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 2015  luglio 08 Mercoledì calendario

«Non mi lascio mettere la museruola, sono stato eletto». È successo che ieri Juncker, il chiacchierato “presidente-fantoccio” della Commissione Ue, prestanome della cancelliera Merkel, si sia rivoltato contro la sua matrigna, nell’assemblea plenaria dell’Europarlamento. Ritratto di un dinosauro europeo

Succede quando si è diventati ministri a 29 anni e per 18 si è stati capi del governo in uno dei Paesi più ricchi dell’Unione Europea, il Lussemburgo. E succede quando si è alfieri del rigore e vassalli della Germania, ma si ha pure un cognome mezzo francese, con l’accento sull’ultima sillaba. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea dopo essere stato il candidato del Partito popolare europeo vittorioso nelle ultime elezioni, ma anche il più “sinistro” dei leader di centro-destra del continente. E per 7 anni primo presidente, non di turno ma permanente, dell’Eurogruppo, il club dei Paesi che hanno il controverso privilegio di condividere la moneta unica, l’Euro. Succede insomma che Juncker, chiacchierato in qualità di “presidente-fantoccio” della Commissione Ue, prestanome del cancelliere tedesco Angela Merkel, nel momento della verità si è ribellato, rivoltato contro la sua matrigna, nell’assemblea plenaria dell’Europarlamento di Strasburgo. «Il ruolo della Commissione Ue rispetto alla Grecia viene molto criticato in alcuni Stati, specialmente dove si parla tedesco», esplode l’uomo che sui media soprattutto britannici, quelli che mai lo hanno amato per il suo europeismo d’antan, lo deridono come “Il Dinosauro”. «O si vuole una Commissione politica o la vogliono di alti funzionari», esterna. «Io sono un politico: è sorprendente che riguardo alla Grecia si possano esprimere tutti tranne il sottoscritto». E ancora più diretto: «Non mi lascio mettere la museruola, sono stato eletto. Lo stesso vale per il Parlamento Ue (Martin Schulz, socialdemocratico e tedesco, ndr), che non è una tigre di carta e può esprimersi».
IL MEDIATORE
Affiora, anzi trabocca, l’anima democristiana di Juncker, da Mediatore che tutto può accettare, tranne che esser costretto a smentire la propria anima dialogante. La politica. Le parole che usa sono quelle che i detrattori attribuirebbero alla franchezza di Bacco, “in vino veritas”, confermando i pettegolezzi, anche ingenerosi, che da anni lo accompagnano. Il “Sun”, scandalistico foglio londinese, si è permesso di contare i bicchieri da lui scolati in un paio d’ore tra Campari, (buon) vino e Sambuche. Per colazione, cappuccino e cognac. L’uno ammazza l’altro. Tutti e due, però, terrebbero in vita Jean-Claude. Che ha sempre smentito le alcoliche intemperanze: «Siamo seri, criticatemi piuttosto per la mia politica». E la sua politica oggi, è questa: «Voglio evitare la Grexit, sono contrario, cercherò di evitarlo fino alla fine: la Grecia è una grande nazione, buttarla fuori dall’area Euro o dalla Ue non è una cosa che vogliamo o dovremmo volere». Poi, sempre più dritto, con la furia trasgressiva e quasi burlesca di quando in un vertice internazionale, scivolando alle spalle dell’allora premier italiano Silvio Berlusconi (tra i due, da sempre, corre un’antipatia a pelle), Jean-Claude gli tamburellò sul cranio davanti a una telecamera. «C’è chi di nascosto punta sull’uscita della Grecia». L’Eurozona «non si compone di una sola democrazia ma di 19: nessuna vale più delle altre e noi facciamo gli interessi dell’Eurozona tutta intera». Capisci allora come sia stato possibile per Juncker salvarsi la pelle politica nonostante due mega-scandali: l’uomo è un combattente. Era l’11 luglio 2013 quando si dimise dopo 18 anni da premier del suo Paese, accusato d’aver costituito una polizia segreta e aver schedato illegalmente centinaia di migliaia di concittadini. E, secondo, quando nel novembre 2014, consacrato presidente della Commissione Ue, l’inchiesta ribattezzata LuxLeaks portò alla luce i nomi di oltre 300 multinazionali avvantaggiate da accordi fiscali tra 2002 e 2010 nel “paradiso” del quale Juncker era il dominus incontrastato. Angela Merkel avrebbe dovuto ricordarsi del modo in cui Jean-Claude aveva lasciato la guida dell’Eurogruppo, denunciando interferenze franco-tedesche. Chissà che nello sfogo non affiori la sottile rivincita del padre guardiano di fabbrica, costretto a combattere per i tedeschi in Crimea. Il ruggito del vassallo. Ma anche della formica.