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 2015  giugno 30 Martedì calendario

Grazie al lavoro di scavo di una giornalista investigativa di prim’ordine come Antonella Rampino, abbiamo appreso particolari clamorosi quanto inediti sull’ex presidente Giorgio Napolitano. La notizia va presa con le molle, perché è di quelle destinate a terremotare la politica italiana, e non solo quella. Nulla, dopo questa rivelazione, sarà più come prima. Siete pronti?

Non è vero che i giornali servano a incartare il pesce. Essi invece si rivelano vieppiù preziosi per guidare i cittadini nella giungla delle notizie. E non ci riferiamo al nostro, a cui pure siamo molto affezionati, ma alla concorrenza. Per la precisione, a un grande quotidiano di lunga tradizione: La Stampa. Ieri, grazie al lavoro di scavo di una giornalista investigativa di prim’ordine come Antonella Rampino, vi abbiamo appreso particolari clamorosi quanto inediti sull’ex presidente Giorgio Napolitano. La notizia va presa con le molle, perché è di quelle destinate a terremotare la politica italiana, e non solo quella. Ma anche a mettere in crisi le convinzioni più consolidate degli ultimi anni, anzi decenni, anzi secoli. Nulla, dopo questa rivelazione, sarà più come prima. Noi la riporteremo così come l’abbiamo letta, ben consapevoli di maneggiare materiale incandescente, per non dire esplosivo. E declinando fin d’ora ogni responsabilità, che va interamente attribuita alla scopritrice insieme ai meriti di quella che non esitiamo a definire un’esclusiva mondiale e segnaliamo alla giuria del Pulitzer perché la tenga nel dovuto conto.
Abbiamo riflettuto a lungo sull’opportunità di riprendere lo sconvolgente scoop, ma alla fine abbiamo concluso – dopo aver consultato il nostro ufficio legale su ogni possibile implicazione – che le notizie, anche le più scomode, vengono prima di ogni considerazione di convenienza e di opportunità. “I giornalisti – diceva Enzo Biagi – possono avere amici, i giornali no”. Dunque, avvertendo i lettori più impressionabili che si tratta di roba forte e, se non se la sentono, possono interrompere qui la lettura, e avvisando gli eventuali minorenni che questo non è (ancora) pane per i loro denti e raccomandando agli stomaci più robusti che sarebbe bene mettersi comunque a sedere in poltrona onde prevenire possibili mancamenti, siamo pronti. Inutile perdere altro tempo in inutili preamboli. La notizia – tratta testualmente, senza commenti di sorta, dall’articolo della Rampino su La Stampa, inspiegabilmente confinato a pagina 10 e neppure richiamato in prima come avrebbe meritato – è questa: “No, il punto è che Napolitano è Napolitano”.
Siete ancora lì? Svenuti? Sconvolti? Stravolti? Destabilizzati? Sopravvissuti? Ve l’avevo detto che era roba grossa. Non sappiamo da chi né quando esattamente la collega abbia appreso la notizia, né quali prove possa esibire per riscontrare un’affermazione tanto impegnativa.
Ma il fatto che usi l’indicativo presente (“Napolitano è Napolitano”) e non, per esempio, un più prudente condizionale (“Napolitano sarebbe Napolitano”), magari accompagnato da qualche formula dubitativa col congiuntivo (“si dice”, “corre voce”, “pare”, “si vocifera”, “qualcuno insinua che Napolitano sia Napolitano”), denota una certezza incrollabile, tetragona, definitiva. Poteva cavarsela con un indicativo imperfetto, tipo “Napolitano era Napolitano, ora non si sa se lo sia ancora”. O nascondersi dietro un opportunistico “Napolitano è stato Napolitano, adesso però vedete un po’ voi”. Invece no: Napolitano è Napolitano, poche balle.
Non saremo certo noi a chiederle di svelare la sua fonte, che per motivi a tutti comprensibili è bene che resti top secret, ben nascosta e protetta in un luogo sicuro. Non è difficile immaginare il tormento dell’informatore, che deve aver soppesato lungamente i pro e i contro prima di divulgare una denuncia così compromettente e foriera di pericoli per chi la fa e per chi la riprende. La stessa Rampino ne appare perfettamente conscia, vista l’attualità che essa stessa vi annette. Infatti scrive: “No, il punto è”. Non era, o fu: è. E quel “No” a inizio frase suona come un vibrante avvertimento ai soliti scettici che ora tenteranno di negarlo. Da tempo infatti una corrente di pensiero, per fortuna minoritaria, ipotizza che Napolitano non sia Napolitano, bensì Cossiga, o Gronchi, o Gennaro Esposito. Ma alla Rampino non la si dà a bere.
Anche il resto dell’articolo è un fuoco di fila di rivelazioni. Essendo nato il 29-6-1925, ieri (“la data fatidica del genetliaco”) Napolitano ha sorprendentemente compiuto 90 anni. E oggi il presidente Grasso gli ha “organizzato un happy few” in Senato. Ovviamente in “tono sobrio”. Ma “il regalo più bello deve averglielo fatto Kissinger consegnandogli il premio omonimo”, ed è un vero peccato che Re Giorgio non possa ricambiare il noto galantuomo, anzi “il Metternich della politica estera statunitense”, con un omonimo Premio Napolitano. L’ex presidente ama farsi chiamare “presidente emerito”, e qui la Rampino vorrebbe tanto “fare un motto di spirito” e dire che “nel Paese dei due Papi, il titolare e l’emerito, è scontato ci siano anche due presidenti”. Roba da scompisciarsi, ma non esageriamo con l’umorismo.
Meglio sottolineare che Napolitano “interviene in Aula con ovvia competenza”, anche se purtroppo i baluba delle “opposizioni di neofiti recalcitranti a un minimo di educazione istituzionale” osano negargli la riverenza. Ma nemo propheta in patria: “In un Paese affollato di gente che straparla di cose che perlopiù ignora, lui continua a vivisezionare le questioni sin nelle virgole”. Neppure Napolitano però, nel suo vivisezionare, era stato sfiorato dal sospetto di essere addirittura Napolitano. Ieri, quando l’ha scoperto, dopo un impercettibile moto di stupore, pare abbia radunato l’intera sua segreteria, quella che ci costa appena 828 mila euro l’anno, sibilando compiaciuto: “Avete letto? Il punto è che io sono Napolitano, e voi no. Tiè”.