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 2015  giugno 25 Giovedì calendario

Quattrocentotrentanove sucidi a causa della crisi economica tra il 2012 e il 2014, diciotto soltanto in questi 24 giorni di giugno. La metà sono imprenditori, l’altra metà disoccupati. Al Nordest il triste record delle vittime

Prima le loro storie. Storie di imprenditori, di capitani d’azienda affogati dai debiti o di professionisti impossibilitati a riscuotere i propri crediti. Uomini che, per pudore o per vergogna, si tolgono la vita. Maurizio, Fermo, Davide. Nomi. Oppure iniziali di nomi che sintetizzano il proprietario di un’azienda tessile, l’impresario edile, l’industriale che produce autoricambi, macchine agricole, ruote di bicicletta o rubinetti.
Uomini che, fieri del loro lavoro, soprattutto nelle regioni dove questo un tempo era di per sé considerato un valore, di colpo capiscono di essere rovinati dalle scelte di governanti che hanno consentito il completo asservimento dei settori produttivi a quello finanziario.
Ridotti alla disperazione per crediti inesigibili, cartelle esattoriali o fallimenti, questi uomini diventati incapaci di guadare negli occhi i loro operai, scelgono di farla finita. Nell’indifferenza della politica e nel silenzio della stampa che registra soltanto a fatto accaduto.
Allora ecco i dati, agghiaccianti, annotati dai centri di ricerca (Link Lab, il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica dell’Università degli Studi Link Campus University): 439 sucidi causa crisi economica tra il 2012 e il 2014 (18 soltanto in questi 24 giorni di giugno secondo crisitaly.org). Il 45 per cento sono imprenditori e il 42 disoccupati.
Il picco più nero si tocca nel secondo trimestre del 2014 con una leggera inversione di rotta a fine anno. Di fatto, secondo Link Lab, nei primi nove mesi del 2014 il suicidio provocato dalla causa economica è cresciuto del 59,2 per cento.
Un freddo bollettino che racchiude esistenze cancellate quando più te lo aspetti. Maurizio Bernardi (per esempio) che una sera, invece di rientrare a casa, s’impicca al muletto nel capannone della sua azienda di ricambi auto. Succede a Mestre il 3 febbraio scorso. E accade pochi chilometri più in là, a Cavarzere (Venezia), il 15 maggio. Fermo M., 56 anni, in un biglietto chiede scusa a tutti. Quando per “tutti” s’intendono la moglie, i figli e gli operai che non riusciva più a pagare. La volontà di fare, la generosità verso tutti. E la sua azienda fallita sotto la pressione fiscale come movente del gesto ultimo. Fermo M. si è ucciso di prima mattina a casa del fratello minore già andato a lavorare. Il suicidio pianificato nei dettagli, freddamente e a lungo, com’è quasi per tutti. E per tutti scatta il solito sopralluogo delle forze dell’ordine accompagnate da un familiare o dalla segretaria dell’azienda dov’è avvenuto il fatto. Spesso, accanto al biglietto di scuse o il messaggio che spiega con lucidità la causa del male, spuntano le disposizioni su come gestire la situazione dopo che tutto si è concluso come si conclude. È stato così anche per Davide Cantone. Faceva l’imprenditore a Pavia e, a 47 anni, si è sparato alla testa seduto alla scrivania dell’azienda. Lo hanno trovato gli operai arrivati in ditta al mattino. Anche Davide attraversava il suo calvario a causa delle difficoltà economiche dell’azienda di rubinetti e valvole in acciaio inox che (pur producendo) incontrava la concorrenza straniera e il calo degli ordini. Si dice che per lui, il peggio, fosse incrociare lo sguardo dei suoi dipendenti: una ventina. Loro, sapendo della crisi che stava passando, lo avevano sempre sostenuto nonostante il ritardo degli stipendi.
Secondo la Banca Mondiale, la tassazione complessiva dei profitti aziendali in Italia, che include anche i contributi sul lavoro e le altre imposte minori è del 68,6 per cento: venti punti in più rispetto alla Germania, il nostro punto di riferimento per la sua funzione di traino dell’Europa e per la comune vocazione manifatturiera; e venticinque punti in più della media Ocse. La pressione fiscale e quella contributiva impediscono così ai piccoli imprenditori di sopravvivere in Italia.
I suicidi, ma anche i tentati suicidi: più che raddoppiati nel 2014 rispetto al 2012. Un fenomeno «preoccupante e significativo» fa sapere Link Lab, che lo scorso anno ha contato 115 persone che hanno provato a togliersi la vita per motivi economici, a fronte degli 86 del 2013 e dei 48 del 2012.