Corriere della Sera, 18 giugno 2015
Sono le persone a fare le città o sono le città a fare le persone? Ecco i mille tic linguistici del milanese imbruttito raccolti in un piccolo libro intelligente e divertente
Sono le persone a fare le città o sono le città a fare le persone? Se lo chiede Renzo Piano nell’intervista che potrete leggere domani sul Corriere, e la risposta potrebbe essere: le città sono ambienti, e l’ambiente conta. Scrivo da Genova, e ogni volta penso al processo che conduce un neonato a pronunciare il suo primo «Belin!». Ascolta, assorbe, s’adegua. Che venga dalla Siria o da Siena, cambia poco. È un piccolo genovese.
Ecco perché mi ha divertito Il Milanese Imbruttito (Rizzoli). È un libretto orizzontale da autogrill e cassa dell’ipermercato (lo dico con rispetto, anche lì si combatte la battaglia di carta). Non compare il nome dell’autore, in compenso ci sono gli adesivi. E alcune intuizioni. Chi l’ha scritto ha ascoltato una certa Milano che parla.
È vero che il Milanese Imbruttito ti dà un passaggio solo se sei di strada («Dov’è che abiti? Lambrate? No, guarda, prenditi un taxi»).
È vero che non applaude mai dopo l’atterraggio («Sta facendo il suo lavoro. Perché dovrei applaudire? Quando entro in ufficio non ho mai sentito mezzo applauso»).
È vero che ordina il caffè con la bustina di zucchero in mano e al ristorante, se aspetta un piatto più di quattro minuti, pensa si siano dimenticati. Poi non chiede il conto: mima il gesto della firma.
È vero che non ha impegni, ma «sbattimenti» e dice «Ma ti pare?» duecento volte al giorno.
È vero che «visualizza ma non risponde» («Mollatemi con ’sti gruppi e tutte le menate che girano su WhatsApp!»)
È vero che è sempre «operativo», dice «ci riaggiorniamo!» e non ha il coraggio d’ammetterlo: non passa («Al massimo vi raggiungo dopo»).
È vero che usa il plurale per delegare («Allora sistemiamo la presentazione, poi spostiamo l’appuntamento delle 14 e organizziamo una call per domani...»).
È vero che dice «l’altro giorno» anche quando si tratta di un mese fa.
È vero che si arrabbia con chi rallenta («Cazzofrenicheèverde?!»)
È vero che non sopporta quando gli chiedono se sta uscendo dal parcheggio («No, guardi, ho acceso la macchina perché non avevo un cacchio da fare»).
È vero che aggiunge l’aggettivo «tattico» per elogiare i suoi accessori («Auricolare bluetooth tattico zerosbatti, occhiale tattico per la moto...»)
È vero che i Milanesi non sono tutti così, per fortuna.