Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 23 Martedì calendario

Nella Biblioteca dell’inedito. Una Nazionale di romanzetti mal riusciti dei nonni e delle nonne e delle prozie, dei cugini e dei pronipoti d’Italia: il trionfo del populismo paraletterario

L’intenzione di creare una Biblioteca Nazionale dell’Inedito, dichiarata dal ministro Dario Franceschini, ha scatenato molte ironie. C’è poco da scherzare, è in realtà una minaccia. Scrive bene, ne ilpost.it, Francesco Cataluccio, che ha lavorato per anni nell’editoria: se le due Biblioteche Nazionali e le sette Statali, che conservano i libri pubblicati, sono vicine al collasso (pochi soldi per le acquisizioni, scarso personale, spazi ristretti, catalogazioni lente, orari di apertura limitati…), pensate cosa sarebbe mettere su e gestire una collezione, potenzialmente infinita, di opere inedite: «Un luogo – aggiunge il ministro – dove raccogliere e conservare per sempre romanzi e racconti di italiani mai pubblicati». Ma a che scopo?    Vale la pena conservare a futura memoria (collettiva) le tonnellate di manoscritti rifiutati dagli editori? Qualche anno fa Silvia Pertempi aveva frugato negli armadi dell’editore Donzelli e ne era venuta fuori una rassegna, Romanzi al macero, di temi e stili dei non pubblicati, comprese le lettere di accompagnamento spesso lievemente irritanti. Pseudo romanzi psicologici zoppi, fantasie illeggibili, rosa senza sentimento, gialli senza tensione, romanzi sociali senza società, esercizi narrativi generalmente autoriferiti e privi di originalità, imitazioni di De Carlo, di De Luca, di Volo, di Lucarelli…
   «Scrivere – ha detto Franceschini – è una terapia straordinaria, è un atto di grande creatività e libertà, che tutti dovrebbero fare al di là del talento o dell’essere o meno portati». Sacrosanto, anche suonare la chitarra e il pianoforte, cantare, dipingere, disegnare: sono utili terapie di benessere, ma il quadro dello zio pittore della domenica non pretendiamo che finisca agli Uffizi e neanche al Pac, e quando il bambino strimpella con il flauto chiudiamo le finestre per timore di disturbare i vicini. Dovrebbe esserci un pudore anche nell’espressione di sé. Ve la vedreste una mega galleria di croste dei pittori dilettanti da Udine a Pachino? Riporre in un cassetto di casa il romanzetto abortito del nonno può giovare a tener viva la memoria familiare. Una Biblioteca Nazionale di romanzetti mal riusciti dei nonni e delle nonne e delle prozie, dei cugini e dei pronipoti d’Italia sarebbe il trionfo del populismo paraletterario che già fa abbastanza guai nelle librerie. Oltretutto in un Paese in cui, per i diari e le scritture private di interesse storico, c’è l’Archivio di Pieve Santo Stefano creato anni fa dall’eroico Saverio Tutino.