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 2015  luglio 08 Mercoledì calendario

L’Isis è in crisi. E mentre i curdi avanzano in Siria e gli iracheni si preparano a riconquistare Ramadi, Obama promette: «La lotta contro il Califfato sarà lunga e insidiosa, ma alla fine riusciremo a sradicarlo dal Medio Oriente»

«La lotta contro il Califfato sarà lunga e insidiosa, ma alla fine riusciremo a sradicarlo dal Medio Oriente». Obama è emerso ottimista e baldanzoso lunedì dal briefing sullo stato della guerra che aveva appena ricevuto in una delle rare visite al Pentagono. I capi militari gli hanno riferito dei successi registrati sia in Iraq, dove è ormai imminente il lancio di una missione per la riconquista della città di Ramadi, che in Siria, dove i curdi sono riusciti a ricacciare i militanti dell’Isis all’interno dei confini della provincia di Raqqa. Il ruolo americano sui due fronti resta limitato ai bombardamenti di artiglieria aerea e all’utilizzo di droni. La Air Force ha lanciato dall’inizio della missione 5.000 attacchi contro obiettivi nei due paesi, e su alcuni altri bersagli di basi terroristiche in nord Africa. «Non è nostro compito intervenire a terra con l’ambizione di batterci contro le singole frazioni. – ha detto il presidente americano – Sarebbe come tentare di vincere un gioco da luna park, nel quale le testa di una scimmia appena colpita da un martello riemerge dalla buca più vicina». Le due campagne militari possono essere solo vinte dalle forze locali e al loro fianco è necessario compiere una rivoluzione generazionale, che ripulisca i paesi dalle tentazioni del terrorismo armato.
I PESHMERGA
I limiti di questa strategia sono evidenti a cominciare dalla Siria, dove pure la coalizione che combatte a terra contro le truppe del Califfato ha fatto registrare negli ultimi mesi i successi più eclatanti, riconquistando un terzo del territorio che era finito sotto le bandiere nere dell’Isis. La coalizione è dominata dalla presenza dei peshmerga curdi, più volte lodati dall’amministrazione americana come gli alleati più efficienti, i quali stringono ora l’assedio intorno al caposaldo della città di Raqqa. Nell’ultima settimana la coalizione ha lanciato 18 attacchi, assistiti dall’artiglieria aerea americana, ed è riuscita a far saltare ponti e collegamenti stradali che erano vitali per l’approvvigionamento dei guerriglieri nella città. I curdi sono anche stati molto solerti nell’isolare l’intera linea di confine tra la Siria e la Turchia, in modo da prevenire nuove, possibili infiltrazioni dei militanti jihadisti in arrivo dal nord. Queste operazioni li hanno portati spesso ad agire in territorio arabo, e a ripulire la zona dai collaborazionisti sunniti che avevano prestato aiuto all’Isis. Il loro successo ha però allarmato le popolazioni locali, che temono una possibile dominazione curda in futuro almeno quanto il pugno di ferro del califfato oggi. Allo stesso tempo è la Turchia a guardare con sospetto lo sviluppo della situazione, con il governo di Ankara determinato a impedire la formazione di uno stato curdo a sud della sua linea di confine con la Siria.
I JIHADISTI
Le sconfitte sul campo non impediscono comunque ai militanti jihadisti di continuare a perpetrare la sequela di barbariche uccisioni che li vede assegnare a bambini il ruolo alternato di esecutori e di vittime, né di accanirsi contro i simboli dello stato democratico che vogliono abbattere. Un’agenzia irachena di monitoraggio della libertà di stampa ha denunciato ieri l’uccisione a Mosul di Suha Ahmed Radi, una giornalista che era caduta nelle mani dei miliziani dell’Isis.