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 2015  luglio 06 Lunedì calendario

In Grecia vince il no • Le frustrazioni di Paul McCartney • La regione dello Champagne è patrimonio dell’Unesco • I migliori lettori d’Italia sono in Friuli Venezia Giulia


Grecia Con oltre il 60% dei voti Atene ha respinto il memorandum d’intesa che i Paesi creditori avevano messo sul tavolo di Bruxelles dieci giorni fa, memorandum nel frattempo corretto e ritirato. L’affluenza è rimasta al di sotto delle attese, intorno al 65%. Comunque oltre il quorum necessario per rendere valido il voto, fissato al 40%. Gli exit poll diffusi subito dopo la chiusura delle urne davano il «no» in vantaggio ma con un margine ridotto. E i sondaggi diffusi negli ultimi giorni davano le due posizioni ancora più vicine, indicando in alcuni casi il «sì» in vantaggio. Persino i sondaggi riservati di Syriza davano il «no» in vantaggio con un distacco ridotto, 4 o 5 punti. Il risultato di ieri rafforza il governo: Tsipras e Varoufakis avevano detto che in caso di vittoria del Sì si sarebbero dimessi. Intanto le banche greche, che sono rimaste chiuse per tutta la settimana e hanno razionato i prelievi al bancomat per le misure sul controllo dei capitali, potrebbero presto esaurire le scorte di liquidità. A meno che la Banca centrale europea non metta a disposizione linee di credito di emergenza.

Banche Ora che succede? Tsipras ha subito cercato di riaprire il negoziato europeo: «La Grecia tornerà al tavolo domani, con l’obiettivo di stabilizzare il sistema bancario e l’economia», ha detto. L’idea di un’uscita dall’euro, ha aggiunto «è completamente esclusa». Il primo impegno sarà verso le banche: riaprire gli sportelli degli istituti di credito 36 ore dopo la chiusura delle urne è stata una delle grandi promesse del governo nella sua fulminante campagna referendaria. Varoufakis lo ha reso chiaro agli amministratori delegati delle quattro banche di rilevanza sistemica: Alpha, Eurobank, National Bank of Greece e Piraeus, oltre a Attica. A loro il ministro ha chiesto di riaprire i battenti al pubblico domani, ma i quattro hanno fatto presente che è impossibile. La liquidità presente negli istituti è ormai di appena poche centinaia di milioni di euro, sufficienti forse per tenere i bancomat in funzione fino a martedì con il limite dei 60 (o più spesso 50) euro. Se gli sportelli riaprissero, le banche sarebbero travolte. In queste condizioni, con una transizione in uscita dall’euro ormai probabile, Tsipras sembra ormai tentato di applicare le ricette della coercizione ben oltre il settore bancario. Nei prossimi mesi potrebbero seguire nazionalizzazioni a tutto campo.

Francia e Germania La Germania intenderebbe far uscire la Grecia dalla zona euro per usarla come esempio della necessità di ridurre la sovranità nazionale dei Paesi con maxi-debito nelle politiche economiche e di bilancio. Di diverso parer sembra essere la Francia: il ministro dell’Economia Emmanuel Macron ha anticipato che la vittoria del «no» in Grecia «non significa automaticamente l’uscita di Atene” dalla zona euro. E ha invitato i governi a non replicare il «Trattato di Versailles» dopo la Prima guerra mondiale e «a non punire la Grecia come avvenne con la Germania». Esponenti della Cdu di Merkel hanno esortato la Bce a bloccare la liquidità di emergenza alle banche elleniche, che paralizzerebbe l’economia nazionale. Ma il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt, ha ammonito Merkel che Atene fuori dall’euro provocherebbe pesanti perdite alla Germania (e a Francia e Italia). Il governo greco ha invece chiesto alla Bce di aumentare subito la liquidità d’emergenza per consentire la riapertura delle banche nazionali da domani.

Bce La prima cosa che la Bce dovrà decidere è se continuare a dare liquidità di emergenza, attraverso il programma Ela, agli istituti di credito greci. Al momento, il tetto massimo già erogato, 89 miliardi, è congelato. Il consiglio dei Governatori della Banca centrale europea — che si riunirà oggi — potrebbe decidere di lasciarlo al livello a cui è, il che significherebbe non dare altro denaro alla Grecia e potrebbe chiedere la restituzione degli 89 miliardi o di parte. Infatti, la banca di Francoforte non può fornire liquidità d’emergenza se un Paese è fuori da un programma di aiuti concordato: Atene ne è uscita il 30 giugno scorso. Gli istituti di credito ellenici vanno ricapitalizzati: il loro capitale è in buona parte costituito da titoli pubblici greci, che però sono andati in default la settimana scorsa. In queste condizioni, non possono funzionare. Raccogliere denaro sui mercati non è pensabile. La Bce non può fare nulla. L’unica possibilità sarebbe una ricapitalizzazione con denaro stampato dalla banca centrale greca fuori dal sistema euro: a quel punto però non si tratterebbe di euro ma di un’altra valuta, nazionale. Sarebbe l’inizio della Grexit. Ammesso che le cose si possano trascinare fino ad allora, la data decisiva sarà il 20 luglio, quando verranno a scadenza più di quattro miliardi di obbligazioni che la Grecia ha con la Bce: non si vede chi possa dare ad Atene il denaro per onorarle. Sperare che lo facciano gli europei è irrealistico (e propagandistico), anche se Tsipras e Varoufakis dicono il contrario. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]

Martire «Quando i Beatles si sono divisi eravamo tutti uguali. George aveva fatto il suo disco, John il suo, io il mio, Ringo il suo. Poi hanno sparato a John e, a parte il puro orrore di questo fatto, il mio pensiero fu ok, ora è un martire. È Kennedy. E ho iniziato a sentirmi frustrato, perché la gente diceva “Beh, lui era i Beatles”. E io, George e Ringo pensavamo “aspetta un attimo, un anno fa eravamo sullo stesso piano. Ok, era il brillante del gruppo. Ok, ha fatto un sacco di belle cose. Ma dopo i Beatles ha anche fatto lavori mediocri. E invece il suo martirio lo ha fatto diventare un James Dean. A me non è che importasse, ma poi è scattato il revisionismo. Yoko Ono andava sui giornali a dire “Paul non faceva nulla, al massimo prenotava la sala di registrazione”. Come, prego?» (Paul McCartney intervistato da Esquire).

Unesco Vigneti, cantine e maisons della Champagne entrano nella lista dell’Unesco come «paesaggio organicamente evoluto». Il paesaggio ora tutelato comprende in particolare alcuni luoghi simbolici come l’avenue de Champagne a Épernay, il corso dove si trovano le boutique di alcuni dei grandi marchi sulle cantine nelle quali invecchiano milioni di bottiglie, e tutte i coteaux , i pendii delle colline intorno a Épernay (Ginori, Rep).

Libri Secondo i dati Istat, in Friuli Venezia Giulia si legge più che nelle altre regioni d’Italia. Il 53,6% dei friulani, cioè più di 600mila persone, compra, comincia e finisce almeno un libro all’anno. La statistica dice che 38 su 100, già a partire dalla prima elementare, hann0 in casa una biblioteca personale. In media sugli scaffali tengono 100 libri, mentre più di un friulano su 10 arriva fino a 400. In Italia la media nazionale si ferma al 7% (Cerno, Rep).

(a cura di Daria Egidi)