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 2015  giugno 15 Lunedì calendario

«Ringrazio Casson per la sua campagna elettorale. E i centri sociali che l’hanno aiutato». Così Luigi Brugnaro, il «campagnolo di Mirano», si è preso Venezia. L’impetuoso imprenditore, patron di Umana nonché re del basket, promette «lavoro e sicurezza per tutti», dice di voler «dare una mano a Zaia e una a Renzi e accoglierà i turisti (20 milioni) con tre card, carte servizi platinum, gold e silver, che daranno diritto a servizi differenziati»

«Ringrazio Casson per la sua campagna elettorale. E i centri sociali che l’hanno aiutato». Luigi Brugnaro esulta: la laguna si tinge di fucsia, il suo colore preferito. Sia pure disamorati, i veneziani hanno scelto di cambiare tutto. E così, l’impetuoso imprenditore, patron di Umana, mette a segno il colpo epocale: strappare Venezia al centrosinistra che la governava da decenni. Appena eletto, Brugnaro il laburista propone «lavoro e sicurezza per tutti». Brugnaro il pontiere annuncia di voler «dare una mano a Zaia e una a Renzi», e propone per Venezia una «conferenza internazionale sull’immigrazione». «Non siamo qui per le vendette – aggiunge – ora si lavora per tutta la città». 
I ragazzi della Reyer, la storica squadra di basket veneziana che Brugnaro ha riportato ai livelli scintillanti della serie A, ci credono ancor prima di lui e invadono il comitato elettorale di Mestre. Lui, veneziano di terra, arriva poco dopo: «Il partito del lavoro ha sconfitto il partito del no». Al termine dello spoglio, Brugnaro è al 53,2 % contro il 46,8% di Felice Casson. Gli elettori del Movimento 5 Stelle, assai corteggiato prima del ballottaggio dai supporter dell’ex pm, sembra abbiano scelto di starne fuori: tra i due turni, a dispetto della perdita di affluenza, Brugnaro guadagna circa 20 mila voti. Casson soltanto mille. 
Alla corsa di Brugnaro da Mirano («il campagnolo», lo chiamavano gli avversari) sono bastati 83 giorni. Il fondatore di Umana è sceso in campo dopo la vittoria alle primarie di Felice Casson, senatore pd dal profilo distante dalla «parrocchia» di partito. Veemente, esuberante, ricco come Creso e incapace di perdere (dicono i suoi), Brugnaro al ballottaggio ha messo in fila le schegge di un centrodestra disperso. La Lega non ha fatto la schizzinosa: si è accordata con lui nonostante la presenza nel gruppo di Area popolare, come dire l’Ncd. Risultato, avrà il vicesindaco: Gian Angelo Bellati. Della futura squadra che affiancherà il sindaco a Ca’ Farsetti, si conosce già qualche altro nome. Non i renziani che potrebbero entrare in giunta ma il tributo (nonostante lui si dica «né di destra né di sinistra») alla politica concreta fatta di accordi. Di certo, ci saranno l’ex presidente della Provincia Francesca Zaccariotto, già leghista poi fuoriuscita, e Renato Boraso, già aspirante sindaco di ceppo Forza Italia. 
Brugnaro pensa a se stesso come all’uomo delle missioni impossibili. E la sua candidatura a sindaco è sia «trasversale» («Non ho problemi ad ammetterlo, Renzi mi piace») che «emergenziale». La sua Venezia sarà, dice lui, «apertissima ai privati» e affronterà la marea dei turisti (20 milioni all’anno) non con un ticket, previsto dall’avversario «statalista» Casson, ma con tre card, carte servizi platinum, gold e silver, che daranno diritto a servizi differenziati. Per dire: pontili di accesso ai vaporetti privilegiati per i turisti platinum. Le grandi navi, accusate dalla sinistra di favorire il turismo mordi e fuggi, non sono criminalizzate. Anche se il canale della Giudecca e il bacino di San Marco dovrebbero, anche con Brugnaro, diventare off limits. L’accusa agli avversari è quella di voler favorire come hub portuale la Trieste di Debora Serracchiani. Tra le passioni del neo sindaco, il Lido: «Dovrebbe essere una vetrina del glamour e invece resta una zona bombardata». 
L’ultima giornata da candidato parte con un giro per la città. Gli avversari lo accusano di aver girato per pasticcerie per offrire la colazione ai veneziani. «Macché – risponde lo staff – giusto un cappuccino con gli amici». Poi, giornata in famiglia. A pranzo, pasta al pomodoro e chianina proveniente da una delle aziende di famiglia, 426 ettari a Chiusi. 
Di certo, tra il primo e il secondo turno si è perso circa il 10% dei votanti, dal 59% del primo a circa il 49%.