Il Sole 24 Ore, 22 giugno 2015
Taglio agli affitti pubblici, ultima chiamata. Ministeri ed enti statali hanno fino al 30 giugno per mettere a punto il nuovo piano di razionalizzazione degli spazi. Obiettivo: ridurre nel giro di tre anni la spesa del 50% e tagliare gli spazi a disposizione dei dipendenti fino a centrare il parametro “ottimale “ di meno di 25 metri quadri per addetto
Ultima chiamata per il taglio agli affitti pubblici. Ministeri ed enti statali hanno poco più di una settimana di tempo – fino al 30 giugno per l’esattezza – per mettere a punto il nuovo piano di razionalizzazione degli spazi. Con due ambiziosi obiettivi: ridurre nel giro di tre anni la spesa per le locazioni passive (ovvero gli affitti) del 50% rispetto ai valori registrati nel 2014 e tagliare gli spazi a disposizione dei dipendenti fino a centrare il parametro “ottimale “di meno di 25 metri quadri per addetto.
Chi salta l’appuntamento di fine mese rischia conseguenze pesanti. Al rispetto della scadenza del 30 giugno, infatti, è collegata una sanzione: chi non presenta il piano – o non centra gli obiettivi di risparmio – si vedrà tagliare dall’Economia i fondi per le spese correnti. In misura equivalente ai mancati risparmi.
L’immane sforzo in partenza è la conseguenza dell’ultimo giro di vite sulla spesa pubblica per gli immobili imposto dal governo Renzi, con il decreto Irpef (Dl 66/2014). Il provvedimento, appunto, ha fissato al 30 giugno prossimo la scadenza per tutte le amministrazioni statali per consegnare all’agenzia del Demanio un piano di razionalizzazione degli uffici, naturalmente in chiave di spending review. In pratica, le amministrazioni statali dovranno riuscire a indicare le sedi in affitto che possono essere gradualmente liberate fino a dimezzare i costi, con il contestuale trasferimento in altri immobili pubblici. Senza timore di condividere con altri enti spazi e pareti.
Al Demanio lo chiamano “modello Chieti”, dal nome della prima città che sta sperimentando la razionalizzazione: qui in un’ex caserma si stanno concentrando gli uffici di Entrate, Dogane, Monopoli e presidi delle Forze dell’ordine con un investimento di 30 milioni da ammortizzare con un risparmio dei canoni di oltre due milioni all’anno. Per favorire questo tipo di operazioni è disponibile un Fondo con una dotazione di 20 milioni di euro.
Ma la cura dimagrante riguarda anche gli spazi a disposizione dei burocrati. Il parametro a cui riallinearsi va dai 20 a un massimo di 25 metri quadri per addetto, calcolati sommando sia gli uffici veri e propri che gli archivi, le mense e le biblioteche.
Secondo il censimento realizzato dal Demanio, soltanto la metà degli uffici pubblici è già allineata con questo valore. In particolare, sui 18,7 milioni di metri quadri occupati da ministeri, caserme, carceri e altri uffici statali solo 9,6 milioni hanno gà un rapporto inferiore ai 25 mq per addetto. Un altro 9% (1,6 milioni di mq) è appena sopra (tra 25 e 30 mq per addetto), mentre il 23% è nella fascia più “comoda” (oltre i 30 mq). Resta, poi, un corposo 17% (oltre tre milioni di metri quadri) per il quale il parametro non si conosce.
Sulla riduzione degli spazi il Demanio ha presentato le prime “proiezioni”: la dieta potrà riguardare, di fatto, solo 3,7 milioni di mq su nove. Gli altri, infatti, sono occupati da servizi e funzioni non comprimibili, come, per esempio,le carceri o i presidi di pubblica sicurezza.
Ma quanto vale l’operazione? Anche in attesa di conoscere i dettagli dei piani di razionalizzazione presentati e in arrivo, grazie alle banche dati del Demanio è già possibile fare alcune stime. Al momento, la spesa per le locazioni passive sfiora ancora il miliardo: per l’esattezza si spendono 915 milioni ogni anno. Di questi solo il 30% è considerato materialmente “aggredibile”: di fatto, cioè, secondo l’agenzia guidata da Roberto Reggi il dimezzamento degli affitti potrà avvenire dal prossimo anno solo su 303 milioni di canone, con un risparmio quindi a regime pari a circa 150 milioni annui. Che si vanno ad aggiungere ai 66 già portati a casa negli anni precedenti (si veda il grafico a fianco).
A condizionare il risultato pesa soprattutto la quota di locazioni, esplosa con le cartolarizzazioni dell’era Tremonti (fondo Fip e Patrimonio 1). I contratti d’affitto degli immobili conferiti, infatti, sono “blindati” fino al 2023 e fino a quella data continueranno a pesare sulle casse pubbliche per 250 milioni l’anno.