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 2015  giugno 18 Giovedì calendario

Sergio Romano ripercorre brevemente la vita di Tareq Aziz, il cattolico di Saddam. Uno dei volti più noti del regime che resta per molti aspetti difficilmente decifrabile

È morto a 79 anni Tareq Aziz che era è stato ministro degli Esteri iracheeno durante la prima guerra del Golfo. Allora veniva considerato, grazie alla sua fede cristiana, uomo moderato e tollerante. Ora leggo che aveva in programma di uccidere molte persone e per questo era stato incarcerato. Per questo la sua non sarebbe stata tolleranza bensì mistificazione. Ma esistono opinioni diverse. Per quanto riguarda Saddam Hussein, ho trovato il libro di Valeria Poletti dal titolo «L’impero si è fermato a Bagdad», nel quale la versione occidentale del rais colpevole di infinite nefandezze viene ribaltata e la sua impostazione politica a favore del suo popolo riabilitata. Che cosa ne pensa?
Antonio Fadda
antonio.fadda@virgilio.it

Caro Fadda,
Uno dei volti più noti del regime di Saddam Hussein resta per molti aspetti difficilmente decifrabile. Sappiamo che Tareq Aziz era nato nei pressi di Mossul, in una famiglia di cattolici caldei, che il suo nome alla nascita era Mikhail Yuhhanna, che si era diplomato in un Collegio delle Belle Arti all’Università di Bagdad, che aveva entusiasticamente abbracciato la causa socialista e nazionalista del partito Baath, ma era fermamente contrario alla sua corrente filo-comunista.
Negli anni in cui il Baath cominciava ad affermarsi come la maggiore forza politica del Paese, Tareq Aziz diresse un giornale e cominciò probabilmente a stringere rapporti di amicizia con Saddam Hussein. Quando questi s’impadronì del potere, era già uno dei suoi collaboratori preferiti: una «mosca bianca» in un ambiente quasi interamente occupato dai cugini tribali di Tikrit, città natale del rais. Forse, secondo un necrologio del Guardian, Saddam lo volle accanto a sé perché un cristiano non aveva generalmente una base politica e clientelare a cui appoggiarsi. Sappiamo che Aziz sfuggì a un attentato nel 1980 e che quella uccisione mancata provocò una sanguinosa caccia agli sciiti. Fu questa la ragione per cui, dopo la guerra americana del 2003, Tareq Aziz divenne il 43° personaggio nel mazzo di carte, composto da 53 «criminali di guerra», che le forze d’occupazione dovevano catturare? Fu questa la ragione per cui, dopo due pene iniziali (a 15 anni la prima, a 7 anni la seconda), fu condannato a morte?
Credo che Saddam Hussein lo tenesse in buona considerazione perché Tareq Aziz gli diceva ciò che il dittatore iracheno desiderava sentire. Il suo ministro degli Esteri aveva ragione quando gli disse, nel 1980, che la guerra contro l’Iran non sarebbe spiaciuta agli occidentali, troppo preoccupati dalla politica del nuovo regime che si era installato a Teheran dopo rivoluzione iraniana. Ma ebbe torto quando disse a Saddam che altrettanto sarebbe accaduto dopo l’occupazione irachena del Kuwait nel 1990. Sappiamo che il presidente George H. W. Bush non accettò il fatto compiuto e guidò la coalizione che avrebbe costretto Saddam Hussein ad abbandonare il Kuwait. Quanto alla responsabilità di Tareq Aziz nell’ultima guerra, l’ex ministro degli Esteri risponderebbe probabilmente che gli americani avevano deciso di farla e che ogni tentativo di evitarla sarebbe fallito.