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 2015  giugno 22 Lunedì calendario

Rieccoci con i tormentoni estivi. Per definizione, non possono essere brani memorabili, ma devono avere il potere di arrivare a tutti, senza barriere per classi sociali. Gli anni ’60 sono la celebrazione dei Watussi da ombrellone di Vianello, Paoli e Morandi. Dopo le barricate del ’68 l’Italia è Righeira, Sabrina e Salerno e 883

Negli anni Sessanta furono Edoardo Vianello, voce rotonda, fatta apposta per l’estate, Adriano Celentano, qualcosa di Mina, Peppino Di Capri. Erano le villeggiature che l’Italia che si divideva tra la ricca Versilia e quella più commerciale, dunque frequentatissima, Riviera romagnola. Il tormentone che, magari, ancora non era chiamato così, lo creavano i juke box. Dicevamo di Edoardo Vianello. La sua celebrazione storica l’hanno firmata di fratelli Enrico e Carlo Vanzina, figli di Steno, con Sapore di mare: della colonna sonora da nostalgia, celeste o canaglia, dipende dai gusti, su 32 canzoni nove sono sue.
Il tormentone, per definizione, non può essere un brano memorabile, ma deve avere il potere di arrivare a tutti, senza barriere per classi sociali. Per questo Vianello, con quella faccia un po’ così, molto sorridente e che non ha nulla del sapore dell’artista, va benissimo: è paffutello, romantico, ma soprattutto non ha niente della giustamente più pretenziosa canzone d’autore. Non ha le labbra sofferenti di Luigi Tenco, non deve far riflettere come possono alcune metafore di Paoli, non si muove come Celentano. E allora vai con i Watussi, altissimi negri, canzone che canticchiano svariate generazioni ancora oggi, ma che può contare su un testo inutile, la voce ottima di Vianello e nulla più.
Il perfetto inno, quello che ha venduto più di tutti, è firmato da due meteore della musica: i fratelli Righeira. Quando dicono “l’estate sta finendo, e un anno se ne va” hanno raggiunto il top dell’intellettualità. Eppure è il brano più venduto. Ma è giusto, l’estate, nei vent’anni che iniziano dopo il boom economico e finiscono sul calare degli Ottanta e l’inizio dei Novanta, più o meno in contemporanea con la sepoltura della prima Repubblica. E dei juke box, perché da lì che arrivavano.
Il primo, in assoluto, in ordine cronologico, può essere attribuito ancora a Vianello: Con le pinne fucile ed occhiali che esce nel 1962 e sul lato B era Guarda come dondolo. Le musiche portano la direzione di Ennio Morricone che, esperimento molto audace per l’epoca, aggiunge il rumore del mare. Abbronzatissima e Watussi arriveranno l’anno successivo. I dischi scalano tutte le prime posizioni in classifica e ci restano per diverse settimane.
Nel 1964, invece, il podio, da lì e per gli anni successivi, sarà tutto di Gianni Morandi. In quell’anno canta In ginocchio da te, uno dei successi italiani più celebrato di sempre, nel 1966 Notte di ferragosto e, a seguire C’era un ragazzo, Chimera, Scende la pioggia, Occhi di ragazza. Un idolo incontrastato, fa suoi i Cantagiro e Canzonissima, partecipa al festival di Sanremo (l’ha vinto nel 1987), incide, in carriera, 560 canzoni e 38 album: insomma, Gianni Morandi. Il resto è cronaca.
Sul finire degli anni Sessanta, soprattutto coi giovani che nel maggio 1968, salgono sulle barricate e contestano tutto, dalla famiglia alla scuola, fino a quella che è stata la canzone, nascono le scuole cantautorali. Quell’estate, con un’Italia ancora scossa, il tormentone diventa Riccardo Del Turco che canta Luglio. Originario di Fiesole, sopra Firenze, I primi sono il gruppo dei genovesi ai quali, a Luigi Tenco, si aggregano Gino Paoli, Fabrizio De André, Umberto Bindi, Bruno Lauzi e, nonostante sia triestino di nascita, uno dei più talentuosi e sottovalutati: Sergio Endrigo.
Gli anni Settanta iniziano a suonare i Nomadi (e Io, vagabondo un tormentone lo sarà), i Dik Dik, gli ottimi New Trolls. Ma la musica gira: in Italia sono già arrivati i Beatles, i dischi di Bob Dylan, gli Stones, Jimi Hendrix, Janis Joplin. Nel 1973 è la ragazza del Piper, Patty Pravo, a reggere i juke box del mare con Pazza idea, nel 1977 Umberto Tozzi con Ti amo.
Si spengono i bollori impegnati degli anni Settanta e gli anni Ottanta sono tutti dedicati alla leggerezza, l’edonismo, la voglia di spensieratezza. Ed è forse in questo decennio che il tormentone viene celebrato come tale. Iniziano i Village People con Ymca, si passa per Giuni Russo, Un’estate al mare. Il 1983 è l’anno del Vamos a la playa dei Righeira, l’anno successivo tutto dei Duran Duran, Wild. Il punto più alto dei musicamelmente fiacchi anni Ottanta arriva con Sabrina Salerno, Boys Boys, fenomeno quasi europeo più che italiano, dovuto a una bellezza mediterranea impeccabile, ma con una voce inascoltabile e un talento pari a quello di Darko Pancev nel calcio o, peggio ancora, tale Caraballo dall’Uruguay, presentato come il nuovo Maradona giocò nel Pisa una sola amichevole prima di sparare un rigore oltre la tribuna.
I Novanta proseguono a ritmo di Nannini e Bennato, Un’estate italiana, ma fu più il Mondiale di calcio a renderla tormentone, e la nascita di un fenomeno che sono gli 883, con Hanno ucciso l’Uomo Ragno. Musica ballabile, carina, parole da classifica, senza nessun verso e per il concetto, meglio ripassare. Ma giusto così: è un grande tormento, funziona lo stato d’animo dell’estate, con le piogge pronte a cambiare verso. Unica eccezione di qualità fu l’estate del 1987, grazie al Live Aid. Per fortuna.