La Stampa, 30 giugno 2015
Lo zombie della pista. Justin Gatlin, l’uomo che corre più forte oggi a 33 anni che a 24 e potrebbe battere Usain Bolt. Quanto questo sport pagherebbe nel vedere il fenomeno battuto dall’ex bravo ragazzo caduto in disgrazia, ma l’atletica ancora non sa come gestire le imprese degli ex squalificati per doping
Bisognerà inventare una definizione, un’etichetta per i rientranti. Serve una parola che tolga dall’imbarazzo i commentatori tv e che permetta al pubblico di valutare in proprio: lo sprint è dominato da velocisti che sono stati fuori per doping. Campioni caduti in disgrazia, riemersi, forse non ancora perdonati ma di certo rinati. Gli zombie della pista.
Tendenza confermata
I trials di America e Giamaica hanno confermato la tendenza. Justin Gatlin oggi è il più veloce al mondo e aggiungere parentesi infinite ogni volta che lo si nomina per chiarire che è stato squalificato quattro anni per uso di testosterone non aggiusta la situazione. L’ambiguità resta. A 33 anni Gatlin corre più veloce di quando ne aveva 24. Ha migliorato tutti i personali e due giorni fa ha corso i 200 in 19”57: il quinto uomo ad andare così veloce e il solo a quell’età. Qui non si tratta più di considerare la punizione come ripartenza e archiviare il passato, si chiede un atto di fede che forse l’atletica non può permettersi.
Il dilemma esiste anche per i difensivisti e persino per lo stesso Gatlin: «Se credevo di diventare così veloce? No, ma non voglio essere spettatore della mia stessa vita. Ho lavorato duro e mi gioco le mie carte». Al momento è il favorito per l’oro mondiale sia nei 100 che nei 200 metri. Bolt, che corre sabato a Parigi, non ha ancora dato segni di splendore. Il giamaicano ha definito «i peggiori 200 metri della carriera» l’ultima gara a New York e si è autoescluso dalle qualificazioni visto che come campione in carica non ha bisogno di tempi buoni. Come minimo è molto indietro nella preparazione e i Mondiali sono a fine agosto.
Si rischia di vedere Gatlin primo e non è questione di tifo, ma di senso. Davvero sarebbe credibile? Quanto questo sport pagherebbe nel vedere il fenomeno battuto dall’ex bravo ragazzo caduto in disgrazia? L’ipotesi che il doping resti in circolo molto più del previsto è reale? All’ultima domanda hanno risposto in tanti. Purtroppo senza esiti definitivi.
Scienziati divisi
Una ricerca norvegese dice che gli effetti del doping si fanno sentire per lustri, che gli steroidi continuano ad agire, altri scienziati sono più scettici, Gatlin non vuole «sentir parlare di certe scempiaggini. Allora perché tutti quelli nella mia situazione non si migliorano?». In assenza di prove l’argomento resta sospeso.
Gli altri quesiti sono ancora più complicati. Le regole dicono che una volta pagato il debito non sei più un baro. In molti contestano e il partito dei sospetti si allarga in queste estate di risultati roboanti. È raro che uno sprinter si migliori dopo i 30. Bolt ha stabilito l’ultimo record da 22enne proprio come Asafa Powell, un altro rientrante. Powell e Tyson Gay erano reietti nell’estate 2013 e ora sono protagonisti. E rapidi: due over 30 tornano a un Mondiale che mancava ad entrambi dal 2009.
Lo smarrimento è totale. Seconda giovinezza o vita oltre la squalifica, magari solo atletica al tempo del doping. Come ogni droga fa danni a lungo termine. Se non resta nei muscoli dei campioni di certo destabilizza chi guarda e non sa più che pensare.