il Fatto Quotidiano, 19 giugno 2015
Anche i figli adottivi potranno conoscere le loro origini. La Camera ha approvato il disegno di legge che consente loro di rivolgersi al tribunale per ottenere informazioni sui genitori biologici, ma solo se la madre ha revocato la volontà di anonimato o se è deceduta
La Camera ha approvato il disegno di legge che consente ai figli adottivi di tentare di conoscere le loro origini. L’aula di Montecitorio si è espressa con 307 voti a favore e 22 contrari, relatore del ddl è stato il democratico Giuseppe Berretta. Con il testo che ha avuto il via libera di Montecitorio, si modifica l’articolo 8 della legge del 4 maggio 1983, in materia di accesso del figlio adottato e non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità: ora passerà al Senato.
Secondo il Comitato per le origini biologiche sarebbero circa 400mila i cittadini che vorrebbero “ricostruire la propria storia identitaria”. Ad oggi, un figlio adottivo, secondo la Corte di giustizia europea, una volta compiuti venticinque anni, ha sempre e comunque il diritto di provare a conoscere la madre che lo ha partorito ma in Italia fino a ieri per la legge vigente, non era così.
Il vero assente, nel testo resta il padre che non viene neppure citato.
Il provvedimento regola il “diritto di interpello” a favore del figlio per verificare se la madre intenda mantenere ancora la segretezza e interviene anche sulle norme che regolano l’adozione.
I tratti distintivi del disegno di legge sono l’introduzione di un concetto, peraltro suggerito dalla Corte costituzionale, che aveva dichiarato incostituzionale la normativa in corso. La legge approvata dall’Assemblea parlamentare, secondo la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio Donatella Ferranti, “colma un vuoto legislativo conciliando due diritti fondamentali: quello della madre biologica di scegliere di mantenere la segretezza e quello del figlio di sapere chi lo ha generato”.
Anche i figli non riconosciuti alla nascita quindi, al compimento dei diciotto anni, potranno rivolgersi al tribunale dei minori per ottenere informazioni sui genitori biologici e avranno il diritto di farlo una sola volta nella loro vita.
L’accesso alle informazioni, come specificato nel provvedimento legislativo, non legittima azioni di Stato e neppure istituisce eventuali diritti a rivendicazioni di natura patrimoniale o successoria, ma è consentito sia nei confronti della madre che abbia successivamente revocato la volontà di anonimato, che nei confronti della madre deceduta. Cambia inoltre il regolamento sullo stato civile in relazione alle informazioni da garantire alla donna al momento del parto. In particolare, la madre dovrà essere informata, anche in forma scritta, degli effetti giuridici, per lei e per il bambino: della dichiarazione di non volere essere nominata, della facoltà di revocare, senza limiti di tempo ma anche della possibilità di confermare la stessa dichiarazione di anonimato trascorsi diciotto anni. Si tende quindi a mettere al centro della questione il “permanere della stessa volontà” espressa alla nascita del figlio. Dopo tre anni dall’introduzione della legge, il governo dovrà trasmettere al Parlamento i dati sull’attuazione normativa ma intanto da adesso diventa possibile, se si vuole, riannodare i fili strappati di una comune storia.