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 2015  luglio 01 Mercoledì calendario

«Tsipras sbaglia ma l’Europa dell’austerity ha fallito». La terza via di Matteo Renzi sulla Grecia, ovvero mettersi al centro tra il premier greco e la Cancelliera tedesca

La «terza via» di Matteo Renzi sulla Grecia è quella di mettersi al centro tra Tsipras e Angela Merkel. Lo ha dimostrato telefonando ieri al leader di Syriza proprio alla vigilia del viaggio di oggi a Berlino dove incontrerà la Cancelliera. «Il referendum di domenica, comunque vada a finire, è destinato a cambiare tutto in Europa», è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi. Se vince il Sì al piano della commissione, ovvero trionfa la Merkel, il premier italiano è convinto che la Germania «potrà forse umiliare Tsipras ma non potrà permettersi di umiliare il popolo greco». Vale a dire che le condizioni imposte dall’ex Trojka saranno ammorbidite lo stesso, «qualcosa bisognerà concedere», spiega Renzi ai suoi collaboratori. Se invece vince il No, allora la pesante sconfitta dei tedeschi offrirà all’Italia un nuovo e inedito spazio di mediazione, finora tutto occupato da Berlino e dai suoi alleati, sul futuro dell’Unione. «Tsipras sbaglia dice Renzi confermando la sua posizione di mezzo- ma l’Europa dell’austerity ha fallito».
Al netto delle ultime trattative sull’asse Atene-Buxelles, con l’Eurogruppo convocato via telefono praticamente ogni giorno (ieri un vertice, oggi un altro), Renzi vola a Berlino con l’idea che l’Unione europea può cogliere l’opportunità di questa drammatica crisi per fare un salto di qualità. «Questo è il momento migliore – dice il premier – per ragionare di una terza via nella terza fase dell’Europa. C’è stata quella dei padri fondatori, tra i quali l’Italia, quella di Mitterrand e Kohl e oggi occorre trovare un nuovo equilibrio». Tra rigore draconiano e conti ballerini si deve trovare la strada della crescita nel rispetto delle regole. Certo, Renzi non sta con Tsipras anche perchè non vuole e non può stare con Salvini, con Vendola, con la minoranza del Pd e con Grillo, tutti già a bordo dell’aereo che li porterà ad Atene nel fine settimana per tifare il No e il capo di Syriza. «Possiamo tendere una mano alla Grecia ma dev’essere chiaro che le regole si rispettano e i compiti a casa si fanno. Come è successo a noi», ripete il presidente del Consiglio ai collaboratori nella riunione preparatoria del colloquio di oggi. Del resto, la retorica della ristrutturazione del debito regge fino a un certo punto. Non va dimenticato che alla Grecia sono stati già cancellati 110 miliardi di buco. Puf, spariti. «Noi possiamo dare una mano, anche senza apparire», è la linea di Palazzo Chigi. Ed è quello che sta facendo il governo anche attraverso la presenza del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e al suo ruolo nell’Eurogruppo.
Il braccio di ferro tra Berlino e Atene è violentissimo e ormai si svolge alla luce del sole con forzature tattiche da entrambe le parti. Lo stop a qualsiasi trattativa fino al referendum dato ieri dalla Merkel ha spiazzato i ministri economici, ma fa parte del gioco delle parti. A Berlino Renzi parlerà anche di altro. Lo farà davanti agli studenti della Humboldt, l’università di Marx e Marcuse e di Bonhoeffer. Ha scelto, per il suo discorso, un titolo che richiama il cinema, “Ritorno al futuro”, ma si propone di fare un discorso ambizioso sul futuro del Vecchio continente e non solo sugli aspetti monetari. Ci sarà anche la Grecia, ma l’Italia ha il fronte aperto dell’immigrazione e l’intera Europa ha davanti lo spettro del terrorismo globale. Identità, comunità, senso di appartenenza, cultura, cittadinanza. «Sono concetti che vanno recuperati a sinistra, rilanciati in maniera plurale», dirà Renzi. «La ragione del nostro stare insieme non può essere solo la Champions League o l’Eurofestival della canzone, ma i nostri valori culturali oggi minacciati dall’ondata demagogica e populista». Nella città simbolo della Guerra fredda, Renzi confermerà la sua critica del “muro” che «comincia per difenderti, ma finisce per intrappolarti». Proprio all’indomani dell’ennesima giornata in cui navi di altri Paesi europei hanno sbarcato centinaia di emigrati e profughi nei porti siciliani e sardi. A dimostrazione che ha qualche problema in più, oltre ad Atene.