Il Messaggero, 25 giugno 2015
Troppo belle e progressiste, l’Isis minaccia le tuareg. Nel mirino dei fondamentalisti finiscono così le donne del deserto che godono di diritti impensabili nel mondo islamico
Li chiamano uomini blu per il colore indaco dei loro turbanti e del velo con cui si coprono il volto, sono noti come Tuareg (nome dato loro dai conquistatori arabi), loro chiamano se stessi Kel Tamahaq, o Targi, scrivono con un alfabeto vecchio di millenni e parlano nunerosi dialetti berberi.
Sono il popolo del deserto dove per secoli si sono mossi, capaci solo loro di orientarsi, di trovare le scarse sorgenti, di evitare le zone più ostili. Dediti al commercio e all’allevamento dei dromedari. Anche se il colonialismo europeo prima e il sorgere delle varie nazioni africane poi li ha spesso ridotti a emarginati, i tuareg sono ancora una componente importante di molti Paesi del Nord-Africa e del Sahel. Infatti sono presenti in Mali, Niger, Burkina Faso, Algeria,Libia e persino in Ciad.
Da ieri il ramo nordafricano dell’Isis si occupa di loro, anzi si occupa delle loro donne, minacciate di gravi punizioni perché «troppo indipendenti, con comportamenti da infedeli». E c’è del vero in questa affermazione dei fondamentalisti, le donne tuareg non si coprono il volto pur essendo musulmane (in compenso sono gli uomini a farlo), ma non solo: esse godono di una incredibile libertà sessuale che si manifesta soprattutto nell’agal, la grande cerimonia simile a una medievale corte d’amore, dove i ragazzi corteggiano le loro preferite, cantando loro canzoni d’amore, recitando poesie e sperando così di essere scelti, se non come mariti, almeno come amanti devoti. Ma anche da sposate le donne tuareg, la cui vita peraltro è durissima, dal momento che spetta a loro mantenere l’accampamento mentre i mariti sono in viaggio, godono di una grande libertà. In caso di divorzio, poi, la tenda, i figli e il bestiame spettano a loro e il povero marito può al massimo trovare ospitalità presso qualche parente femmina della famiglia o del clan. Ma non solo le donne tuareg sono mediamente molto più colte dei loro uomini, sono loro che compongono e recitano le poesie, loro che educano i figli, loro che mantengono la memoria delle tradizioni e la famiglia è rigidamente matrilineare, dove conta sempre la discendenza dalla madre più che il padre. E sono le donne che in caso di necessità, consultano con un cerimonia negromantica, il borbor, gli spiriti dei trapassati.
RIGORISTI
Si capisce benissimo come queste cose mandino in bestia i rigoristi islamici, mente è accettata dai maschi delle tribù che dicono una frase diventata proverbiale: «Vogliamo che il viso delle nostre donne sia visibile per poterne ammirare la grande bellezza» (e le donne targhi sono davvero molto belle).
È vero purtroppo che molti tuareg, rovinati dalla siccità avanzante e dal dominio straniero, sia esso quello vecchio coloniale che quello dei nuovi governi, si stano abituando alle usanze islamiche più comuni, ma una grande percentuale delle tribù conserva ancora le antiche tradizioni. Tradizioni che risalgono in parte a millenni fa. I Tuareg, di origine berbera, erano presenti in tutto il Nord-Africa e nel Sahel addirittura prima dell’arrivo dei colonizzatori fenici che fondarono Cartagine, e rimasero fieramente indipendenti anche sotto il dominio di Roma, salvo fornire all’impero truppe leggere e generali valorosi come il grande Lusio Quieto ai tempi degli Antonini. Convertiti all’Islam, dopo una dura lotta, hanno però mantenuto le loro usanze. Ora è l’integralismo più fanatico che se la prende con loro. Integralismo che, insieme alla modernità, rappresenta una minaccia per i signori del deserto, che però sono anche capaci di impugnare le armi. Soprattutto in Mali, dove si battono per ottenere uno stato autonomo o per lo meno una dignità maggiore. Come in Niger e per tutta la parte occidentale del grande deserto del Sahara.
Ora ecco questo attacco alle donne che ha anche un motivo più profondo che non il violento puritanesimo dei musulmani fondamentalisti. Distruggendo l’indipendenza e la cultura femminile l’Isis sa benissimo che verrebbe distrutta anche la cultura tradizionale degli uomini blu, che sparirebbe la loro orgogliosa indipendenza. Un tentativo violento, ma molto sottile di omologare un popolo che non si è mai lasciato conquistare ma che corre oggi il suo pericolo più grande.
LUOGO OSTILE
E della cosa i Tuareg si rendono benissimo conto, perché anche l’Africa, come gli altri continenti sta diventando un luogo sempre meno adatto, più ostile, estraneo ai nomadi. È vero, molti, troppi, stati africani sono stati disegnati senza tener conto delle diverse etnie, tribù, lingue, religioni. Ma è pur vero che, accanto a qualche nazione fallita (Somalia, Sud Sudan), altri Paesi stanno cercando, spesso con le armi, una qualche forma di equilibrio. E per i Tuareg rischia di non esserci più posto, se non come minoranza sfruttata e tenuta in poco conto. Un affronto che i fieri traversatori del grande deserto non sono disposti a sopportare. Quindi sia l’Isis, ma anche più a Sud Boko Haram, troveranno pane per i loro denti.