la Repubblica, 17 giugno 2015
Intervista a Christian Thielemann, il dio della musica tedesca, l’uomo che avrebbe dovuto dirigere i Berliner, ma che per alcune sue dichiarazioni islamofobe è stato considerato politicamente imbarazzante. Ma ora ricomincia da Wagner, con “Tristano e Isotta”
Senza risparmio di toni enfatici, diciamo subito che il direttore d’orchestra Christian Thielemann è l’attuale dio della musica tedesca. Non c’è un maestro della stessa generazione in grado di competere, nel repertorio germanico, con questo solido e brillante musicista, nato a Berlino nel ’59 e già passato attraverso vari incarichi di prestigio. Lungo una carriera precoce, ha guidato alcuni tra i massimi teatri del suo Paese (l’Opera di Düsseldorf e di Norimberga, la Deutsche Oper berlinese) e orchestre d’eccellenza quali la Filarmonica di Monaco di Baviera (fino al 2011) e la Staatskapelle di Dresda, che conduce dal 2012. Plasmato dalla stessa linfa culturale di Nikisch, Furtwängler e Karajan, come dire il massimo della tradizione teutonica, oggi Thielemann è una figura di spicco a Salisburgo e a Bayreuth.
In lui si esprime musicalmente un mondo che lo renderebbe il leader “naturale” della formidabile Filarmonica di Berlino, messa davanti al compito di scegliere chi prenderà il posto del suo direttore Simon Rattle. Ma sembra che siano state proprio le controversie su Thielemann, definito “politicamente imbarazzante”, a far affondare nel nulla il meeting segreto dal quale, poche settimane fa, sarebbe dovuto uscire il nome del futuro capo dei Berliner. D’altronde le sue dichiarazioni “scorrette”, in particolare per una città progressista come Berlino, hanno già nuociuto spesso alla sua ascesa: «Il musicista che tiene un busto di Federico il Grande sulla scrivania è
un prussiano dalle opinioni robuste», ha scritto il Telegraph.
No comment, dopo la mancata elezione, da parte di Thielemann, il quale ora è in procinto d’imbarcarsi nelle prove del Tristano e Isotta che debutterà il 25 luglio a Bayreuth, «dove non ho mai diretto quest’opera», riferisce al telefono nel suo ottimo italiano. Durante l’intervista non vorrà pronunciarsi sul tasto spinoso dei Berliner. Quanto alle accuse di sciovinismo e islamofobia che gli ha rivolto la stampa tedesca, sostiene di essere stato travisato: «Ho detto solo che non dobbiamo rinunciare alla nostra libertà di parola di fronte al terrorismo, e che se in molti scendono in piazza per protestare contro la violenza islamica bisogna almeno chiedere loro perché lo fanno». In compenso è lieto di parlare di Tristano e Isotta, già diretto con successo a Vienna e a Berlino.
Adesso, maestro, lei interpreterà quest’opera nel regno di Wagner.
«È il titolo wagneriano più difficile. Un’intensità ardente vi brucia dentro e ciò richiede al direttore molta cura negli equilibri. La musica seduce e porta a dare il massimo, montando da zero a mille. Ma è come affrontare una maratona: non si può spingere tutte le energie. Bisogna calcolare i punti in cui ricaricarsi».
Il pubblico del festival di Bayreuth l’adora.
«Vi ho diretto per 137 volte: sono al quarto posto nella classifica dei maestri che vi hanno diretto di più! Arrivano spettatori competenti soprattutto nelle repliche, mentre la prima serata è dominata dai politici...».
… con Angela Merkel in prima fila.
«La conosco bene, a volte ceniamo insieme a Berlino. È una persona simpatica e semplice e un’appassionata di musica. Viene ad ascoltarmi anche a Salisburgo, dove volle assistere a una prova generale, con molte interruzioni, della Donna senz’ombra. Durò sette ore e lei restò tutto il tempo. Un miracolo, visti i suoi impegni. La musica la rilassa, dice. A me fa l’effetto contrario».
Ha punti di riferimento nell’interpretazione wagneriana?
«Ho ascoltato Karajan anche dal vivo e conosco le incisioni di Furtwängler e Knappertsbusch. Si dice che i tempi tedeschi siano lenti, invece quelli di Clemens Krauss erano veloci. Ogni capolavoro può essere eseguito in molti modi: conta che vi sia una logica interpretativa e che risulti convincente».
Karajan, di cui lei fu assistente, l’ha molto influenzata?
«Di lui ho ammirato certe cose al cento per cento, come la concezione del suono. Ma si può anche imparare da qualcuno capendo di voler procedere nella direzione opposta».
Cosa può dirci della sua Staatskapelle di Dresda?
«È simile alla Filarmonica di Vienna. Entrambe hanno un suono leggero e al tempo stesso scuro. Questo caratterizza le orchestre che suonano anche per la lirica. Lavorando coi cantanti diventano più elastiche».
Parliamo della sua città, Berlino.
«Porta il carico di una storia complicata. Sappiamo quanto sia stata maltrattata e divisa. Purtroppo non esiste più la borghesia, allontanatasi per via dei russi o cacciata».
Uno dei motivi per cui lei viene etichettato come conservatore è il suo disinteresse per la musica contemporanea.
«Grande sciocchezza. Con i Berliner ho diretto a più riprese musiche di autori del Novecento come Hans Werner Henze».