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 2015  giugno 23 Martedì calendario

«Hanno falsificato un lettera per incastrare dell’Utri». Parla Marino Massimo De Caro, il ladro di libri antichi. L’ex direttore dei Girolamini, accusato di aver rubato 1.800 opere, e di averne forniti alcuni all’ex senatore, sostiene di aver visto un documento autografo del professore, palesemente falso: «È vero che gli ho consegnato sette testi per un valore di 12 mila euro circa. L’ho fatto per amicizia. Ma come ha stabilito il processo lui era inconsapevole della provenienza illecita. Qualcuno sta provando a incastrarlo»

La dimora ottocentesca è ricavata dalle «barchesse» di villa Tiepolo della Persia. Non il pittore, ma il doge. Nella libreria al secondo piano si trova un catalogo di una collezione americana dedicata al conte fiorentino Guglielmo Libri Carucci dalla Sommaja, celebre bibliofilo e bibliomane dell’800. Uno studioso e allo stesso tempo un ladro di libri antichi capace di trafugare volumi nelle biblioteche di tutta Europa. «Lui è una specie di faro per tutti quelli che come me sono malati di bibliomania. Una malattia che può portare a far cadere i freni inibitori di fronte a un bel libro trascurato. Purché il proprietario non sia un collezionista privato». Inizia così il colloquio con il Guglielmo Libri del XXI secolo, il barese Marino Massimo De Caro, 42 anni, da sedici residente a Verona. La sua casa, i libri antichi, i mobili e i quadri sono stati tutti sequestrati a causa di questa «debolezza». E per questo è stato condannato definitivamente a 7 anni di reclusione per peculato a causa del furto di 1.800 volumi della biblioteca nazionale dei Girolamini di Napoli. Attualmente è sotto processo, sempre nel capoluogo campano, per devastazione e saccheggio dello stesso monumento nazionale. Dopo un anno e mezzo in carcere, dall’estate 2013 è ai domiciliari per motivi di salute. Fuori dall’Italia è famoso per la più incredibile opera di falsificazione di un volume antico, il Nuncius Sidereus di Galileo Galilei, stampato nel 1610, così fedele all’originale da trarre in inganno i più importanti studiosi europei. Per De Caro è stato «il migliore scherzo alla comunità scientifica dopo la storia dei falsi di Modigliani».
Però le contestano d’essere diventato direttore dei Girolamini senza titoli accademici...
«Il processo ha stabilito che non c’era bisogno di nessuna laurea per ricoprire l’incarico e nel mio curriculum, al contrario di quanto sostenuto da alcuni giornali, non ho mai scritto d’aver concluso gli studi universitari. Ho avuto il tempo di farlo durante la prigionia e mi sono laureato in Scienze politiche per i diritti umani all’università di Padova con il voto di 110 e lode».
Per la stampa progressista rimarrà il direttore «zero tituli».
«A qualcuno ha fatto comodo descrivermi come un “rozzo berlusconiano”, visto che collaboravo con un governo di centrodestra. Peccato per loro che la mia formazione sia diversa. Per esempio la mia tesi l’ho dedicata alle teorie marxiane che conosco sin da ragazzo. Ho studiato alla scuola quadri del Pci delle Frattocchie, sono stato dirigente nazionale della Fgci di Gianni Cuperlo e Nichi Vendola, ho fatto l’assistente di un senatore del Pds e sono stato consigliere comunale del partito a Orvieto. Inoltre mia madre era l’archivista dell’istituto Gramsci, dove lavorava insieme alla moglie di D’Alema. Ho collaborato a lungo nel campo delle energie rinnovabili anche con un caro amico dell’ex premier, Roberto De Santis. Lui mi conosce bene e io conosco bene lui. Insieme abbiamo lavorato al fianco del miliardario russo Victor Vekselberg esperto di energia e collezionista d’arte. Io dal 2006 al 2009 sono stato vicepresidente esecutivo della Avelar energy del gruppo russo Renova e De Santis membro del cda. Eravamo “compagni” che guadagnavano bene. Io prendevo 350 mila euro netti l’anno più bonus e in quel periodo ho speso 780 mila euro per i libri antichi».
Quando ha iniziato a collaborare con il centrodestra?
«Nel 2008, prima con l’allora senatore Marcello Dell’Utri, un bibliofilo come me, e poi con l’ex ministro Giancarlo Galan».
Nel 2011 è stato nominato direttore dei Girolamini. Lei ha ammesso di aver cercato quella poltrona anche perché attratto dal tesoro che aveva visto sugli scaffali...
«Io in realtà mi resi conto dello stato di abbandono di quella straordinaria raccolta e decisi di dedicarmi al suo recupero. La prova è che cinque giorni dopo essere stato nominato feci scrivere al ministero richiedendo tre milioni di euro disponibili. Purtroppo senza fortuna. A quel punto, sbagliando, ho cominciato a vendere dei volumi per pagare i lavori di restauro e conservazione».
Dalle carte questa sua filantropia non emerge affatto, quello che affiora è la figura di un vorace predatore di libri antichi a scopo di lucro personale...
«Certamente io soffro di bibliomania. Non lo nego. Compravo e vendevo bulimicamente. Ma nel caso dei Girolamini non volevo dare sfogo a questi miei istinti, prova ne è che avrei potuto rubare due o tre libri importantissimi (e nessuno se ne sarebbe accorto) e invece ho scelto 1.800 opere minori per un valore di meno di un milione di euro per salvarne 180 mila. Queste cose stanno emergendo nel secondo processo in corso».
Lei, a partire dal 2003, quando era un impiegato dell’Inpdap, ha rubato nelle biblioteche di mezza Italia, da Padova a Firenze a Cassino.
«Quando vedevo un libro antico maltrattato era per me come la sirena per Ulisse: mi chiamava e voleva che io lo prendessi. Dopo questa esperienza ho imparato a controllarmi e ho capito gli errori del passato».
Dal processo traspare un’immagine del mercato del libro antico sconfortante...
«È in mano a librai antiquari, anche italiani, che alimentano il commercio illecito e depauperano il patrimonio nazionale esportando clandestinamente volumi importantissimi».
Alcuni di loro sono stati arrestati insieme con lei...
«La cosa più incredibile è che i maggiori responsabili non siano nemmeno indagati. Sono stati bravi a dissimulare il proprio ruolo o forse hanno qualche santo in Paradiso. Appoggi che non ha certamente il povero padre Sandro Marsano, il conservatore dei Girolamini, accusato del tutto ingiustamente di peculato in concorso con me». E
sistono ancora centrali clandestine del traffico di libri?
«Vi era un percorso che partiva da Roma e che via Milano andava a Torino e da qui proseguiva per Parigi e e New York. La vicenda dei Girolamini ha dato un colpo al commercio illecito, ma da quello che so gli “spalloni” che gestiscono questa “via della carta” sono ancora in piena attività».
Quanto vale questo mercato nero?
«Prima della vicenda dei Girolamini arrivavamo a un 50% del totale e stiamo parlando di un giro d’affari solo per l’Italia del valore di 200 milioni di euro».
Lei è accusato di aver fornito libri rubati a Dell’Utri...
«È vero che gli ho consegnato volumi dei Girolamini, ma parliamo di sette testi per un valore di 12 mila euro circa. L’ho fatto per amicizia. Ma come ha stabilito il processo lui era inconsapevole della provenienza illecita. Qualcuno sta provando a incastrarlo».
In che senso?
«Pensi che un giornalista del New Yorker mi ha mostrato e lasciato copia di una presunta lettera autografa di Dell’Utri, palesemente falsa, in cui l’ex senatore mi chiedeva esplicitamente libri dei Girolamini. È inquietante che circoli un documento del genere».
Ma lei, che sostiene di aver voluto salvare la biblioteca, non trova contraddittorio averla spogliata di ben 1.800 volumi?
«Tengo a precisare che 1.700 volumi provenivano dalla biblioteca privata dei padri e che per questi libri accusarmi di peculato è stata una forzatura».
Ma ci sono anche i 100 volumi della cosiddetta sala Giambattista Vico, quelli certamente di proprietà statale e di grandissimo valore.
«Aver preso quei 100 libri è stato un grave errore, però mi ha permesso di incassare 300 mila euro per me indispensabili. Ho fatto quella scelta perché mi ero accorto che la biblioteca aveva già subito dei furti».
A che cosa si riferisce?
«Prima di essere arrestato ho scoperto che i bibliotecari avevano tenuto nascosto a me e ai due direttori precedenti il fatto che dalla sola sala Vico fossero stati sottratti i 1.200 volumi più importanti per un valore di circa 9 milioni di euro. Le schede dei libri spariti erano nascoste nell’ufficio dei bibliotecari. Una decimazione che ho denunciato solo io, dopo decenni di silenzio».
È sicuro della sparizione di questi volumi?
«La prova è che a un’asta di Christie’s ho recuperato 28 libri dei Girolamini del valore di circa 1,3 milioni di euro: erano citati nello schedario segreto».
Secondo la Sovrintendenza della Lombardia e la direzione generale del Ministero la loro origine non era certa...
«Peccato che nelle schede della casa d’aste la provenienza dalla biblioteca napoletana fosse ben evidenziata e del resto gli stessi consulenti della procura hanno certificato che i segni di appartenenza erano evidenti. Forse i funzionari del ministero, pur avendo i “tituli”, non hanno conoscenze adeguate».
Chi ha rubato quei libri?
«Il collezionista che ha provato a venderli a Londra non ha voluto dire da chi li abbia acquistati. È questo il vero mistero dei Girolamini».
L’hanno accusata di aver chiuso la biblioteca per poterla depredare e l’ex ministro della Cultura Massimo Bray ha detto che lì dentro era stato commesso uno scempio.
«Io in realtà ho riaperto la biblioteca al pubblico con iniziative culturali e ci sono servizi tv che lo attestano. Quanto a Bray, pure lui amico di De Santis e D’Alema, io l’ho conosciuto non come uomo di cultura, ma come mercante di quote azionarie di società lussemburghesi legate alle fonti rinnovabili. Forse di libri antichi mi intendo più di lui».