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 2015  giugno 25 Giovedì calendario

Il suicidio di Egidio Maschio, talento dell’impresa. Il presidente di uno dei gruppi più grandi e importanti del settore delle macchine agricole si è tolto la vita con un colpo di fucile al petto nella sua fabbrica di Cadoneghe. Perché l’ha fatto? Forse l’indebitamento della società ha giocato un ruolo importante. Forse si tratta solo di motivi intimi e personali

La notizia della morte dell’imprenditore padovano Egidio Maschio, che ha deciso di togliersi la vita con un colpo di fucile al petto ieri mattina poco dopo le 6.30 nella sua fabbrica di Cadoneghe, ha scosso gli animi per più di un motivo. Il presidente di uno dei gruppi più grandi e importanti del settore delle macchine agricole, la Maschio Gaspardo, nata 50 anni fa, con una fresa prodotta in una stalla di campagna dell’Alta padovana, e cresciuta fino a raggiungere 2mila dipendenti e ricavi per oltre 300 milioni di euro, era imprenditore coraggioso, uno «di razza», come l’ha definito il presidente di Confindustria Padova Massimo Finco, di quelli che non avevano paura di guardare avanti e di fare passi importanti per ingrandire e far crescere l’azienda.
E, in effetti, il gruppo negli ultimi anni è cresciuto in modo repentino ed esponenziale, acquisendo altre società, siglando partnership con altri produttori della filiera, inaugurando nuovi stabilimenti produttivi. E conquistando una assoluta leadership nel mercato delle fresatrici, delle seminatrici e di tutte le macchine per la lavorazione del terreno. Tanto da triplicare tra gli anni 2009 (118 milioni) e 2014 (324 milioni) il fatturato, l’80% del quale generato da mercati esteri. Questa incessante conquista dei mercati, l’energia che il settantatreenne Egidio Maschio ci metteva, la lungimiranza dirompente e l’amore per la sua azienda («la famiglia delle famiglie», l’aveva ribattezzata) mai avrebbero fatto presagire un epilogo così tragico. Anzi, un po’ suscitava indivia la capacità di innovare, di internazionalizzare così velocemente e di stimolare una visione positiva e propositiva dell’economia. «Negli anni della crisi – ha detto ieri il governatore del Veneto Luca Zaia – Egidio Maschio ha dato un grande esempio, gettando sempre il cuore oltre l’ostacolo, investendo e assumendo, inviando uno straordinario messaggio di positività». Grazie agli investimenti effettuati Maschio Gaspardo conta oggi 15 stabilimenti produttivi, di cui 3 all’estero – Cina (inaugurato un anno fa), India e Romania – e 12 filiali commerciali in tutto il mondo.
Ma con la crescita – e con operazioni che non avrebbero fruttato secondo le previsioni – è cresciuto anche l’indebitamento del gruppo, che nel 2013 ha raggiunto quota 82,3 milioni per effetto principalmente dell’aumento dei debiti verso fornitori (+17 milioni) e dei debiti bancari (+62,3 milioni). E nel 2014 (ma il bilancio non è stato ancora depositato) il debito ha superato quota 200 milioni di euro. Nel pomeriggio di ieri è circolata la voce che gli istituti di credito avrebbero chiesto al gruppo il rientro delle somme, ma l’azienda smentisce categoricamente: «Non è così. Con le banche il gruppo ha avviato un tavolo negoziale con l’obiettivo di rimodulare l’indebitamento finanziario coerentemente con il piano industriale», dicono fonti interne. «Non c’è stata nessuna richiesta dalle banche, non c’è nessun concordato preventivo, l’azienda è instradata verso il risanamento del debito ed è al riparo da difficoltà irrevocabili». E, in effetti, l’operazione è partita già da qualche mese e viene portata avanti dal nuovo cda, formatosi poche settimane fa con la nomina di Massimo Bordi (ex direttore generale di Ducati ed ex ad della multinazionale Same Deutz-Fahr), nel ruolo di amministratore delegato, e di Paolo Bettin (ex PricewaterhouseCoopers, Elettronica Industriale, Gruppo Carraro), in qualità di chief financial officier, con l’aiuto della società di revisione Pwc.
Perché allora un gesto così estremo? Cosa ha portato l’industriale che sognava la Borsa a togliersi la vita? Forse le difficoltà del momento hanno giocato un ruolo importante. Forse si tratta solo di motivi intimi e personali. Vero è che la dinamica “investimenti-crescita-indebitamento-tragico evento” ieri ha suscitato nell’animo degli industriali veneti una enorme frustrazione e l’ennesimo senso di solitudine: se nemmeno funzionano l’intraprendenza e la passione di chi si spende completamente per l’azienda conseguendo numerosi successi e mantenendo l’entusiasmo per il futuro; se nemmeno grandi investimenti, assunzioni, l’adozione di un management esterno, possono assicurare la stabilità dell’impresa; se viene mantenuta da parte delle banche una costante rigidità anche di fronte a pezzi di made in Italy che all’estero hanno mercato nonostante la congiuntura negativa....cosa può fare alla fine un imprenditore? «Ci lascia una delle figure imprenditoriali più importanti del Veneto – ha sottolineato il presidente di Confindustria Roberto Zuccato -, che ha contribuito a scrivere la storia manifatturiera di questo territorio». Esprimono stupore misto ad un sentimento di comprensione gli industriali, perché, qualunque sia il motivo per cui Egidio Maschio si è tolto la vita, resta la certezza che fare impresa è sempre più difficile, complesso e complicato. E un ulteriore suicidio – dopo i dati preoccupanti registrati a livello nazionale nel 2013 (149) e nel 2014 (201), con un primato del Nordest, dove si registra complessivamente il 25,3% del totale – non è una buona notizia.
Ora il timone della Maschio Gaspardo passa al fratello e cofondatore Giorgio e ai figli, Andrea e Mirco, che ieri, sulla scia del vigore e della passione che il padre ha insegnato loro, hanno ribadito assieme al management «il grande impegno di tutto il Gruppo nel portare avanti un piano strategico che garantirà sia il consolidamento della leadership di mercato che un’ulteriore fase di sviluppo».