La Stampa, 8 luglio 2015
Pronti a morire nel tunnel sotto la Manica. La storia di Peter e degli altri migranti che saltano sulle navette, si nascondono negli ingranaggi dei camion o pagano mazzette per arrivare in Inghilterra. Benvenuti a Calais, la Lampedusa del Nord
Si fa chiamare Peter. «Ma non è il mio nome». Viene dal Sudan. Un bel viso stanco, 27 anni. E un’irriducibile voglia di rivincita.
«Quando vivrò in Inghilterra (perché un giorno ci vivrò) e avrò un passaporto britannico – spiega – ritornerò qui a Calais in Eurostar, come turista». Soffia forte il vento del mare del Nord, tra queste dune brulle e sudicie, tra casupole di teli di plastica: una squallida città inventata. Soffia il vento, vortici di polvere, mentre come un tam tam rimbalzano pure le notizie, belle ma più spesso dolenti. «Lo so, uno stamani l’hanno trovato morto al tunnel». A Peter non importa niente. «Stasera ci riprovo ancora». Deve solo aspettare che cali il buio.
Nella «giungla» di Calais
Benvenuti a Calais, la Lampedusa del Nord. Qui 3mila migranti (ma tante ong parlano ormai di 5mila) vivono ammassati in questa baraccopoli a una manciata di chilometri dal centro. Da una ventina d’anni la città è un punto di passaggio dei clandestini che vogliono atterrare nel Regno Unito «dove tutto è più facile, trovare un lavoro, forse io un giorno farò perfino l’università», racconta Peter. Nella primavera scorsa i migranti, prima dispersi in siti occupati dentro Calais, sono stati tutti concentrati qui nella «giungla», come la chiamano. Tra il mare e l’autostrada A16, che corre lungo la costa. Lontano dalla vista dei cittadini perbene. Ogni giorno tentano la sorte. Ieri mattina il cadavere di un giovane eritreo è stato trovato all’interno dell’Eurotunnel. Con altri 400 migranti aveva fatto irruzione nella notte, erano penetrati dentro e lui ha cercato di saltare su una delle navette in movimento che trasportano camion e vetture in Inghilterra. Ha perso l’equilibrio, è caduto: è morto. Gli altri sono stati fatti uscire dalla galleria. Queste «invasioni» sono sempre più frequenti «perché i migranti stanno aumentando: d’estate cresce il numero degli sbarchi nel Sud Italia. Poi si fa più forte la pressione a Ventimiglia. Una parte, alla fine, arriva qui», sottolinea Philippe Wannesson, volontario e blogger. «Altri se ne vanno sull’autostrada, sia sul tratto che va verso l’Eurotunnel che quello che finisce al terminal dei ferries – continua Wannesson – cercano di saltare su un camion, quando è fermo. Di entrarci dentro. O di infilarsi sotto, tra gli ingranaggi. Approfittano degli ingorghi, sempre più frequenti sull’A16, a causa dei maggiori controlli della polizia negli ultimi mesi».
Nascosti nei camion
I camionisti nella maggior parte dei casi non se ne rendono conto. Poi c’è chi ha fiutato il business e se ne porta uno a bordo. Lo fanno anche i «cittadini» di Calais, in macchina. Organizza tutto il «passeur», migranti che scorrazzano per la giungla su auto di alta cilindrata. A loro si pagano dai mille ai 5mila euro. I siriani sono i clienti più ricorrenti e facoltosi. Li fanno entrare nei parcheggi custoditi, dove i camion si mettono in attesa prima dell’Eurotunnel o del ferry. Trovano loro la sistemazione giusta, con il camionista che non sa o se sa, intasca. «Ne passano così tanti in questo modo – conclude Wannesson – è impossibile che al porto o all’Eurotunnel non si rendano conto di niente. Sicuramente qualcuno prende delle mazzette».
Il nostro Peter, però, non ha i soldi per pagare. «Vado sull’autostrada ogni notte da due mesi. Ma la polizia francese mi ha sempre beccato». «Allez», imita il loro grido: circolare! Qualche botta e poi la corsa, sui bordi dell’A16, per ritornare alla giungla. Prima dell’eritreo, altri tre giovani sono già morti dall’inizio di giugno in questi tentativi di lasciarsi alle spalle Calais una volta per tutte. Verso mezzanotte Peter riparte. Due ore di marcia per raggiungere al buio il posto giusto, nella speranza che un camion sia fermo. «Avrei bisogno solo di un po’ di fortuna».