Corriere della Sera, 2 luglio 2015
È morto il papà di Sandokan. Il regista Sergio Sollima se ne è andato ieri a 94 anni: aveva fatto la Resistenza e l’8 settembre con Visconti e De Santis, poi ha fatto il critico, lo sceneggiatore, fino a mettersi dietro la macchina da presa. È l’uomo che ha creato il rivoluzionario terzomondista messicano Cuchillo, quello interpretato da Thomas Milian
È morto ieri a Roma, dove era nato il 17 aprile 1921, Sergio Sollima, 94 anni, artefice di successi popolari come «Sandokan» e tutto il filone salgariano con Kabir Bedi; un uomo che aveva fatto la Resistenza e l’8 settembre con Visconti e De Santis, e poi il Centro sperimentale e il critico (su «Cinema»).
Era stato – in una lunga carriera dal teatro al cinema alla tv – un regista di genere che non aveva dimenticato le buone cause. Il papà di «Sandokan» (lo sceneggiato Rai che nel ‘76 ebbe 27.3 milioni di telespettatori) e del Corsaro Nero; ma anche di Tomas Milian, star di una sua trilogia western non a caso nel ’68 nei panni del rivoluzionario terzomondista messicano Cuchillo: La resa dei conti, scritto con Franco Solinas, Faccia a faccia con Volonté, Corri uomo corri.
Con Damiano Damiani, Sollima fu autore dello spaghetti western politico e uomo che raccontava come non arrendersi, frequentando il cinema di genere (nell’epoca di 007, si inventò l’agente segreto 3S3 con Ardisson) e facendo per anni lo sceneggiatore e l’aiuto regista in musicarelli, film mitologici, sandaloni, il pop all’italiana.
Ma le origini erano teatrali: per i ragazzi dell’Accademia (si chiamavano Falk, Millo, Foà, Bonucci e Manfredi), scrisse L’uomo e il fucile messo in scena da Squarzina a Praga (estate ‘47), cui seguirono altre esperienze di palco, anche se presto il cinema allora così vitale assorbì per intero le sue forze.
Debutta nel ’62 con un episodio («Le donne» con la Mori, la Spaak, Salerno, da Ercole Patti) di «L’amore difficile», dove Manfredi firma lo sketch del treno, poi si butta nello sfruttamento delle spy story lanciate da Bond e nel western degli amici Leone e Corbucci.
La fama conquistata gli permette produzioni internazionali ( La città violenta con Bronson, Revolver con Reed), ma non perde mai di vista tematiche eterne come la violenza, la denuncia della corruzione, il razzismo. Che sono nel Dna di famiglia, come dimostra il figlio Stefano, oggi autore di «Gomorra», della serie «Romanzo criminale», del prossimo «Suburra» dove si annunciano gli scempi di Mafia Capitale.
Ma certo Sergio Sollima resta l’autore dello sceneggiato con Kabir Bedi e Carole André che rilanciò Salgari e il gusto dell’avventura esotica come dimostrano altri film girati per cinema ( Il corsaro nero ) e tv («Il figlio di Sandokan», «I misteri della giungla nera»).
Ed è con la tv che dà l’addio alla carriera coi «Ragazzi di celluloide» (giovani cineasti del Centro sperimentale) e «Berlino ’39»: ultimi appunti del suo interesse per gli uomini che non accettavano la resa dei conti.