la Repubblica, 2 luglio 2015
Forza Italia pignorata. Il partito non paga i debiti e i mobili di Berlusconi finiscono nelle mani dell’ufficiale giudiziario. Portati via alcune poltrone, un televisore, una libreria e qualche scrivania. Il baratro economico nel quale è precipita la sede di San Lorenzo in Lucina risucchia vent’anni di storia berlusconiana. Secondo l’ultimo bilancio, c’è da scalare una montagna di 86 milioni di euro. Debiti garantiti solo dalle fidejussioni dell’ex Cavaliere
Un furgoncino si fa largo nel cortile del più bel palazzo di piazza San Lorenzo in Lucina. La bandiera di Forza Italia è un po’ floscia, come l’umore dei dipendenti in cassa integrazione. Dal van scende un ufficiale giudiziario, ha in mano una cartellina. Sale la scalinata della sede azzurra. Dalle pareti cento foto di Silvio Berlusconi lo scrutano sorridenti. Tira fuori un decreto, c’è un ordine di pignoramento da eseguire contro il partito. Non c’è tempo da perdere, il funzionario del tribunale passa in rassegna stanzoni semideserti, testando la qualità dei mobili. Sceglie alcune poltrone, un televisore, una libreria e qualche scrivania. Non è un film, ma l’incredibile parabola di FI. Cos’è accaduto? Un fornitore si è rivolto al magistrato perché il movimento fondato dal magnate plurimiliardario Silvio Berlusconi non ha saldato alcuni debiti. Gli hanno dato ragione. E adesso ottomila euro di beni sono congelati. Per legge.
Il baratro economico nel quale è precipita la sede di San Lorenzo in Lucina risucchia vent’anni di storia berlusconiana. Secondo l’ultimo bilancio, c’è da scalare una montagna di 86 milioni di euro. Debiti garantiti solo dalle fidejussioni dell’ex Cavaliere. Non sono mancati tagli dolorosissimi. Ancora insufficienti, a quanto pare. Con i fornitori che premono, forti di crediti che sfiorano i cinque milioni di euro, si arriva all’ultimo schiaffo. Paradossale, se si pensa che il blocco di ottomila euro si consuma in uffici per i quali l’anziano leader sborsa ottantamila euro al mese. Ma come è stato possibile arrivare fino a questo punto? E quanto è davvero in ginocchio la forza politica controllata dall’imprenditore che per Forbes occupa ancora un lusinghiero centosettantanovesimo posto nella classifica dei più ricchi del pianeta, con un patrimonio di 7,4 miliardi di dollari?
La cassaforte (vuota) degli azzurri è gestita da Maria Rosaria Rossi. Contattata, la tesoriera conferma il pignoramento: “Sì, è successo martedì. Può essere che non sia l’ultimo, perché abbiamo sei milioni di euro di debiti pregressi. Parliamo comunque di cifre modeste, in questo caso. E comunque di mobili e tv ce ne sono altri…». Per la senatrice c’è poco da fare, non resta che tirare la cinghia: “Per i miracoli mi sto attrezzando.
Certo, non aiuta il fatto che diversi parlamentari non pagano le quote. Mi spiace per i fornitori, ma sono costretta a scegliere: le risorse sono quelle che sono e devo poter pagare gli stipendi dei dipendenti”. Sempre di meno, purtroppo, perché molti lavoratori sono già finiti in cassa integrazione, la ghigliottina è solo in stand by e promette di colpire ancora nei prossimi mesi.
Sotterranea, nella sede del partito si combatte intanto un’altra battaglia. Un duello un po’ triste, a dire il vero, se paragonato ai fasti del passato. Nel mirino del cerchio magico sono finiti i verdiniani, pronti a votare già dai prossimi giorni le riforme di Renzi.
Due di loro, Luca D’Alessandro e Ignazio Abrignani, godono da anni – per l’incarico ricoperto – di un ufficio. E adesso hanno ricevuto l’avviso di sfratto. Non l’hanno presa bene, visto che la densità di lavoratori nei duemila metri quadrati di San Lorenzo in Lucina è bassina, in una sede ormai spoglia. Da martedì, senza poltrone e libreria, è ancora più spoglia.