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 2015  giugno 25 Giovedì calendario

Ricordate l’inchiesta sulla compravendita dei senatori (De Gregorio & Co)? Ieri i pm di Napoli hanno chiesto cinque anni per Silvio Berlusconi. L’accusa: il Cavaliere mise mano al portafogli per far cadere Romano Prodi nel gennaio 2008. Per la difesa le prove sono inconsistenti. La sentenza l’8 luglio

«Una pagina buia della politica italiana». «Un’operazione finalizzata a sovvertire l’ordine democratico». Silvio Berlusconi mise mano al portafogli per far cadere Romano Prodi nel gennaio 2008. Questa è la tesi accusatoria dei pm di Napoli, cuore di una dura requisitoria durata cinque ore, al termine della quale la richiesta di condanna è stata massima: 5 anni. Per Berlusconi, «una richiesta che confligge con la realtà e con tutte le risultanze processuali, in linea con la tradizione dei peggiori processi politici».
L’«Operazione libertà», come l’ex premier battezzò quelle manovre politiche che portarono alla fine anticipata della legislatura, furono «un colossale investimento economico diretto a ottenere l’unico risultato che interessava all’uomo Berlusconi, ossessionato solo dalla volontà di mandare a casa Prodi e prenderne il posto».
A mediare per l’ex Cavaliere ci avrebbe pensato Valter Lavitola, per il quale l’accusa chiede 4 anni e 4 mesi. Mentre l’uomo in campo, il «corrotto», era Sergio De Gregorio che, confessando di aver ricevuto tre milioni, ha già patteggiato un anno e 8 mesi. Parla di un’ossessione, Vincenzo Piscitelli, alla presenza dei colleghi con cui ha condotto l’inchiesta, Alessandro Milita, Henry John Woodcock e Fabrizio Vanorio. «L’obiettivo di Berlusconi – dice il pm – era far cadere il governo Prodi, il modo non gli interessava». I toni restano impietosi nel ricostruire come in un thriller i singoli passaggi di quei giorni di crisi di governo. Nel 2006 Prodi vince le elezioni, ma il risultato è risicato. La maggioranza è appesa a un pugno di senatori. Una via crucis quotidiana a cui Berlusconi assiste lavorando dietro le quinte: «Legittima e intelligente – continua Piscitelli – l’operazione politica di nominare De Gregorio presidente della commissione Difesa del Senato, il problema è l’accordo economico». Soldi, appunto. Tanti soldi. È De Gregorio la figura cruciale di questa storia. Prima, perché il suo passaggio dall’Idv al centrodestra risulterà decisivo. E dopo, perché il suo cedimento darà in mano ai magistrati dichiarazioni che, secondo loro, sono la prova schiacciante della corruzione «Ma non è solo un episodio di corruzione – conclude il pm – è un episodio di gravità estrema. Sono convinto che anche altri hanno accertato come De Gregorio, anche se non siamo riusciti a identificarli. Era un operazione finalizzata a sovvertire l’ordine democratico. Una pagina buia della politica italiana. Se la ruggine della corruzione investe i gangli primi della democrazia, il pericolo per la democrazia è grandissimo».
Gelidi, seduti al banco della difesa, restano ad ascoltare gli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, e accanto a loro Franco Coppi, il legale storico che ha tirato fuori l’ex premier dalla vicenda Ruby. «Tutti i testimoni e tutte le prove documentali hanno dimostrato la totale inconsistenza dell’assunto accusatorio. Lo stesso De Gregorio ha ammesso che la sua adesione al centrodestra era un ritorno a casa» sostengono i difensori. Il 7 luglio toccherà a loro, per le arringhe. Il giorno dopo arriverà la sentenza.