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 2015  giugno 23 Martedì calendario

Tutto quello che c’è da sapere sull’accordo che salverà la Grecia. Le condizioni della Troika, quelle di Tsipras, i fondi di Draghi e l’euforia del mercato. Ma Atene è davvero fuori pericolo?

• Pensioni, Iva, fiscalità, tagli al bilancio della difesa, avanzo primario: alla fine Tsipras ha ceduto quasi su tutto e un accordo per salvare la Grecia esce dal mantra degli auspici per diventare una possibilità concreta. I capi di governo della zona euro riuniti ieri sera a Bruxelles non hanno chiuso l’accordo ma hanno dato il loro assenso politico perché l’intesa si perfezioni in settimana, possibilmente in occasione del vertice europeo di dopodomani [Bonani, Rep. 23/6/2015].
 
• Da quattro mesi Atene e Bruxelles stanno negoziando le ultime riforme economiche necessarie per ottenere l’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi di euro prevista da un memorandum in scadenza a fine mese [Romano, S24 23/6/2015].
 
• «La Grecia non aumenterà l’Iva sull’energia elettrica.
Noi stiamo cercando di raggiungere una soluzione finanziaria percorribile, stiamo cercando di lasciarci dietro surplus primari eccessivi, di salvare salari e pensioni, di evitare aumenti eccessivi e irrazionali sull’elettricità. Puntiamo a ripristinare la normalità nelle relazioni di lavoro e allo stesso tempo a promuovere necessarie ed eque riforme strutturali» (così Tsipras prima di incontrare il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker)
 
• Il governo Tsipras si è detto pronto ad adottare misure di austerità permanenti pari al 2% del Pil della Grecia, mentre la troika chiede un tasso di nuovi prelievi e taglio alle spese per il 2,5% del Pil. Non è chiaro come verrebbe coperto lo 0,5% di scarto tra le due proposte, ma è evidente che le distanze si stanno riducendo sensibilmente anche se serviranno ancora degli aggiustamenti tecnici [Da Rold, 24 23/6/2015].
 
• Le prime misure sociali (buoni pasto, elettricità gratis e stop alla vendita all’asta delle prime case per chi è in ritardo sul mutuo) sono state approvate in aula malgrado la resistenza di Ue, Bce e Fmi. La reintroduzione del contratto di lavoro collettivo è rimandata. Il taglio all’avanzo primario è stato portato a casa, con una riduzione dal 4,5% sul Pil previsto all’1% del 2015 e 2% del 2016. Sul debito si attendono impegni. Il piano ellenico prevede anche 200 milioni di nuovi tagli alla difesa, 1,06 miliardi di tasse in più sui profitti aziendali, 1,36 miliardi grazie a una riforma dell’Iva che non tocca le aliquote sull’elettricità oltre a un giro di vite sulle licenze tv degli oligarchi (200 milioni in due anni) e sui beni di lusso e un contributo di solidarietà da 250 milioni l’anno sugli stipendi più alti [Livini, Rep 23/6/2015].
 
• Livini sulle pensioni: «Il mezzo miracolo del team di Tsipras è però il trucchetto un po’ andreottiano con il quale è stato risolto il nodo delle pensioni. La proposta greca prevede non un taglio degli assegni, ma un aumento dei contributi di lavoratori e imprese in grado di sgravare le casse dello Stato. Salirà al 3,9% il versamento per gli assegni previdenziali tradizionali, dal 4 al 5% quello per il sistema sanitario mentre l’addio alle baby pensioni garantirà 300 milioni. Risultato: 1,7 miliardi di nuove entrate nel 2016, esattamente quanto richiesto dai creditori [Livini, Rep 23/6/2015].
 
• «Queste sono le prime vere proposte da parte greca dopo molte settimane», ha commentato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. «Finalmente c’è una base per ricominciare le discussioni ed arrivare ad un accordo nei prossimi giorni, si è compiaciuto il presidente dell’eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. «È fondamentale che il governo Tsipras continui in questa direzione. Ma quella che stiamo facendo è anche una discussione su che tipo di comunità vogliamo per il nostro futuro», ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi [Bonani, Rep. 23/6/2015].
 
• «A Riga, nell’Eurogruppo alla fine di maggio, c’era tra i ministri delle Finanze ostilità nei confronti della Grecia. Nell’ultimo Eurogruppo di Lussemburgo, la settimana scorsa, dominava una certa rassegnazione all’idea di una uscita del Paese dalla zona euro, oramai considerata inevitabile. Questo sentimento ha fatto paura al governo greco, che ha toccato con mano il rischio di essere abbandonato dai suoi partner europei» (un responsabile europeo).
 
• Ieri le borse hanno festeggiato la prospettiva di un accordo. Atene ha registrato un balzo storico del 9 per cento, Milano +3,47%, Madrid +4%, Francoforte +3,8%, Parigi +3,8% (a un soffio dal riagganciare quota 5mila) e Londra +1,72%. Anche lo spread sui titoli di Stato si è notevolmente ridotto: quello italiano sul bund tedesco è tornato sotto quota 130 e l’agenzia di rating Moody’s ha promosso a raffica 17 banche italiane da Intesa e Unicredit fino a molti gruppi di Popolari. Segno che i mercati hanno recepito il messaggio politico lanciato dai leader europei [Bonanni, Rep 236/2015].
 
• L’apprezzamento dell’euro ha gettato nello sgomento gli economisti di Goldman Sachs: «I quali, anziché scusarsi con i clienti per aver pronosticato l’euro precipitare ineluttabilmente sotto la parità con il dollaro, hanno ieri tentato una assai curiosa giustificazione. Attraverso un contorto ragionamento, la banca americana sostiene che sarebbero stati gli acquisti di titoli della Bce e delle altre banche centrali nazionali, intensificatisi nell’ultimo mese, specie sui Bund a minor durata, ad aver sostenuto la valuta europea e, di conseguenza, ad aver interrotto quella salutare svalutazione che tanto bene farebbe all’Eurozona. Va da sé che, anche nel caso in cui la «Grecia restasse nell’euro», i rendimenti dei titoli di Stato periferici si muoverebbero al rialzo e le «crescenti tensioni con Atene faranno da catalizzatore per spingere il cambio vicino alla parità in tempi brevi». In questa analisi, la sola cosa che ci convince è che l’apparente schiarita nella crisi greca non promette una condizione di stabile bel tempo: più per Atene che per i mercati europei» (Walter Riolfi) [Riolfi, S24 23/6/2014].
 
• L’esito dell’infinita crisi greca è fondamentale per verificare se il ritorno ieri dello spread nei dintorni dei 120 punti base, con il rendimento del decennale al 2,08%, possa prefigurare un’ulteriore riduzione del differenziale da qui alle prossime settimane, rispetto ai 150-160 punti base raggiunti la scorsa settimana. Arduo prevedere al momento se potrà essere raggiunto l’obiettivo di un risparmio pari a 4,8 miliardi nel 2015, così come previsto dal Def di aprile rispetto allo scenario del settembre 2014. Nell’attuale fase la prudenza è d’obbligo, soprattutto alla vigilia della nuova sentenza della Consulta sul blocco dei contratti pubblici nel quinquennio 2010-2015 [Pesole, S24 23/6/2015].
 
• Il possibile tallone d’Achille, in questa crisi che sembra finalmente avviata ad una soluzione positiva, resta la fragilissima situazione delle banche greche, sottoposte a un autentico salasso di prelievi da parte dei risparmiatori [Bonani, Rep. 23/6/2015].
 
• Le buone notizie che arrivano da Bruxelles dovrebbero aiutare a frenare l’emorragia. Ma se l’assalto ai bancomat dovesse continuare, l’accordo che si è delineato ieri potrebbe arrivare troppo tardi per salvare il paese dal default [Bonani, Rep. 23/6/2015].
 
• Ma quanti sono e dove vanno i soldi che escono dalla Grecia?  «Stando ai dati forniti da Euro Crisis Monitor si vede che dai 49,319 miliardi di passivo a dicembre 2014 si è passati ad aprile 2015 a 98,770 miliardi. Tradotto: in appena quattro mesi sono usciti dalla Grecia 49,4 miliardi di euro, grosso modo il 28% del Pil. Di questi, circa 26 miliardi sono stati ritirati dalle banche straniere dai loro depositi o prestiti verso le banche greche (ormai agli sgoccioli). Quelli degli istituti della zona euro ad aprile erano a 4,7 miliardi di euro (rispetto agli 11,9 di dicembre); 6,9 miliardi (rispetto ai 26 di dicembre 2014) quelli delle banche estere fuori dalla zona euro. L’ammontare delle attività estere detenute dai greci ammonta invece a 10,556 miliardi di euro [Fat 23/6/2015].
 
• Intanto Draghi apre il portafogli. Mastrobuoni: «Dopo l’ondata di panico che ha indotto i greci a portare all’estero circa due miliardi nella sola giornata di venerdì, e in previsione di un’altra emorragia da due miliardi che, nelle stime di Francoforte, avrebbe potuto pesare ieri sui forzieri delle banche elleniche, la Bce è corsa ai ripari. Dopo una riunione che una fonte definisce “nervosa”, è arrivata l’autorizzazione ad alzare l’asticella dei fondi emergenziali a 87,8 miliardi di euro» [Mastobuoni, Sta 23/6/2015].
 
• Un’elargizione, quella di Draghi, che desta malumori. Secondo una fonte Bce «stiamo, di fatto, finanziando la corsa agli sportelli. Nessuno concede più presiti alle banche greche, ormai. Si mantengono a galla con i fondi Ela. Si sarebbe dovuto decidere un controllo dei capitali da un bel pezzo»
 
• L’idea, invece, di una riduzione del valore del debito (oggi al 180% del Pil), come chiesto dal governo greco, sembra fuori questione, come ha detto la stessa Merkel ieri sera. Un programma di massima per i prossimi giorni prevede nuovi negoziati tecnici tra oggi e domani, un possibile nuovo incontro dell’Eurogruppo sempre domani, prima di un nuovo vertice europeo a livello di capi di Stato e di governo. La Grecia è vicina a una crisi di liquidità, tanto che l’accordo è ormai urgente per ottenere nuovi prestiti [Romano, S24 23/6/2015].
 
• «Tsipras si è impegnato a cancellare l’austerità e a convincere gli europei a cambiare strada. Se sono loro a convincere lui, se proporrà nuove tasse, la vera opposizione la troverà in strada, non in Parlamento» (il sindacalista della Federazione Ellenica di Lavoratori, Hristos Panagiotopoulos) [Nicastro, Cds 23/6/2015].
 
• Jürgen Habermas: «I creditori insistono sul riconoscimento di una montagna di debiti che l’economia greca non riuscirà mai a smaltire. Si noti che presto o tardi un taglio del debito sarà inevitabile. Eppure, contro ogni buon senso, i creditori non cessano di esigere il riconoscimento formale di un onere debitorio realmente insostenibile» [Habermas, Rep 23/6/2015].
 
• Ma quanto deve la Grecia all’Italia? Poco più di 60 miliardi. Pesole: «Sono sotto forma di prestiti bilaterali e attraverso il fondo salva-stati Efsf (46 miliardi) cui si aggiungono i 14,3 miliardi del meccanismo europeo di stabilità Esm. Magna pars di questo imponente fiume di denaro (43,1 miliardi) è diretto alla Grecia, anche attraverso il prestito bilaterale (Greek loan facility). Se si guarda all’impatto sul debito, si tratta del 3,7% del Pil, senza il quale saremmo quest’anno a quota 128,9% del Pil. Un contributo non da poco, che vale la pena di sottolineare nel giorno in cui sembra aprirsi uno spiraglio» [Pesole, S24 23/6/2015]
 
• Atene quindi  tira un sospiro di sollievo. La proposta in zona Cesarini di Alexis Tsipras «ha sbloccato i negoziati», come ha ammesso ieri il ministro del lavoro Giorgos Stathakis. Il rischio default è da ieri un po’ più lontano. Il premier però, convinta l’Europa, deve affrontare ora un ostacolo ancora più alto: convincere Syriza [Livini, Rep 23/6/2015].
 
• «Adesso inizia il bello. Schaeuble è un osso duro. Ma l’ala radicale della sinistra non ha niente da invidiargli. E voglio vedere come farà il premier a spiegarle che non ha tradito le sue promesse elettorali e a ottenere il suo voto» (Manos Paloliogos, avvocato di 42 anni, in piazza davanti al Parlamento con altre 6mila persone a chiedere che Atene resti nell’euro).
 
• Gli antieuro, invece, si chiamano Panayotis Lafazanis e Costas Lapavitsas. Sono le due figure di maggior spicco di Aristerì Platforma – la Piattaforma di sinistra – la componente più estrema di Syriza. I due, scrive Nicastro sul Corriere, «non sono banali profeti del ritorno alla dracma e all’autarchia, ma ritengono che – date le circostanze – la Grecia crescerebbe meglio fuori dall’euro. Come stella polare hanno il fallimento islandese del 2008 e la sua successiva risalita. Senza più debito, è il ragionamento all’osso, le risorse andrebbero alla crescita e non ai creditori. Magari sbagliano, ma ci vogliono altri economisti per ribattere ai loro argomenti con serietà» [Nicastro, Cds 23/6/2015].
 
• La popolazione greca rifiuta la prosecuzione di una politica di cui subisce il fallimento sulla propria pelle. Sorretto da questa legittimazione democratica, il governo greco sta tentando di ottenere un cambio di politica nell’Eurozona; ma a Bruxelles si scontra coi rappresentanti di altri 18 paesi che giustificano il loro rifiuto adducendo con freddezza il proprio mandato democratico [Habermas, Rep 23/6/2015].
 
• Il problema greco nasce dal 2001 quando, con operazioni finanziarie non ancora chiarite, Atene riuscì ad entrare nell’Eurozona. Nel 2009 il primo ministro Papandreou vinse le elezioni e alzò il deficit sul Pil al 12,7% (che successive rettifiche hanno portato 15,6%) dichiarando che il precedente governo di centro destra li aveva truccati al ribasso. Eppure per quasi 10 anni la Grecia era stata considerata una economia robusta nella quale, tra l’altro, le banche francesi e tedesche erano esposte per quasi 100 miliardi. C’è da chiedersi come non ci sia accorti (comprese le istituzioni europee vigilanti) né della crisi di finanza pubblica né di quella strutturale e statuale della Grecia  [Quadrio Curzio, S24 23/6/2015].
 
• In ogni caso dal 2010 è partito il salvataggio che ha portato ad un taglio dei crediti privati di 100 miliardi circa nel 2012 e a crediti concessi alla Grecia così ripartiti sui 320 miliardi di debito pubblico pari al 176% del Pil. Il 68% viene dall’Eurozona (cioè i fondi Efsf ed Esm, la Bce), circa il 12 % dall’Fmi, il 5% altri creditori mentre solo il 15% è sul mercato. La gran parte dei prestiti sono a condizioni ottime avendo, secondo il presidente del Fondo Salva stati europeo Klaus Regling, una durata media di 32 anni e interessi intorno all’1,5%. Questi prestiti sono stati condizionati a misure di risanamento greco concordate e controllate dalla Commissione europea, dalla Bce, dall’Fmi. Ciò è avvenuto fino al governo Tsipras con risultati che si cominciavano a vedere stando alle recenti valutazioni della Commissione europea. Nel 2014 la crescita è riapparsa con quella dei consumi, degli investimenti e delle esportazioni. Ma nel 2015 le stime sono già ribassate rispetto alle previsioni per la mancanza di una politica economica del governo e per la fuga dei capitali [Quadrio Curzio, S24 23/6/2015].
 
• L’Eurozona e la Ue hanno fatto tanti errori nella crisi a cominciare da quello di non affiancare al controllo dei conti pubblici misure per rilanciare gli investimenti con qualche “regola aurea” a livello europeo o nazionale sotto un controllo europeo rigoroso. Nel caso della Grecia noi abbiamo sempre sostenuto un commissariamento europeo per controbilanciare le irrinunciabili riforme in una Nazione con un semi-Stato partendo da un piano di investimenti di ristrutturazione e di rafforzamento dell’economia reale. Non è andata purtroppo così e se questa volta si è evitato il Grexit ciò non significa che la Grecia sia fuori pericolo [Quadrio Curzio, S24 23/6/2015].
 
• E se le cose non dovessero andare per Tsipras c’è sempre l’alternativa Putin. Valentino: «La sola presenza di Alexis Tsipras nella città di Pietro il Grande è stata una plastica dimostrazione di come la Grecia, impegnata nella complessa e drammatica trattativa sulla sua permanenza nell’eurozona, possa in caso di fallimento quantomeno contemplare un’alternativa economica e politica. Non poteva essere più esplicito il premier ellenico, sottolineando che un “Paese disposto a cercare ogni strada per il successo, debba avere una politica multidimensionale, in particolare con gli Stati che giocano un ruolo chiave nell’economia mondiale”. E ancora: “In Europa per qualche tempo ci siamo illusi, credendoci l’ombelico del mondo, ma il centro del pianeta si è spostato”. Un eventuale default greco darebbe al leader del Cremlino nuove opportunità di seminare ulteriori divisioni tra l’America e i suoi alleati europei. E per questo che Obama insiste perché l’impasse con Atene venga superata senza traumi. A Bruxelles si rischia una deriva geopolitica dalle conseguenze imprevedibili» [Valentino, Cds 23/6/2015].
 
• Secondo un sondaggio della scorsa settimana Tsipras gode del 47% dei consensi, ma le voci critiche arrivano anche a destra [Fat 23/6/2015].