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 2015  luglio 08 Mercoledì calendario

«Sono amareggiato ma vado avanti». Antonio Conte fa sapere che andrà a processo ma che non intende dare le dimissioni da ct azzurro. Probabilmente rinuncerà al rito abbreviato perché, dicono i suoi legali, che «la responsabilità sarebbe relativa, non a condotte attive legate al mondo delle scommesse, ma alla violazione di generici obblighi derivanti da un contratto collettivo tra allenatori e Figc, di cui mai si era parlato in questi quattro anni di inchiesta»

Prima gli spifferi, ora il passo formale. Antonio Conte, ct della Nazionale, deve andare a processo per frode sportiva: così ha deciso il pm di Cremona Roberto Di Martino. Conte e altri 103 fra giocatori, ex professionisti, dirigenti, personaggi vicini, da sempre, al mondo del pallone. Lunga, lunghissima è la lista di chi dovrà presentarsi (probabilmente in autunno avanzato) davanti al giudice dell’udienza preliminare che deciderà la sorte di quanti finiti al centro dell’inchiesta sul calcioscommesse esplosa il primo giugno di quattro anni fa.
Posizione inusuale
Conte, dal centro dell’inchiesta, in realtà è uscito perchè il suo coinvolgimento appare sempre più sfumato. L’accusa per la sfida del primo maggio del 2011 Novara-Siena è caduta, per quella (l’unica rimasta in piedi) della partita Albinoleffe-Siena del 29 maggio della stessa stagione il pm Di Martino ha usato nella richiesta di rinvio a giudizio un riferimento piuttosto inusuale per la giustizia ordinaria, molto simile a quello che per i codici sportivi viene definita omessa denuncia, reato però non contemplato dalla giustizia ordinaria. In sostanza, Conte dovrebbe essere processato perchè, scrive il pubblico ministero, avrebbe violato gli accordi tra allenatori e Federcalcio in cui è previsto che i tecnici debbano «...salvaguardare la condotta morale dei giocatori affinchè gli stessi mantengano una condotta consona ai principi di lealtà e probità...». Quando, e in che occasione, l’allora allenatore del Siena avrebbe tradito il patto fra la sua categoria e la Federcalcio? L’accusa si rifà alla vigilia della gara di Bergamo, ultima giornata di serie B del campionato 2010/11: Conte, secondo il pm Di Martino, avrebbe lasciato la squadra toscana di decidere se impegnarsi o meno contro un Albinoleffe in cerca di punti salvezza, mentre il Siena si presentava all’appuntamento con la promozione in A già matematicamente conquistata. C’è chi ha raccontato agli inquirenti di questo atteggiamento remissivo di Conte, ma anche chi ha detto l’opposto, affermando come l’ex tecnico senese avesse l’obiettivo di arrivare in serie A vincendo il campionato davanti all’Atalanta, società dalla quale se ne era andato dimettendosi polemicamente.
Il pool difensivo
Il passo formale del pm Di Martino riaccende i riflettori sul futuro processuale di Conte. L’effetto della richiesta di rinvio a giudizio, ancora non arrivata al destinatario, non suona come uno choc perchè annunciata già da almeno una settimana. Il pool difensivo del ct della Nazionale, gli avvocati Francesco Arata e Leonardo Cammarata, stanno valutando le prossime mosse. Un mese e mezzo fa circa, la strategia era chiara: i legali di Conte chiedevano l’archiviazione o, in subordine, il rito immediato avanzando, sullo sfondo, anche l’ipotesi di dimissioni dalla panchina dell’Italia del ct nel caso l’iter giudiziario fosse entrato in rotta di collisione con l’impegno azzurro agli Europei in Francia del prossimo giugno. Adesso la linea difensiva potrebbe cambiare: Conte non pensa più alle dimissioni («Sono amareggiato, ma vado avanti...», ha detto ieri) e i suoi avvocati stanno ripensando alla strada del possibile rito immediato. «Siamo molto perplessi e stupiti dal cambio di impostazione dell’ultimissima ora», commentano e poi aggiungono: «La responsabilità sarebbe relativa, non a condotte attive legate al mondo delle scommesse, ma alla violazione di generici obblighi derivanti da un contratto collettivo tra allenatori e Figc, di cui mai si era parlato in questi quattro anni di inchiesta». L’accusa più forte, quella di Novara-Siena, è stata cancellata e in piedi resta quella più debole: il rito immediato impedirebbe a Conte di far valere le sue ragioni in sede di udienza preliminare, da dove, al contrario, potrebbe uscire con un non luogo a procedere. E, comunque, chiedere ed ottenere il rito immediato non sarebbe garanzia assoluta di brevità di giudizio.