Il Sole 24 Ore, 18 giugno 2015
Effetto Podemos sulla Spagna: ora l’Italia è meno rischiosa per gli investitori. I Bonos rendono più dei BTp e la Borsa di Milano (+17% da inizio anno) batte Madrid
«Loro hanno le elezioni, noi ancora no». Sembrerà forse riduttivo riassumere con questa laconica considerazione di un gestore il differente passo che Spagna e Italia mostrano sui mercati di questi tempi. Ma per quanto semplicistica, la spiegazione offerta la dice lunga sull’aria che si respira tra gli investitori e che si traduce in performance relative differenti: sui rendimenti di BTp e Bonos si assiste a una sostanziale rimonta del’Italia, mentre in Borsa da inizio anno Milano batte Madrid +17% a +5%.
Certo, qualcuno potrebbe a ragione far notare che nei 18 mesi precedenti, cioè dall’arcinoto «faremo tutto il possibile» di Mario Draghi, il passo dell’azionario spagnolo era stato ben differente (+70% per l’Ibex contro il +45% del Ftse Mib), ma non si può negare che il vento sia in parte cambiato negli ultimi mesi e che il fattore elezioni abbia giocato un ruolo rilevante, a maggior ragione con gli sviluppi sulla crisi greca. «Da parte dei gestori – conferma Marco Piersimoni, senior portfolio manager di Pictet Am – ormai da tempo c’è la percezione che il rischio nell’investire in Italia e Spagna non sia così dissimile, ma con le elezioni certe in autunno il rischio politico pende più su quest’ultima».
Non c’è però soltanto l’incertezza legata al voto, confermata e semmai acuita dalle difficoltà che tuttora si incontrano nel formare i governi regionali dopo la tornata elettorale di fine maggio, a frenare la rincorsa della Spagna sui listini. Anche sul piano dei fondamentali si può trovare infatti qualche valido motivo: la Spagna, va detto, parte sotto questo aspetto con un vantaggio evidente rispetto all’Italia visto che Madrid stima una crescita attorno al 3% per l’anno in corso, quando dalle nostre parti siamo sempre ancorati al mondo dello “zero-virgola”.«Tutto questo però è già stato in gran parte prezzato dal mercato – sottolinea Fabio Balboni, economista di Hsbc – senza contare che le nostre previsioni sono più caute rispetto a quelle del Governo spagnolo, visto che non ci attendiamo più del 2,7% nel 2015 e del 2% l’anno prossimo: se deve esserci una sorpresa positiva, questa può arrivare dall’Italia, che parte appena da un +0,3% nel primo trimestre».
Insomma, in termini relativi, il nostro Paese riserva attrattive maggiori agli occhi dei grandi investitori, così come in caso di eventuali nuove tensioni potrebbero anche riemergere alcuni elementi di fragilità iberici. «La Spagna è più sensibile ai flussi di capitali provenienti dall’estero rispetto a quanto non sia l’Italia», aggiunge Balboni, che tiene a ricordare le stime Eurostat di fine 2014. L’esposizione netta agli investimenti provenienti da oltrefrontiera era infatti pari al 94% del Pil: un dato molto più vicino a quello della Grecia (122%) che a quello italiano (28%) e che tradisce la potenziale vulnerabilità di Madrid.
A completare il quadro poi, quando ci si riferisce ai soli titoli di Stato, c’è anche qualche notazione di carattere tecnico. Dopo le aste della scorsa settimana, nota UniCredit, l’Italia ha già completato il 54% del suo programma di emissioni a medio lungo termine per il 2015, contro il 55% della Spagna. Entrambe sono leggermente in ritardo rispetto al 2014, ma per il Tesoro italiano la situazione è più favorevole perché nella seconda parte dell’anno giunge a scadenza un quantitativo maggiore di titoli (146 miliardi di euro, il 75% del 2015, contro i 34 miliardi, cioè il 40%, di Madrid) che potrà alleviare le eventuali tensioni sul primario: quando il duello si gioca sul filo dei centesimi, anche questo può fare la differenza.