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 2015  giugno 18 Giovedì calendario

Ogni comandante ha il suo esercito. Ecco qui quello di Vasco. A San Siro con il Gallo-decano, il chitarrista californiano e la vocalist «Ferrari del rock». «Questa band è al passo coi tempi. E funziona come una squadra di calcio. Ci sono le punte ma anche la difesa e il centrocampo: ognuno ha il suo ruolo, senza delusioni o sindacalismi», parola dello storico produttore del Blasco Guido Elmi

Ogni comandante ha il suo esercito. E il Kom ha la sua band. Vasco porta in giro per l’Italia il suo tour: canzoni, emozioni, decibel e con quello anche le storie dei suoi otto musicisti. Ieri tutto questo ha riempito San Siro. Dello stadio milanese Vasco ormai ha le chiavi. Con quelli di ieri e oggi (sold out, 60 mila persone a serata) siamo a quota 23 show in carriera al Meazza.
Concerto di metallo. La scenografia è dominata dal ferro: il palco sembra la pancia di un’astronave. Metallo anche nella musica. È la passione di Guido Elmi, produttore che sta con Vasco dal 1979 (tranne una breve pausa a cavallo fra gli anni 80 e 90 per dare vita alla Steve Rogers Band) e che l’anno scorso ha impresso una svolta heavy al suono. Evidentissima sin dall’inizio dello show. «Sono innocente», «Duro incontro» e la nuova versione di «Deviazioni» sono un pugno. «Questa band è al passo coi tempi. E funziona come una squadra di calcio. Ci sono le punte ma anche la difesa e il centrocampo: ognuno ha il suo ruolo, senza delusioni o sindacalismi», racconta Elmi che ha appena lanciato anche un progetto in cui per la prima volta fa il cantante. Ma questa è un’altra storia.
Il centravanti del gruppo è Stef Burns, chitarrista californiano. Lavorava con Alice Cooper quando Vasco è andato negli Usa nel 1992 a registrare «Gli spari sopra» e lo ha voluto con sé. «Ho una meravigliosa vita per metà italiana. Che va oltre la musica: anche la mia famiglia è qui e ci dividiamo fra Milano e San Francisco». Stef ha sposato l’ex velina Maddalena Corvaglia. «L’ho conosciuta nel backstage di un concerto di Vasco di cui lei è fan». E mostra una collana tipo piastrina militare che la ha «rubato» per l’occasione: l’incisione è il testo di «Un gran bel film». Per lui lasciare l’America non è stato un salto nel vuoto. «Non ero un americano venuto a suonare per un italiano. Ero qui per Vasco. Un altro livello. Dal palco vedo gente che canta parola per parola, ex e oh compresi. Manco con gli Stones succede».
Il capitano di lungo corso è Claudio Golinelli, per tutti «il Gallo». Il bassista è con Vasco dall’81 (anche lui con lo stop della Steve Rogers Band): fare sornione da gatto e un look zingaresco alla Keith Richards. Se la gioca a longevità con Andrea «Cucchia» Innesto arrivato nell’85 ma da allora sempre fedele. «Ho vissuto tutta la crescita di Vasco, quasi senza rendermene conto. È un catalizzatore di energia», dice il sassofonista.
La vecchia guardia, ma anche le (quasi) matricole. Will Hunt, batterista che pesta come se non ci fosse un domani, è arrivato l’anno scorso. Era negli Evanescence. «Nei nostri tour mondiali ho suonato in festival davanti a 80-100 mila persone. Ma non erano tutti per noi. Qui ho sentito la differenza di avere tutto lo stadio per te. Vasco ha un’attitudine punk e la sua musica mi ha fatto capire che il rock trascende le barriere nazionali». Con lui nel tour del 2014 è arrivato anche Vince Pastano. «Siamo una bilancia: la follia musicale del Gallo e Cucchia, il mio eccessivo equilibrio, la professionalità di Stef». Lui era un fan di Vasco e Burns. «Tengo la sua chitarra bassa in cuffia altrimenti mi incanto. E l’anno scorso su “Sally” (arriverà nei bis, ndr ) a San Siro Vasco mi ha lanciato uno sguardo così forte da farmi piangere sul palco».
Insomma, Vasco visto da dietro invece che davanti. «Non cambia nulla, è un uomo a tutto tondo», ride Frank Nemola (tromba). Lui è il gigione del gruppo. Ieri ha preso spunto dal mal di schiena del tastierista Alberto Rocchetti, pizzetto arancione, per abbinare a ciascuno dei compagni di palco un personaggio del Gruppo Tnt. Rocchetti, bloccato sulla sedia a rotelle, si è preso il soprannome di Numero 1, il vecchio della banda disegnata da Magnus e Bunker negli anni 70.
In mezzo a tutti gli uomini c’è Clara Moroni. Il Kom l’ha soprannominata «la Ferrari del rock». «Vasco avrebbe potuto fare l’attore per come interpreta le canzoni e per come sa stare sul palco». Cappellino e giubbino rosso Vasco il palco lo conosce bene. Dopo la partenza a mille rallenta con «Guai» e «Blues di una chitarra sola», prima di staccare la spina per un intermezzo acustico con «Nessun pericolo per te», «E…», «Luna per te» e «La noia».
La seconda parte del concerto corre sul filo della memoria e delle hit di una carriera da 17 album in 37 anni. E si torna al rock più intenso. L’esercito cambia, il Komandante no.