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 2015  luglio 02 Giovedì calendario

Cuba e Stati Uniti riaprono le ambasciate dopo oltre cinquant’anni. Obama: «È un passo storico, non simbolico, ora chiederò al Congresso di rimuovere l’embargo». Con la ripresa delle relazioni diplomatiche il 20 luglio prossimo il disgelo sarà ormai un processo inarrestabile

Le crepe si moltiplicano. Il muro d’acqua che separa L’Avana da Miami sta per essere abbattuto. Gli Stati Uniti e Cuba riapriranno le loro ambasciate, nelle rispettive capitali, «a partire dal 20 luglio». La via del disgelo è segnata.
Solo pochi anni fa nessuno dei due avrebbe mai voluto essere l’apologeta dell’altro, invece è successo.
Barack Obama e Raul Castro mostrano grandi aperture e comprensioni reciproche. Dichiarazioni concilianti e persino venate di autocritica. Pedro Juan Gutierrez, uno dei più estrosi scrittori cubani tempo fa scriveva, «noi cubani non siamo fatti per il tempo reale».
Invece stavolta è successo, da Stati Uniti e Cuba arrivano dichiarazioni molto distensive proprio in tempo reale. Obama ha dichiarato che «più di 54 anni fa gli Stati Uniti chiudevano la loro ambasciata a L’Avana. Oggi ristabiliamo le nostre relazioni diplomatiche con Cuba». E ha specificato trattarsi di un passo storico e non simbolico.
A 90 miglia di distanza l’annuncio di Raul Castro, alla tv cubana: «Cuba ha deciso di ristabilire le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti e di riaprire una missione diplomatica permanente». Entrambi i Paesi eleveranno il rango delle loro attuali “Sezioni di interesse” ad Ambasciata, anche se la nomina dei rispettivi ambasciatori avverrà in un secondo momento.
L’ultimo passo verso un ritorno alla normalità tra i due Paesi era stato compiuto lo scorso 29 maggio, con l’annuncio del Dipartimento di stato americano della cancellazione di Cuba dalla “lista nera” degli Stati considerati sponsor del terrorismo, dopo 33 anni. Una decisione preceduta da tanti altri passi più piccoli che hanno rafforzato la fiducia tra le due capitali.
Gli sherpa delle due diplomazie, quella americana e quella cubana, tessevano da tempo la trama di un nuovo inizio. La stretta di mano tra Barack Obama e Raul Castro alle commemorazioni in Sudafrica per la morte di Nelson Mandela ha sancito un tempo nuovo, 2.0.
«L’isolamento non ha funzionato. Quando qualcosa non funziona, possiamo e dobbiamo cambiare. Per questo chiederò al Congresso statunitense di rimuovere l’embargo contro Cuba» ha detto Obama. «Ci sono americani che vogliono andare a Cuba; ci sono imprenditori americani che vogliono investire a Cuba». E infine: «Su questioni di comune interesse – ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti – come l’antiterrorismo, la risposta ai disastri naturali e su tematiche legate allo sviluppo, troveremo nuovi modi di cooperare con Cuba».
Quest’estate sarà molto trendy sorseggiare un cubalibre all’Ambasciata cubana a Washington o un whisky all’Ambasciata americana a L’Avana. Tuttavia, al di là del tintinnio di cristalli, la strada pare segnata. La normalizzazione delle relazioni non solo diplomatiche ma soprattutto economiche, commerciali e turistiche tra i due Paesi procede. Anche se la sfida più grande è ancora all’orizzonte: la fine del bloqueo, l’embargo verso l’isola caraibica in vigore da più di cinquant’anni. Una decisione per la quale non basterà la volontà della Casa Bianca, ma che dovrà passare dall’approvazione del Congresso americano.
I colloqui segreti, mediati anche da Papa Francesco – che a settembre sarà a Cuba prima di approdare negli Usa – sono iniziati a metà del 2013. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha visitato L’Avana, alcune settimane fa.
Gli Stati Uniti, comunque, ha poi concluso Obama, continueranno a sollevare, con L’Avana, le proprie preoccupazioni in merito al mancato rispetto dei diritti umani. «Credo che l’impegno americano sia il miglior modo per portare avanti il nostro sostegno per i diritti umani». Ma questo, si sa, è il linguaggio della politica, cui nessun presidente può sottrarsi. E nello specifico una concessione all’anticastrismo più radicale che alligna in qualche consesso a Miami.
Impossibile prevedere come evolverà la transizione cubana. A Miami e a New York si delineano scenari che rievocano l’idea di integrazione economica con gli Stati Uniti. Sui muri de L’Avana si legge «Por un Socialismo prospero y sustentable».