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 2015  giugno 22 Lunedì calendario

Conosci la Spuma? Se hai meno di quarant’anni, probabilmente no. È una bibita analcolica, realizzata miscelando acqua gassata, zucchero e aromi vari. Era la bibita più diffusa in Italia, almeno al Centro-Nord prima dell’arrivo delle multinazionali delle bevande gassate. Ora è tornata di moda. E costa troppo cara

Conosci la Spuma? Se hai meno di quarant’anni, probabilmente no. È una bibita analcolica, classificata tra i «soft drink». La si realizzava miscelando acqua gassata, zucchero e aromi vari. Si usano infusi come scorza di arancia, vaniglia, rabarbaro, spezie. Era la bibita più diffusa in Italia, almeno al Centro-Nord prima dell’arrivo delle multinazionali delle bevande gassate. Fa parte di quei prodotti estinti, o che sopravvivono ai margini del grande mercato globale invaso dai nuovi brand.
Il termine sembra che venga dall’inglese «soda», perché questa bevanda aveva le bollicine. C’erano sino a un paio di decenni fa diversi produttori sparsi nella Penisola, e il loro mercato era prevalentemente locale. Il primo a commercializzarla, e forse a inventarla, è Paoletti Bibite di Ascoli Piceno negli Anni Venti (1925). Esiste ancora e produce vari gusti: spuma bionda, tonica, gassosa, chinotto, cedrata, pompelmo, aranciata.
Il suo packaging attuale è vintage; allude al periodo in cui la bibita è stata creata. L’etichetta reca una pin-up dal nome programmatico: Tina Frizzantina. Ho un preciso ricordo della spuma che si beveva in casa dei miei nonni; due soli gusti: bionda e scura. C’era anche il ginger, ma a noi bambini non veniva dato. Uno dei produttori era Giommi. Il suo logo raffigurava un viso che schiacciava l’occhio, con lo slogan: «Apri l’occhio, bevi Giommi». E anche Spumador, meno raffinata nel messaggio commerciale, ma altrettanto buona. Bibita «povera» ha fatto la felicità di molti bambini. Si poteva avere anche al bar, un bicchiere alla volta: accessibile a tutti. Si usciva di casa con i soldi contati per un bicchiere di spuma all’oratorio dopo la partita a calcio. Quando si ordinava, il barista chiedeva: «A che gusto?». Aveva a disposizione almeno tre bottiglie aperte da versare a richiesta. Gli adulti usavano la spuma per allungare il vino, anticipando in questo modo lo Spritz: una sua versione popolare. In alcune parti d’Italia la Spuma era chiamata «gassosa». C’erano anche i gadget, anticipazione di un merchandising che poi si è esteso a dismisura: apribottiglie, portacenere, portachiavi, adesivi. La Spuma era un prodotto artigianale, ma molto attento al gusto e alle abitudini dei suoi consumatori. Con l’avvento del famoso «chilometro zero», non è escluso che risorga. Quello che un tempo compravamo a modici prezzi oggi, rifatto e risistemato, lo paghiamo, e lo pagheremo, caro. Il progresso è anche questo.