La Stampa, 22 giugno 2015
«Attenti alla mafia a Ostia. Lì gli incendi non sono tutti uguali». L’ultimo allarme è di Sabella, l’assessore alla legalità e trasparenza della giunta Marino. Incendi, racket, affari sul litorale: viaggio nel centro della mala
C’è una frase che non riesce a cancellare, e che ripeterà più volte per spiegare la sua Ostia: «Una delle prime sera è venuto in ufficio un commerciante che mi ha sussurrato:”Vogliono portarsi via il mio sudore”. Qualcuno gli aveva fatto delle richieste indecenti».
Alfonso Sabella, in fila sulla Cristoforo Colombo, a un semaforo rosso, mentre raggiunge «in incognito» il litorale romano in questo week end di acquazzoni e sole estivo dice: «Ad Ostia gli incendi non sono tutti uguali». L’assessore alla legalità e trasparenza della giunta Marino, indicato come papabile futuro vice sindaco di una riformata amministrazione Marino, se prima il Pd di Matteo Renzi non dovesse staccargli la spina, da aprile è il «sindaco» di Ostia.
Il suo cellulare squilla in continuazione. Deve essere un collega di giunta: «Siamo entrati in una lenta e inarrestabile agonia? Non ci voglio credere». Per un palermitano come Sabella – che quando Cosa nostra dichiarò guerra allo Stato (1992-1994) si trovava nella trincea della Procura di Palermo di Giancarlo Caselli -, amministrare oggi Ostia è come viaggiare indietro nel tempo. «I Fasciani, gli Spada, i Triassi. Sono le famiglie mafiose di Ostia. Imprenditori e trafficanti, spacciatori e usurai. Quando Pasquale Cuntrera, boss di Siculiana, scappò dal carcere di Parma, nel 1997, lo intercettai in Spagna mentre parlava con i Triassi di Ostia».
Ragiona Sabella: «La domanda che dovremmo tutti porci è semplice: in questi anni dov’erano la politica, la magistratura, la polizia giudiziaria? Perché abbiamo dovuto aspettare il procuratore Giuseppe Pignatone o il poliziotto Renato Cortese per scoprire l’esistenza della mafia ad Ostia?».
Dunque a Ostia c’è incendio e incendio. Si appicca il fuoco all’edicola della militante del Pd perché dei giovani suoi compagni di partito vorrebbero rilevare e gestire una palestra sequestrata da Sabella (che diventerà la “palestra della legalità”) a una delle tre famiglie mafiose di Ostia, il clan Spada. E per non essere equivocati, insieme all’incendio è arrivato anche un messaggio postato su Facebook: «GD (Giovani democratici,ndr) pensate veramente che vivrete bene? Nelle borgate ci sono alcune cose che si possono fare alcune no, sarete considerati degli infami». Poi c’è l’incendio dell’ufficio circoscrizionale che conserva tutte le copie delle licenze, delle convenzioni, delle 71 concessioni dei chioschi e degli stabilimenti balneari.
Da quando si è insediato, il «sindaco» di Ostia (il presidente del Municipio, Pd, si è dimesso a marzo ed ora ė ai domiciliari per la seconda retata di Mafia capitale), ha mandato le ruspe che hanno iniziato ad aprire brecce in quelle recinzioni in muratura lato terra degli stabilimenti, che le stesse concessioni vietano. Praticamente tutti, o quasi tutti gli stabilimenti saranno interessati alle demolizioni. A Ostia non si vede il mare. Gli stabilimenti e i chioschi sono in parte di imprenditori corsari, e forse anche di prestanomi delle famiglie mafiose.
E poi c’è l’incendio dei resti della scuola materna «Do re mi diverto», dietro l’ex Colonia marina Vittorio Emanuele III, che come un miracolo è riuscita a sestuplicare la presenza di amianto. Paolo Cafaggi, direttore dell’ufficio tecnico di Ostia, ha ordinato lavori di somma urgenza per 908.000 euro per smaltire ben 6.600 metri quadri di Eternit. La Caritas si era impegnata a smaltire quei resti di scuola materna in cambio del suolo per costruire una nuova mensa.
Ostia, un municipio che comprende anche Casal Palocco, Infernetto, Acilia, la tenuta di Castelporziano raggiungendo d’estate mezzo milione di abitanti. Sabella parcheggia accanto a un cumulo di detriti. Siamo all’Idroscalo. La lapide che ricorda il luogo dove fu ucciso Pier Paolo Pasolini. L’Idroscalo per un pezzo del Paese è stato l’inferno. «Quando penso alla mafia di Ostia – commenta Sabella – vedo l’Idroscalo. Una irresponsabile è cattiva leva di amministratori ha consentito che spuntassero, insieme a cantieri delle imbarcazioni di lusso, case di povera gente, insediamenti Rom, catapecchie abusive dove vivono duemila anime maledette. Se il Tevere dovesse straripare e invadere questa città nella città, con chi ce la dovremmo prendere? Io non ci dormo la notte pensando a quello che potrebbe accadere ma soprattutto a quello che dobbiamo fare».