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 2015  giugno 16 Martedì calendario

Il Viminale espelle sul serio solo un clandestino su cinque. I numeri rivelano che gli Stati dell’Unione attuano solo il 40 per cento delle decisioni di rimpatrio prese, numero che suggerisce una carenza strutturale nell’applicazione delle regole esistenti

L’Europa è la terra da cui non si ritorna, se non si vuole. O quasi. I numeri rivelano che gli Stati dell’Unione attuano solo il 40 per cento delle decisioni di rimpatrio prese contro i clandestini, numero che suggerisce una carenza strutturale nell’applicazione delle regole esistenti.
A scorrere la classifica dei meno risoluti – o meno efficienti – si scopre che l’Italia gravita al 24esimo posto dietro i francesi, coi quali forma una coppia di litigiosi fanalini di coda. Nel 2014 noi abbiamo effettivamente rispedito a casa il 20,9 per cento di quanti avevano un biglietto di sola andata – 5310 su 25.300 -; loro sono giunti al 22,4 – 19.525 su un 86.955 da record continentale, del quale devono probabilmente ringraziare la nostra incuria. Gli inglesi sono al 71 per cento, i tedeschi al 63,9. Si vede chi lavora bene e chi no.
Normale che sulla questione dei rimpatri l’attenzione sia elevata: le statistiche rivelano che i governi non applicano come dovrebbero le regole in vigore. Oggi il tema sarà al centro dell’incontro dei ministri degli Interni Ue, perché laddove l’Europa chiede solidarietà per la redistribuzione di chi ha diritto alla protezione, vorrebbe riuscire ad allontanare come si deve chi non deve restare. Serve per la giustizia del sistema, ma anche per salvare la pelle politica dagli attacchi populisti.
C’è molto da fare. L’Italia che rifiuta sul serio un espulso su cinque preoccupa gli altri Paesi, la temono incapace di gestire la frontiera esterna dell’Unione. Certo i numeri dicono che il governo Renzi caccia in percentuale il doppio degli illegali rispetto al 2009 e 2010 quando era ministro Roberto Maroni, però è una magra consolazione.
Si deve fare di più, vale per noi come per la Francia, che ha un numero di arrivi che è di oltre tre volte superiore a quello gestito dalle autorità del Viminale. Peggio fanno Portogallo (21,33 per cento di espulsi davvero) e Belgio (15,8). Il modello sono i Baltici, che non vogliono la redistribuzione degli asilanti obbligata. In Estonia, Lettonia, e Lituania essere illegale e oltreconfine è tutt’uno: siamo dall’85 per cento in su.
Appare naturale che il vertice Ue del 25-26 giugno consideri di invocare «l’attuazione di tutti gli strumenti per promuovere le riammissioni dei migranti economici illegali nei Paesi di origine e transito». L’Italia che invoca solidarietà è uno dei Paesi che deve meglio ascoltare e il governo ci lavora: proprio ieri il ministro Gentiloni ha siglato un’intesa di riammissione con la Macedonia. In effetti, spiega una fonte Ue, il congegno sta in piedi soltanto se tutti gli altri Stati saranno persuasi che Roma prende sul serio il suo compito di identificazione e «se non lascerà proseguire i migranti attraverso le Alpi l’Europa del Nord». Vuol dire controlli puntuali. E rimpatri veri.