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 2015  luglio 07 Martedì calendario

Williams, la storia di due sorelle, una contro l’altra, dirette da un padre padrone. Clerici racconta i suoi anni con Serena e Venus, dagli esordi sfolgoranti ai trionfi passando per quelle venticinque volte che si sono sfidate sul campo. Un’epopea da copione

Ero nel mio giardinetto, a bagnare i fiori e ad immaginare il match tra le sorelle Williams, domandandomi se la misteriosa, per me, sindrome di Sjogren avrebbe consentito a Venus di spostarsi, o se la più vecchia delle due campionesse avrebbe dovuto ricorrere all’aiuto della più giovane, per evitare un’umiliazione. Suona in quella il telefono. È un giovane regista, già coinvolto in un mio soggetto, regolarmente fallito, che mi dice: «Clerici, da ieri sto sfogliando gli articoli che ha scritto sulle Williams per la Repubblica. Lo sa che sono ne ho stampati per un totale di 167 fogli, formato A4?».
«Ce n’erano altri, che non scrivevano di tennis, e che ne hanno ricavato dei bei romanzi, da Garcia Marquez a, in fondo, addirittura Proust», rispondo. Ma il giovanotto, già autore di un paio di rispettabili documentari televisivi, insiste. «La storia di due Sorelle, una contro l’altra, dirette da un padre padrone. Magari ci si potrebbe anche mettere un amore per lo stesso uomo…». «Sarebbe romanzato», osservo, e per diffidare il giovane da una perdita di tempo, osservo. «Sono stato amico di due grandi registi, Franco Brusati e Gillo Pontecorvo. Erano entrambi buoni tennisti di seconda categoria, numeri 30 o 40 d’Italia, si direbbe adesso. Tutte le volte che abbiamo parlato di un film sul tennis, mi hanno consigliato di non perdere tempo. Non è uno sport adatto, come la boxe». Ma eccolo insistere. «The Stranger in the train di Hitchcock è stato un ottimo film. Non lo conosce?». L’avevo visto, da affezionato lettore di Morando Morandini che organizzò il primo cineclub nella nativa Como. «Lo conosco», risposi, per sentirmi suggerire: «E allora, perché non ci pensa. Senza alcun impegno, d’accordo? Pensi a tutto quello che ha visto, delle sorelle». Mi ero intanto bagnato i calzoni con la canna dell’acqua, e fui sollevato dalla fine della telefonata. E tuttavia, il suggerimento non era facile da cancellare, e senza intenzione alcuna di trarne un soggetto, presi a pensarci, rompendo anche una tazza da thè, mentre facevo il breakfast.
La prima volta che ne avevo sentito parlare, e che avevo visto il loro Papà Richard, era stato col mio amico Bud Collins, nella cui casa abitavo a Boston. Bud era stato informato di un talento nero non inferiore ad Althea Gibson, Venus, e mi aveva convinto a prendere l’aereo per Los Angeles. Con un taxi ci spostammo in una periferia che potrei definire un ghetto, Compton, e vi incontrammo Papà. Ci spiegò subito, senza convenevoli, di essere il genitore di due bambine, Venus e Serena, che sarebbero diventate le prime due tenniste del mondo, e aggiunse che lo scoop sarebbe costato mille dollari al mio amico. Collins gli voltò le spalle, augurandosi di verificare in futuro la profezia. Al di là dell’insolita richiesta di un tipo che non pareva svolgere qualsiasi attività, la profezia avrebbe cominciato a prendere corpo, e quale, nella meno giovane delle due sorelle, che mi era parsa degna di un palcoscenico, prima che di un court. Non dimenticai del tutto questa giovane, anche per il nome, insolito in una società nella quale erano ignorate le divinità dell’Olimpo, sinché, seguo i miei articoli, giunge l’esordio contro una giocatrice di ventisei anni, con 7 di onesto professionismo alle spalle, Shauna Stafford. E una più che esperta quale Billie Jean King, esclama. «Il suo secondo nome dovrebbe essere Forward, avanti !». Il secondo nome era invece Ebonystar, scritto proprio così, con un imprevisto errore di ortografia. Ma ancor più presago del futuro Venus.
Ma ecco, nel 1994, i primi accenni ad una possibile rivalità con la Sorellina, muscolatissima per quanto Venus è leggiadramente lieve, Serena. E, nel 1994, di Serena giunge l’esordio, sebbene perdente da una buona giocatrice come la Miller, al torneo di Chicago. Serena ha allora 13 anni, è nata nell’ottantuno, grazie ad un presunto stratagemma del Regista, Richard, che ha sostituito le pillole anticoncezionali di Oracene, più tardi detta Brenda, con innocue caramelle.
Papà assume ormai l’aspetto di un genio predestinato, e i miei pezzi ne dubitano, sicuramente a torto, sinché ecco proprio a Roma, nel 1998, si verifica il primo incontro ufficiale, sulla terra che le sorelle esaminano con la stessa incredula diffidenza mostrata verso il Foro Romano. Un quarto di finale stravinto da Venus per 6-4, 6-2. Di quel già lontano passato non mi giungono sensazionali ricordi, sebbene trovi scritto: «Di fronte ad alcuni difetti – che avevo elencati – la Williams è forse l’atleta più potente che io abbia ammirato su un campo, ad eccezione di Margaret Court»..
Sono dunque passati un po’ di anni, prima che le mitiche sorelle si incontrassero 25 volte, e apparissero oggi in tutto il loro fascino, sebbene diminuito da due malattie – anche Serena è stata vittima di un rischiosissimo enfisema polmonare. Son passati tanti anni dacché si riteneva che gli incontri fossero diretti sino a designare la vincitrice dal Papà Regista, ora divorziato da una delle sue vittime, la moglie. Son passati molti anni, e, vecchissimo spettatore, non ho mai imparato a contare le righe assegnatemi, negli articoli se non nei libri. E rimango a chiedermi: in fondo, se tentassi di rileggere tutti i miei articoli, nella quiete della mia casa, e ne traessi qualcosa di più attendibile di un pezzo incompleto? Certamente, sarebbe meno peggio.