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 2015  giugno 16 Martedì calendario

In Sicilia i 5stelle fanno filotto nei ballottaggi, mentre il Pd dopo Venezia, Arezzo e Nuoro, perde pure Gela e Augusta. Il Movimento rivendica anche lo storico sfratto dalla rocca di Enna di Mirello Crisafulli. A sconfiggere il «barone rosso» ci ha pensato Maurizio Dipietro, lieto del fondamentale e aperto sostegno del popolo grillino

Dopo aver perso Venezia, dopo le cadute da Arezzo a Nuoro, si rivela deludente per il Pd anche il secondo giorno di ballottaggi. L’appendice elettorale siciliana dove si votava fino a ieri ha segnato brucianti sconfitte per i democrat e una rinnovata vitalità del Movimento 5 Stelle che conquista Gela e Augusta e consente a un fuoriuscito dal partito di Renzi di defenestrare a Enna il «barone rosso» Mirello Crisafulli.
Non c’era riuscito Renzi a farlo fuori dichiarandolo «impresentabile» e negandogli il simbolo di partito. Ha provveduto l’avvocato fuoriuscito dalle stesse fila a notificare con 600 voti di differenza al ballottaggio lo sfratto dal municipio dove il potente e irruente «barone» viene scalzato dal pacato e riflessivo Maurizio Dipietro, lieto del fondamentale e aperto sostegno del popolo grillino.
Lo storico sfratto dalla rocca di Enna è rivendicato da Grillo e dai big del M5S fra le medaglie di una scalata che li vede conquistare con Domenico Messinese e col 65% dei voti Gela, il fortino del governatore Crocetta. Espugnato in modo imbarazzante per chi era certo della riconferma del sindaco uscente Angelo Fasullo e pensava di avere lì lo zoccolo duro del Megafono, la formazione di Crocetta, un po’ partito a sé, un po’ corrente interna al Pd.
Grillo esulta per il «filotto 5 stelle»: dei cinque sindaci del M5S eletti al ballottaggio, due sono in Sicilia. Augusta incorona Cettina Di Pietro, una ragazza lanciata, come capita fra i grillini, senza grande esperienza, ma pronta a sbaraccare tutto ciò che considera «maleodorante passato». Un repulisti orchestrato dal gran condottiero dei pentastellati in Sicilia, Giancarlo Cancelleri, già pronto ad avanzare una sua candidatura a governatore: «Gela libera! Ora Crocetta faccia l’unica cosa per cui varrà la pena ricordarlo: si dimetta!». Una sfida aperta. La seconda, visto che la prima la vinse l’attuale presidente della Regione.
Ma c’è già chi parla di «caduta degli dei» in quest’isola, dopo l’estromissione di Crisafulli e il ridimensionamento di Crocetta. Che s’è affrettato a scaricare la responsabilità sui vertici pd, a cominciare dal sottosegretario Davide Faraone, a cui rimprovera di avere scelto a Gela come candidato il sindaco uscente, fino a un mese fa considerato molto vicino allo steso Crocetta. La querelle offusca il dato più drammatico, la disaffezione dell’elettorato. Alle urne da domenica a ieri pomeriggio si è registrata un’affluenza del 49,9%, 16 punti in meno del primo turno. Tutti capiscono quanta carica di reazione si sia innestata in una Regione con tassi di disoccupazione oltre il 30% scatenando «un voto contro», come sostiene il presidente dell’Udc Gianpiero D’Alia: «Gli elettori puniscono formule politiche confuse e rendite di posizione».
Come dire che governare logora. Forse per questo l’amaro bilancio del Pd è mitigato dai successi in centri da tempo in mano al centrodestra, dalla città del pistacchio a quella del marsala, Bronte e Marsala. Cadono altri «dei» all’ombra dell’Etna, proprio a Bronte crolla il candidato del senatore Giuseppe Firrarello e del genero Giuseppe Castiglione, il sottosegretario nella bufera per il Cara di Mineo. Segno dei tempi. Colto dall’ex segretario del Pd siciliano Giuseppe Lupo, vicepresidente dell’Ars, pronto a mollare il partito di Castiglione: «Piuttosto che aprire a Ncd, dovremmo aprire un confronto con M5S».