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 2015  giugno 23 Martedì calendario

Laura Antonelli: «Sono bassina, un po’ tondetta, ho le gambe piuttosto corte, chissà perché piaccio?». Vita di una donna che ha saputo ammaliare gli italiani, tra completini sexy e storie d’amore travolgenti. Poi la cocaina, la povertà e il silenzio

È morta Laura Antonelli, oggetto del desiderio del cinema italiano degli anni Settanta, sogno erotico di generazioni diverse. È morta nella sua casa di Ladispoli, nel silenzio e nella solitudine in cui s’era chiusa negli ultimi anni di una vita che le aveva regalato popolarità e successo, poi l’aveva colpita con crudeltà. A dare la notizia della scomparsa, forse per infarto, è stata la donna delle pulizie che ieri l’ha trovata esanime in casa. La data dei funerali sarà stabilita all’arrivo del fratello dal Canada, si terranno nella chiesa di Santa Maria del Rosario, a Ladispoli, celebrati dall’amico parroco don Alberto Mazzola.
Laura Antonelli, nome d’arte di Laura Antonaz, era nata a Pola il 28 novembre del 1941. Profuga istriana, aveva vissuto con la famiglia a Napoli. Diplomata in educazione fisica, s’era trasferita a Roma per insegnare ma la sua bellezza, il fisico morbido, il sorriso luminoso furono notati dai produttori di pubblicità e fotoromanzi, poi dal cinema. L’esordio nel ‘64 con Il magnifico cornuto di Antonio Pietrangeli, la popolarità con Il merlo maschio di Pasquale Festa Campanile in cui per amore del marito, Lando Buzzanca, in una scena di nudo davanti al pubblico dell’Arena di Verona, esibisce la sua magnifica sensualità. L’esplosione nel ’73 con Malizia di Salvatore Samperi, è la cameriera Angela che nella Sicilia degli anni Cinquanta entra nella casa borghese di un vedovo e seduce lui e il rampollo adolescente. Un incasso record, 6 miliardi di lire, il cachet dell’attrice balza da 4 a 100 milioni. Esaltata come icona sexy, commenta: «Sono bassina, un po’ tondetta, ho le gambe piuttosto corte, chissà perché piaccio?». Malizia, appunto.
Non era solo la sua ascesa di attrice a eccitare i media. Sul set di Trappola per un lupo di Claude Chabrol l’incontro fulminante con Jean-Paul Belmondo, una storia d’amore lunga sette anni, funestata da liti furiose per le strade di Parigi, abbandoni e riprese appassionate. “Una compagna adorabile, dallo charme eccezionale”, ricorda ora l’attore. Lei, con saggezza, porta avanti la sua carriera e oltre al cinema che esalta la sua fisicità – Sessomatto di Dino Risi, Mio Dio, come sono caduta in basso
di Luigi Comencini, Peccato veniale ancora con Samperi, Divina creatura di Giuseppe Patroni Griffi con sette minuti di nudo integrale – alcuni autori ne valorizzano le ottime qualità di interprete. Da Luchino Visconti ( L’innocente, il suo ultimo film) a Mauro Bolognini ( Gran bollito ) e Ettore Scola che con Passione d’amore le fa vincere il David.
Il 27 aprile del ‘91 la favola di quel “viso d’angelo su un corpo da peccatrice”, come veniva definita, si interrompe bruscamente. Nella villa di Cerveteri i carabinieri trovano 36 grammi di cocaina. L’accusa è di spaccio. L’arresto, qualche giorno a Rebibbia poi i domiciliari, la condanna a tre anni e sei mesi finché la legge italiana sulla droga non cambia e la Antonelli viene riconosciuta abituale consumatrice e non spacciatrice. È il primo dei colpi crudeli del destino. Nel tentativo di restituirle serenità, Samperi la riporta sul set con Malizia 2000 ma è un flop. Per il film, l’attrice si sottopone a un intervento di chirurgia estetica che le devasta i lineamenti. Accusa il regista e il produttore, anni di battaglie legali fino all’assoluzione degli accusati perché il danno, si riconosce, fu dovuto a un’allergia e non al collagene. È la fine del suo equilibrio, sono frequenti i ricoveri nell’Istituto di igiene mentale di Civitavecchia. La povertà la induce a vendere la villa di Cerveteri per una modesta casa a Ladispoli, nel 2010 l’amico Lino Banfi fa un appello per l’applicazione della legge Bacchelli. Lei scrive una lettera, “non voglio niente da nessuno”. Unico ad esserle rimasto a lungo vicino, oggi Banfi ricorda l’amicizia nata sul set di Roba da ricchi, nell’87, regia di Sergio Corbucci. «Ho seguito le sue vicissitudini, amplificate dai media, non aveva tutte queste colpe. S’era fatta guidare male da chi le stava intorno». A parte scarne dichiarazioni ai 70 anni, mediate dall’avvocato («Forse non ero tagliata per il successo, voglio solo essere dimenticata») la Antonelli con dignità ha scelto il silenzio. Ad alleviare la solitudine non è servita l‘ammirazione che in tanti hanno continuato a esprimerle sul web.