la Repubblica, 22 giugno 2015
La sindone, tra preconcetti e test il mistero resta. Le analisi del sacro lenzuolo non hanno eliminato i dubbi. Ora si pensa a nuovi studi e a un team di esperti
Il papa è a Torino e ha visto la Sindone. E ancora l’enigmatico lenzuolo è tornato all’attenzione dell’opinione pubblica e dei media. Se è pur vero che in archeologia non esistono misteri ma solo problemi da risolvere non si può negare che la Sindone è probabilmente l’oggetto antico più enigmatico in possesso del genere umano e l’analisi al radiocarbonio 14 ordinata dal cardinale Ballestrero nel 1988 non ha chiuso per nulla l’argomento e dubitiamo che lo farà mai.
Si tratta infatti di un documento troppo importante perché gli studi possano essere condotti in maniera del tutto distaccata e imparziale. Il suo fascino è enorme, le sue caratteristiche stupefacenti: le cose sono andate abbastanza tranquillamente finché non si è proceduto ad un’analisi con il radiocarbonio 14, un isotopo del carbonio che decade in ogni oggetto di origine organica in una certa unità di tempo: calcolando l’entità di questo decadimento si arriva a datarlo con una oscillazione approssimativamente di mezzo secolo più o meno.
PROCEDURE CONTESTATE
Il verdetto di tre laboratori indipendenti e ignari l’uno dell’altro, lungi dal fornire un dato incontrovertibile ha indotto diversi studiosi a contestare la correttezza della procedura di analisi o a sostenere la possibilità che i campioni siano stati prelevati dai rattoppi medievali della sacra reliquia o, più recentemente, che i risultati grezzi dell’analisi non siano stati correttamente calcolati. La pubblicistica sensazionalistica cavalca poi queste contestazioni montando un grande intrigo internazionale.
Se qualcuno porta in campo il manoscritto medievale dove il lenzuolo viene considerato un falso e il vescovo di Lirey chiede al papa di diffidare i sacerdoti e i prelati dall’esporre il lenzuolo perché si tratta di una immagine truccata, si contesterà l’autenticità del manoscritto.
Se la parte che sostiene l’autenticità del lenzuolo mostra una immagine digitale in cui si distingue il contorno di una moneta su uno degli occhi dell’uomo sindonico e vi si legge la forma di un lituo e le lettere greche IOY KAI (Tiberiou Kaisaros) “di Tiberio Cesare” si dirà che non sono lettere ma semplici macchie non definibili e comunque facilmente adulterabili. In realtà, in questo caso, le lettere sono vere e leggibili ma il problema sta nel notevole livello di pregiudizio di chi lo nega.
Non si vuole certamente qui mancare di rispetto agli studiosi che hanno dedicato la vita alle indagini su un documento di tale importanza e di tale fascino ma semplicemente mettere in risalto molte posizioni preconcette che nascono per convalidare le prove contro e pro. In passato si era parlato di batteri, del fumo delle candele che i fedeli avevano acceso nel medioevo davanti alla Sindone, delle bruciature dell’incendio di Chambery che avrebbero aggiunto carbonio recente alla stoffa.
L’IMMAGINE
L’impressione che si ha studiando la bibliografia più recente è un po’ scoraggiante. Che pensare allora? C’è modo di farsi un’idea che possa avvicinarsi ad una possibile verità? Di sicuro le caratteristiche dell’immagine sindonica fanno pensare al primo sguardo che sia autentica. Soprattutto se la confrontiamo con altre immagini del sudario o del sacro volto dove l’esecuzione al pennello è immediatamente visibile. I pellegrini volevano ben riconoscere il volto di Gesù! Perché mai creare un’immagine che si distingue a malapena? L’immagine inoltre è una perfetta proiezione orizzontale del corpo nudo di un uomo ed è creata non da pigmenti di colore ma da una leggera ossidazione della parte superficiale delle fibre; il sangue scorre nella giusta direzione, le ferite del flagrum corrispondono a quelle di un flagello romano, quelle dei polsi sono corrispondenti alle caratteristiche della crocefissione romana. L’escoriazione dorsale corrisponde a quelle provocate dal legno trasversale del patibolo e non dalla croce intera come vediamo rappresentata in tutta l’iconografia. L’immagine digitale della moneta che chiudeva uno degli occhi del cadavere corrisponde a una moneta di Pilato ed è epigraficamente corretta. Inoltre, il fatto che sia un negativo fotografico sette secoli prima dell’invenzione della fotografia; che il corpo dell’uomo crocefisso sia inchiodato nei polsi e non nei palmi delle mani; che la corona di spine sia una specie di cappello e non di serto come è rappresentato in tutte le immagini. Come poteva un falsario medievale creare un simile documento? Come avrebbe mai voluto tanto crudo e autentico realismo? Non ne aveva le conoscenze né le capacità a quanto sappiamo. È giusto pretendere che vengano rivelate tutte le fasi delle analisi e farne oggetto di valutazione in un consesso scientifico più ampio. Ma si può anche procedere ad una nuova analisi su nuovi campioni osservando tutti, ma proprio tutti i suggerimenti e seguendo un protocollo approvato da un intero convegno di specialisti. In attesa che ciò avvenga continueremo a confrontarci con l’enigma.