film, risposi che avrei dovuto chiedere a mia madre, lei mi raccontò il copione, poi mi diede il suo numero. Credo che mia mamma conoscesse il cinema di Wenders, così parlò sia con lui che con Lisa e alla fine lo incontrai... era molto calmo e gentile». Il film era Falso movimento e segnò l’avvio di un sodalizio duraturo: «Le riprese furono come un viaggio in un altro mondo, si lavorava sul testo di uno scrittore importante come Peter Handke, ma non c’era tensione, erano tutti quieti e cortesi».
Da allora regista e attrice non si sono mai persi di vista, lei recita con Petersen in Solo per il tuo amore, poi, accanto a Marcello Mastroianni, in Così come sei di Alberto Lattuada, poi con Roman Polanski, che se ne innamora, la spinge a seguire i corsi di Lee Strasberg e la dirige in Tess: «Ero così giovane quando ho incontrato registi tanto fondamentali, Wenders, Polanski, Petersen... quasi una teen-ager, sapevo del loro peso e della loro qualità, e sapevo che esser parte delle loro opere mi avrebbe dato molto, bisognava mostrare serietà, dedizione, fiducia. Oggi, guardandomi indietro, capisco di essere stata incredibilmente fortunata».
Tornerà a recitare
Il film che l’ha resa indimenticabile, Paris, Texas, arrivò, racconta Nastassja Kinski, «out of the blue». Wenders la chiama mentre è a Parigi, le dice solo che è «la storia di un ragazzino», lei accetta senza pensarci su un attimo. Illuminata dal sorriso invitante di Kinski, madre sbandata di un bambino lasciato solo, l’opera diventa un cult generazionale, apoteosi del «road movie», inno agli Stati Uniti visti con gli occhi della generazione rock : «Wim è stato il mio primo regista, ha messo le basi di tutto». Con gli altri è stato diverso, compresi gli italiani che hanno «un metodo di lavoro molto immediato, ti dicono le cose in poche parole, anche in un modo buffo, ma tu sai subito quale emozione devi rappresentare».
In Italia Kinski torna spesso, frequenta amici italiani a Los Angeles e, con loro, ha festeggiato Paolo Sorrentino la notte in cui ha vinto l’Oscar per La Grande bellezza. Tornerà a recitare, o forse diventerà giornalista, come ha confessato le piacerebbe fare. Di sicuro non perderà mai quell’aria vaga e fragile che l’ha resa, fin dall’inizio, diversa da tutte le altre.