Corriere della Sera, 15 giugno 2015
La Grexit del pallone. Ormai tra le pagine economiche, quelle di cronaca e quelle sportive non c’è più spazio per le buone notizie. La Grecia che un anno fa in Brasile si rammaricava per aver fallito l’ingresso nel G8 mondiale del pallone ai rigori, adesso è già abbondantemente fuori dall’Euro. La seconda sconfitta nelle due partite del gruppo F contro le Far Oer è clamorosa. E lascia la nazionale greca all’ultimo posto del girone guidato dalla Romania
«Anche l’umiliazione ha un limite» scrivono i giornali di Atene, con inguaribile ottimismo. Ormai tra le pagine economiche, quelle di cronaca e quelle sportive non c’è più spazio per le buone notizie. La Grecia che un anno fa in Brasile si rammaricava per aver fallito l’ingresso nel G8 mondiale del pallone ai rigori (contro la Costa Rica), adesso è già abbondantemente fuori dall’Euro. Nessuno pensava di poter festeggiare tra un anno una vittoria storica come quella del 2004, ma la seconda sconfitta nelle due partite del gruppo F contro le Far Oer è clamorosa. E lascia la nazionale greca, tra le 8 migliori anche all’Europeo 2012, all’ultimo posto del girone guidato dalla Romania.
La tentazione di vedere un pallone bucato che rotola nella terra bruciata del Peloponneso è forte. Anche se in campo a rimediare l’ultima figuraccia (2-1) nelle remote isolette senza alberi tra Norvegia e Islanda c’erano ben sei giocatori della serie A (più due in panchina), dai romanisti Manolas e Torosidis al portiere dell’Udinese Karnezis, fino alla colonia veronese (Lazaros, Moras, Tachtsidis, Feftazidis): «Con i tatuaggi, il gel nei capelli, contratti enormi e uno stile di vita glamour non riuscite nemmeno a battere le Far Oer. È tempo di fare una vacanza a Mykonos» ironizza un altro quotidiano, scaricando un gruppo che negli anni d’oro aveva fatto della capacità di soffrire in campo, contro avversari più dotati, il suo marchio di fabbrica.
A novembre, dopo la prima sconfitta ad Atene contro le Far Oer era stato cacciato Claudio Ranieri, chiamato a gestire la Grecia dopo l’ottimo quadriennio di Fernando Santos, diventato c.t. del Portogallo che domani sera sfida gli azzurri. È arrivato l’uruguaiano di lungo corso Sergio Markarian, 71 anni, evidentemente incapace di dare una scossa: «Ormai dobbiamo programmare le qualificazioni al Mondiale – dice sconsolato l’ex interista Karagounis, ora direttore tecnico della Nazionale —. Rimanere fuori dall’Europeo è una cosa pessima per il nostro prestigio, ma soprattutto per la nostra sopravvivenza, perché è un ulteriore danno economico».
Perché la Super League greca se possibile è messa peggio della squadra del bomber spuntato Mitroglou o del vecchio mediano Katsouranis, uno dei reduci degli anni eroici. A fine febbraio il governo Tsipras ha sospeso il campionato per la terza volta nella stagione dopo gli incidenti in Panathinaikos-Olympiacos. A marzo è toccato alla coppa nazionale. A inizio maggio sono arrivati gli ultimatum di Fifa e Uefa proprio per le ingerenze del governo – alle prese con la nuova legge sullo sport – nel lavoro della federazione: per questo i club rischiano l’esclusione dalle coppe europee. «Ma la situazione del calcio greco – ha detto il ministro dello Sport Stavros Kontonis – è fuori controllo e non possiamo non intervenire».
Anche perché nel frattempo è emerso dal sottobosco criminale il cartello mafioso che regola il calcio-scommesse, tra corruzione e minacce, spesso concretizzate, anche a colpi di bomba. La procura di Atene ha accusato di corruzione, partite truccate ed estorsione, l’armatore Evangelos Marinakis, numero uno dell’Olympiacos, campione da cinque anni, e altre 25 persone tra cui dirigenti, anche della stessa federazione e arbitri. No, l’umiliazione non ha limite. Almeno non ancora.