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 2015  giugno 30 Martedì calendario

Mara C., la guerrigliera dei black bloc che in Val di Susa lancia sassi contro i poliziotti e non sa il perché. La ragazza, 19 anni, non sa neanche cos’è la Tav, per lei una causa vale l’altra: «Io vado dove mi chiamano». Proprio come la ragazza di Ecce Bombo: vede gente, fa cose, non si sa bene perché: «Noi andiamo a tirare le pietre dove ci chiamano, andiamo ad aiutare i compagni. Loro ci stanno vicini, ci dicono dove passare per non farci prendere, ci danno il Maalox per combattere gli effetti dei gas»

Tra le mani stringe mezzo limone, lo schiaccia sulle labbra e chiede se qualcuno lì intorno abbia una maglietta da regalarle: «Sono piena di gas». Gli occhi sono arrossati e lacrimano.
Mara C. è una ragazza di 19 anni. È la soldatessa di una guerra di cui non conosce i motivi. Perché è vero che è arrivata qui in Val di Susa vestita di nero e con il volto coperto, è vero che lancia pietre contro i poliziotti, ma ammette candidamente di non sapere nulla della causa No Tav. È lì a combattere perché glielo hanno detto frettolosamente gli amici black bloc. Una causa vale l’altra. «Io – spiega – vado dove mi chiamano». Come se la violenza fosse un fine in sé, un modo di sfogare l’aggressività senza una ragione.
Domenica si è «persa» due attacchi alle reti del cantiere Tav di Chiomonte. Come se fossero uno spettacolo. I suoi amici black bloc le hanno detto di guardare, che poi sarebbe toccato anche a lei. E così è stato. Mara si è presa il gas di un lacrimogeno in piena faccia, ma non le è nemmeno passato per la testa di fermarsi. «Voglio ancora andare giù a lanciare le pietre». In fondo, è come un gioco.
Accanto alla centrale elettrica dalla quale si snoda la strada dell’Avanà che porta al cantiere della Maddalena, la vegetazione è fitta e c’è quell’ombra che consente ai ragazzi vestiti di nero di riposarsi un po’, di cambiare magliette per poi tornare all’attacco. «Io sono di Palermo – racconta Mara —, ho perso madre, padre e la mia storia». Qualche soldo in tasca, il primo treno che passa e l’arrivo, circa un anno fa, a Roma. Per fare cosa? «Non lo so». Dove vivi? «In giro». Proprio come la ragazza di Ecce Bombo: vede gente, fa cose, non si sa bene perché.
Varca la soglia di un centro sociale della Capitale, sembra l’approdo più naturale e Mara ne è felice: «Ho conosciuto gente, amici. Si discute di tutto. Se vuoi dormire lì non ci sono problemi». Si vive alla giornata: «Sabato, due che conosco mi hanno chiesto se mi andava di venire qui in Piemonte. Ho detto di sì, anche se non ho capito bene a fare cosa, della Tav io non so niente. Siamo partiti in pullman e mi hanno spiegato che bisognava attaccare la polizia. Che dovevo lanciare le pietre, ma non i petardi perché non sono capace. La prossima volta lo farò anch’io». Per Mara i centri sociali sono la compagnia e i black bloc («Non so cosa voglia dire»), gli amici che non tradiscono mai. «Mi hanno detto che è giusto fare così, per aiutare chi vive qui. Con il cantiere distruggono quello che c’è». E basta che glielo abbiano detto perché sia vero. Mara non approfondisce: si fida.
Una ragazza le porge una maglietta, Mara la infila per metà e dietro la nuca lega le maniche trasformando l’indumento in un mefisto. Un compagno si avvicina: «Tieni...» e le passa la maschera antigas. «Sì – continua Mara – me l’hanno chiesto in tanti se sono anarchica o dell’autonomia. Per il momento non saprei, non so bene cosa significhi esserlo. Io sono per conto mio. Seguo i miei amici». Per Mara la Val di Susa non è la prima esperienza: «Sono stata anche all’Expo a Milano, ma non mi hanno fatto fare nulla perché era la prima volta». Poi quasi si scusa per l’interruzione: «Adesso vado a lanciare le pietre».
L’attacco dura pochi minuti, Mara si confonde nel gruppo e sparisce nella nebbia di lacrimogeni e fumo di petardi. La si riconosce da lontano solo per quei jeans chiari sotto il k-way nero. Torna dietro le siepi. Piange ancora, più di prima: «Dammi la medicina», chiede all’amico. «Mi hanno detto che ne abbiamo – spiega la ragazza —. Noi andiamo a tirare le pietre dove ci chiamano, andiamo ad aiutare i compagni. Loro ci stanno vicini, ci dicono dove passare per non farci prendere, ci danno il Maalox per combattere gli effetti dei gas». E lei combatte. Senza sapere perché.