Corriere della Sera, 16 giugno 2015
L’imprendibile «sceicco guercio». L’intelligence Usa ha tentato di eliminarlo, lo ha dato per morto ma lui, Mokhtar Belmokhtar, è sempre riapparso. Era l’obiettivo del raid americano in Libia, ma ancora gli è sfuggito. Storia di un terrorista che però non ha intenzione di sottomettersi al Califfo
Non è per caso che lo chiamano l’Imprendibile. Hanno provato tante volte a eliminarlo e lo hanno dato spesso per morto, ma lui, Mokhtar Belmokhtar, è sempre riapparso. L’intelligence americana è al lavoro per capire se il raid in Libia, condotto da due F-15E, forse decollati da Aviano, abbia ucciso il capo terrorista. I libici di Tobruk ne sono certi. Prudente il Pentagono: è possibile ma non possiamo ancora confermarlo. Fonti locali hanno parlato di 33 islamisti liquidati durante un vertice nei pressi di Ajdabiye, nell’est del Paese. Ma il nome del Guercio, altro alias, non c’era. A conferma della sua storia di ombra sfuggente.
Mokhtar, algerino, sulla quarantina, è un pirata dalle mille vite, abituato a giocare con la morte. A 19 anni è andato a combattere in Afghanistan, dove avrebbe perso un occhio, poi è rientrato in patria unendosi alla colonia «afghana», i veterani che hanno alimentato i gruppi integralisti. Il Fis, il feroce Gia, quindi il Gruppo per la predicazione e il combattimento. Belmokhtar si è presto trasferito nel sud, spaziando tra Mali e Niger, sistemandosi sulle rotte dei tanti traffici. E qui ha creato rapporti solidi con i contrabbandieri (conquistando il soprannome di «Marlboro»). Ha fraternizzato con clan locali pagandone la fedeltà con i dollari dei riscatti e ha anche sposato una maliana.
Le attività criminali si sono affiancate a quelle terroristiche. Sempre nel segno dell’autonomia e dell’ambizione. Belmokhtar non ha mai amato i suoi capi, che lo hanno sempre considerato un ribelle. Al punto da scrivergli molte lettere di richiamo. Nel 2013 gli hanno rimproverato di aver accettato un riscatto troppo basso – 700 mila euro – per un ostaggio canadese e di non aver mai risposto agli ordini.
In effetti Mokhtar, non contento della gerarchia, ha creato la sua fazione, «Quelli che firmano con il sangue». Falange protagonista dell’assalto all’impianto di In Amenas, in Algeria, con decine di tecnici assassinati. Un attacco clamoroso che è stata una sfida al governo ma anche all’emiro qaedista della zona, Abu Zeid, suo grande rivale.
Belmokhtar ha poi aperto un canale diretto con Al Zawahiri, in spregio agli ordini di Abdelmalek Droukdel, guida di Al Qaeda nella terra del Maghreb, e ha spostato alcune unità in Libia. Qui lo hanno avvistato a partire dal 2012, una presenza legata all’acquisto delle armi rubate nei depositi di Gheddafi e al reclutamento. Rafforzati i ranghi della sua «katiba» (brigata), ha manovrato per formare i «Morabitun» avendo sempre in testa operazioni spettacolari. Sulle sue tracce si sono messi i servizi segreti arabi e quelli americani, che hanno offerto una taglia di 5 milioni di dollari.
Le ultime notizie raccontano di una possibile alleanza con l’Isis, una mossa però smentita da Belmokhtar. Difficile che possa accettare di sottomettersi ad un Califfo. Almeno per ora. E sempre che sia in vita.