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 2015  giugno 18 Giovedì calendario

Non solo Ségolène, quei clamorosi scivoloni della diplomazia gastronomica. Capitò anche a Bush padre che appena arrivato alla Casa Bianca offese i produttori di broccoli della California

In tempi in cui con la Francia non va affatto bene, l’Italia riesce a rifugiarsi dietro il più invincibile dei baluardi: la Nutella. Più solido che mai, il brand ha ora sconfitto anche la ministra dell’Ecologia Ségolène Royal, che prima (in Tv) ha accusato la crema spalmabile di responsabilità nella deforestazione del pianeta e poi, su Twitter, ha chiesto scusa. Nel frattempo la First Lady americana Michelle Obama, impegnata nella lotta contro obesità infantile e non, sbarcava a Malpensa per visitare l’Expo. Ad accoglierla la first lady italiana Agnese Landini in Renzi, che all’Expo era intanto già stata e aveva ordinato per sé e i figlioli un’eloquente crêpe alla Nutella. La stessa merenda che si vende negli angoli delle strade di Parigi.
La diplomazia gastrica ha un’imponente tradizione, ed episodi anche recenti clamorosi. Il ventunesimo secolo si era per esempio aperto con il presidente Bush jr che, piccato per la mancata adesione della Francia all’invasione in Iraq, decretò un cambio nel nome delle patatine: da
French fries a Freedom fries. Dieci anni prima il padre del Bush delle Freedom fries pensò di scherzare e disse: «Sono presidente, quindi niente più broccoli», suscitando le più vivaci proteste dei produttori californiani. Ecco, questi sono infortuni e scaramucce. E si sa: gli americani...
Ma oggi la vecchia frontiera tra Ventimiglia e Mentone viene presidiata dalle forze di polizia, e intanto l’Esposizione Universale celebra e rilancia la mitologia contemporanea del “food”. Di conseguenza, scivolare sulla Nutella non pare più un semplice imbizzarrimento della politica-spettacolo.
È tristissimo notare come il montare dell’onda antieuropeista, e il goffo affannarsi di chi vorrebbe andarle dietro per smorzarla, rimettano in circolazione spocchie e stereotipi che lo spirito di Altiero Spinelli avrebbe voluto seppellire. Non manca molto a che qualche leader racconti una barzelletta che incominci: «Dunque, ci sono un inglese, un tedesco, un francese, uno spagnolo e un italiano...». E ci si attacca a tutto: Asterix e Materazzi, i poveri e disperati profughi e la Nutella.
In quanto a quest’ultima, l’episodio è certamente veniale – specie se paragonato a quanto d’altro inquieta i ministri degli Esteri del globo, e gli europei in particolare. Ma pure la gaffe è ben più maldestra delle precedenti dei Bush. Nel richiamarsi a un orgoglio nazionale pur mascherato da preoccupazione ecologista globale, ha sottovalutato la potenza di un brand che i suoi conflitti globali li ha sempre vinti tutti, su entrambi i piani: il commerciale e il simbolico. Nel mondo d’oggi, ai profughi si vedrà, ma ai marchi si chiede scusa. In secondo luogo ha trovato fra deforestazione e produzione alimentare uno di quei nessi causali che quando non sono proprio ben documentati assomigliano subito alle elucubrazioni sulle scie chimiche e sui vaccini che provocano autismo. Argomenti non proprio degni di una ministra dell’Ecologia, almeno fino a quando il potere non verrà preso dai più fantastici pallonari che la Rete ha reso tanto contagiosi.
Se volessi recarsi alla Canossa di Rho-Fiera, la prestigiosa esponente socialista potrebbe fermarsi ad Alba a chiedere scusa personalmente ai produttori. In quel caso la sua auto dovrebbe passare da Asti e lì avrebbe anche l’occasione di salutare Paolo Conte, un genio italiano assai francofilo, che ha spiegato bene e per tempo cosa succede quando putacaso gli italiani vincono, i francesi si incazzano e, inevitabilmente, i giornali svolazzano.