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 2015  luglio 02 Giovedì calendario

L’eurogruppo blocca i negoziati con la Grecia fino al referendum • Assalto dell’Isis ai militari nel Sinai • Arrestata una famiglia di jihadisti italiani • In Cina i trader di Borsa superano gli iscritti al Partito comunista • Il principe arabo Waleed Bin Talal donerà 32 miliardi a poveri e donne • Come i neonati decifrano un sorriso

 

Grecia 1 Ieri, quando è stato chiaro che il referendum greco di domenica 5 luglio non sarebbe saltato, i ministri economici di Eurolandia hanno chiuso la giornata: «Non esistono gli elementi per ulteriori negoziati a questo punto. Non ci saranno colloqui nei prossimi giorni su proposte di accordi finanziari, aspetteremo l’esito della consultazione e prenderemo atto dell’esito». Lunedì si vedrà cosa fare. L’ultimo tentativo di accomodamento è fallito dopo che col primo minuto della giornata di ieri la Grecia era divenuta insolvente nei confronti del Fmi e il piano di salvataggio era scaduto con tutta la sua dote. Martedì Tsipras ha chiesto di consentire alla Grecia di ripagare i suoi debiti con un prestito del fondo salvastati europeo Esm, 30 miliardi di qui al 2017, soluzione che metteva fuori scena il Fmi e caricava l’intera operazione sulle spalle dell’Unione. A distanza di poche ore, il premier ha scritto una seconda lettera in 5 punti, accettando con qualche modifica «le azioni prioritarie» di taglio e riforma pubblicate domenica dai creditori (Ue, Fmi e Bce). Letto il testo, «le istituzioni» hanno avuto l’impressione che fosse andato davvero oltre. Sulla trattativa cadeva il gelo, proprio mentre in parallelo la polemica politica si infuocava in un clima di sfiducia. Le prime bordate erano tedesche. «La Grecia non ha rispettato gli impegni - dava la linea la cancelliera Merkel -, non negozieremo sui nuovi aiuti prima del referendum». Tsipras decideva allora di andare in tv, ritardando ad arte l’apparizione per sapere cosa avrebbe detto a Berlino Frau Merkel dopo l’incontro con Renzi. «Intendiamo arrivare a un accordo», annunciava, senza fermare il referendum. «Dire “no” - precisava - non significa negare l’Europa, ma tornare a una Unione fondata sui valori che abbiamo concordato».

Grecia 2 Al referendum sono chiamati ad esprimersi 8 milioni di greci su una popolazione di 11 milioni. Per essere valido, il referendum deve essere votato da almeno il 40% degli aventi diritto. Si vota dalle 7 alle 19 di domenica 5 luglio: 19 mila seggi in tutta la Grecia, gli stessi delle politiche del 2 gennaio 2015. Ma i costi, giura il ministro degli Interni Niko Voutsis, saranno dimezzati: «Non più di 20 milioni. Per la fase preparativa, compresi gli stipendi di tutti gli impiegati e dell’autorità giudiziaria, abbiamo stimato una spesa di 5 milioni e 100 mila euro».

Grecia 3 Oggi la Grecia deve ai creditori internazionali poco meno di 330 miliardi di euro, ma considerando i prestiti nel frattempo condonati o “ristrutturati”, cioè ridotti ( e i pochissimi restituiti), si sfiorano i 500 miliardi. È questo il costo complessivo della crisi greca. (Occorsio, Rep)

Isis È guerra nel Nord Sinai fra i jihadisti dello Stato Islamico (Isis) e l’esercito egiziano. Nel più ampio attacco finora lanciato, Isis ha bersagliato almeno 15 postazioni militari fra El-Arish e Rafah, concentrando l’assalto sulla centrale di polizia a Sheikh Zuweid dove i combattimenti continuano. I jihadisti si sono fatti largo con attacchi kamikaze - almeno tre - seguiti da ondate successive di miliziani. Gli scontri, aspri, hanno visto Isis impiegare mine e trappole esplosive per ostacolare i movimenti di terra egiziani. «Hanno usato oltre 300 uomini, ripetendo tecniche viste di recente in altri Paesi» afferma il generale egiziano Hisham El-Halaby. Per questo Il Cairo ha dovuto impiegare F-16 e elicotteri Apache bersagliando dall’aria gli attaccanti, ma senza riuscire a riconquistare il pieno controllo della situazione. Almeno 70 i militari uccisi assieme ad una quarantina di terroristi, centinaia i feriti su ambo i fronti. Secondo fonti arabe locali la guarnigione di polizia di Sheikh Zuweid sarebbe «imprigionata» all’interno dell’edificio, con gli agenti che «chiedono aiuto». I soldati egiziani hanno difficoltà a liberarla per il massiccio uso di missili anti-tank con cui i jihadisti colpiscono blindati e carri armati. il premier Ibrahim Mahlab parla di «stato di guerra» preannunciando l’adozione di nuove misure anti-terrorismo da parte del consiglio nazionale di sicurezza, riunito in permanenza. E al Cairo le forze di sicurezza hanno ucciso in un blitz 9 militanti dei Fratelli musulmani.

Jihadisti italiani Dieci arresti, tra cui un’intera famiglia di italiani convertiti all’Islam radicale. È il bilancio della prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa, condotta dalla sezione antiterrorismo della Digos di Milano. Secondo il procuratore aggiunto di Milano, Maurizio Romanelli, la cellula «non progettavano attentati in Italia», ma gli affiliati erano pronti a trasferirsi in Siria. Al centro la figura di Maria Giulia Sergio, la 28enne nota con il nome di Fatima, che dopo la sua conversione è partita per la Siria, dove attualmente si trova, insieme al marito albanese Aldo Kobuzi, anche lui destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. La donna, che al momento risulta irreperibile, ha anche convinto il padre, la madre e la sorella, arrestati ieri, ad abbracciare la jihad spingendoli a partire per il Califfato. L’inchiesta racconta l’indottrinamento e la radicalizzazione di una famiglia. Maria Giulia, alias Fatima, spinge i genitori e la sorella ad abbracciare la Spada dell’Islam. Tre settimane fa, l’8 giugno, chiama dalla Siria via Skype la sua famiglia: «Il musulmano che non può raggiungere lo Stato Islamico è chiamato a compiere obbligatoriamente la jihad nel luogo in cui si trova, e la jihad consiste nell’uccidere i miscredenti». Poi, commentando la strage al Charlie Hebdo, a Parigi, aggiunge: «Dio è grande, due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il profeta dell’Islam, in Francia». Maria Giulia sta cercando di convincere i genitori e la sorella a raggiungerla in «Siraq», nello Stato Islamico dove lei si è trasferita ormai da un anno. «Ad ogni tentennamento - commenta il gip - lei reagisce con aggressività crescente». Madre e sorella si ritrovano così a indossare il niqab, il padre operaio si «trasforma» facendosi crescere la folta barba. I tre sono stati arrestati a Inzago, nel Milanese. Alla fine si è salvata solo la nonna. «Non è una convertita, è una miscredente, abbandoniamola...», incitava i familiari Maria Giulia (Ruotolo e Poletti, Sta)

Cina In Cina i trader, ovvero gli operatori di Borsa, hanno superato gli iscritti al Partito comunista. Novanta milioni contro poco meno di 88. (Sala, Sta)

Waleed Bin Tal Il principe Waleed Bin Talal, l’uomo più ricco dei Paesi arabi (la sua Kingdom holding detiene partecipazioni in colossi come Four Seasons Twitter e Citigroup), ha annunciato che nel giro di qualche anno donerà in beneficenza il suo intero patrimonio personale, valutato dall’agenzia specializzata Bloomberg in oltre 30 miliardi di dollari: «Il mio dono andrà a Paesi musulmani e non e sarà usato usati in diversi campi, dal dialogo interculturale alla cura di malattie, per far arrivare energia elettrica nelle zone più remote, costruire orfanotrofi e scuole e per sostenere i diritti delle donne». (Caferri, Rep)

Neonati Un software che simula la visione di un neonato di 2 giorni (realizzato dagli esperti di ottica e psicologia delle università di Oslo e di Uppsala, in Svezia, che hanno poi pubblicato le immagini sul Journal of Vision) svela che per dare sicurezza, occorre che il sorriso di mamma e papà sia ampio, luminoso e soprattutto molto vicino. Se a 30 centimetri il bambino riconosce solo una vaga espressione del viso che ha di fronte, a 60 centimetri i volti diventano macchie grigiastre e a 120 sono praticamente indistinguibili. (Dusi, Rep)

(a cura di Roberta Mercuri)