Il Sole 24 Ore, 12 giugno 2015
Una girandola di immobili e bond per la Sgr di Alberto Crespi, che gestisce patrimoni per circa 800 milioni e si autodefinisce «un laboratorio in cui si progettano e realizzano strumenti d’investimento personalizzati». Bankitalia mette all’indice le operazioni. Possibile conflitto d’interessi per Filippo Annunziata. Un’inchiesta del Sole 24 Ore
La personalizzazione è uno dei “valori di Sofia”, l’Sgr milanese fondata da Alberto Crespi che gestisce patrimoni stimati in circa 800 milioni e si autodefinisce “un laboratorio in cui si progettano e realizzano strumenti d’investimento personalizzati”.
In un rapporto dell’aprile dell’anno scorso gli ispettori della Banca d’Italia hanno fornito una descrizione diversa. Dopo aver criticato l’acquisto di obbligazioni emesse da una finanziaria lussemburghese che “non risulta aver tenuto debitamente canto dei rilevanti fattori di rischio (di emittente, illiquidità, possibile estensione della data di rimborso e perdita del capitale) che caratterizzano le obbligazioni in questione”, hanno parlato di una “gestione connotata da eccessiva informalità e scarsa attenzione alle operazioni in conflitto”, oltre che di “lacune nel processo di individuazione delle operazioni sospette”.
Per rispondere a queste rilevazioni, Sofia è ricorsa a un luminare del settore, il professore della Bocconi Filippo Annunziata. Ciò nonostante, il 27 gennaio scorso Crespi e gli altri soci fondatori assieme a componenti del Cda e sindaci sono stati multati da Banca d’Italia per un totale di 486mila euro a causa di non meglio specificate “carenze nell’organizzazione e nei controlli interni”.
Il Sole 24 Ore ha voluto approfondire la vicenda e non solo ha scoperto i motivi di quelle multe ma anche potenziali conflitti di interesse riguardanti lo stesso Annunziata.
Continua pagina 33 Claudio Gatti Continua da pagina 29 Al centro di tutto è Sofia Reloaded Real Estate, un fondo comune di investimento immobiliare creato dalla Sgr nel luglio del 2013. Dal rendiconto del 31 dicembre 2014 si apprende che i beni del fondo sono due fabbricati industriali, uno a Piacenza e uno Forlì, una palazzina vicino ai Parioli e una a Cinecittà, un complesso immobiliare nel pieno centro storico di Milano e un podere rurale a Castiglion Fiorentino. Insomma un coacervo di proprietà di ogni genere e diverse destinazioni d’uso.
Sulla strategia di Sofia Reloaded abbiamo chiesto lumi al fondatore della Sgr Alberto Crespi. «La strategia è molto semplice», ci ha risposto. «Avere un fondo immobiliare ci dava la possibilità di risolvere l’esigenza di un cliente che non voleva più gestire determinati immobili e aveva piacere a conferirli all’interno del fondo in cambio di quote per evitare o problemi successori o di svendere l’immobile in un momento in cui il mercato immobiliare era al ribasso».
Sta dicendo che il fondo è stato creato per assorbire immobili potenzialmente problematici di clienti ai quali gestite il patrimonio?
Diciamo che è stato creato come veicolo strumentale per gestire tatticamente gli asset di clienti con patrimonio immobiliare. E ci serviva come leva per sviluppare la parte che ci interessa maggiormente che è quella della gestione mobiliare.
Il mercato come ha risposto alla nascita del fondo?
Ha risposto bene. Abbiamo fatto una buona raccolta.
A me risulta invece che Banca d’Italia abbia criticato proprio le modalità di avvio del fondo e di vendita delle quote.
«Le posso chiedere la cortesia? La faccio chiamare da una persona che ha seguito questa attività, perché io rischio di non essere esaustivo. La faccio contattare dalla persona che le può dare tutti i dettagli del caso».
Poco dopo abbiamo ricevuto una telefonata dal professor Annunziata, al quale abbiamo manifestato le stesse perplessità sulla strategia del fondo.
«È un fondo riservato a investitori istituzionali», ha spiegato il professore. «Non ha quindi una strategia molto stretta, molto precisa come hanno i fondi rivolti al pubblico indistinto. Non so esattamente oggi che immobili abbiano, ma credo siano immobili in parte a uso uffici e in parte a uso industriale… ma anche a uso residenziale».
Ci sono poderi, palazzine, fabbricati… non se ne capisce la strategia.
Questo è un fatto abbastanza frequente nei fondi che hanno una strategia molto diversificata, fondi che nascono con strategie opportunistiche e investono in immobili magari con caratteristiche diverse ma che presentano possibilità interessanti. Sono prodotti destinati a investitori professionali che colgono opportunità immobiliari non necessariamente riconducibili a uno schema. Ma pur essendo stati Sgr e fondo abbondantemente visitati dalle autorità di vigilanza, il profilo da lei rilevato non è stato considerato un aspetto critico.
E quali sono stati gli aspetti critici?
In gran parte si tratta delle classiche richieste che Banca d’Italia fa in sede ispettiva, che puntano a un rafforzamento dei controlli. Si tratta di richieste piuttosto ricorrenti.
C’è la questione dei quotisti: chi ha comprato le quote del fondo?
Questo io non lo so, purtroppo.
La sua consulenza è servita a rispondere alle osservazioni di Banca d’Italia, quindi sicuramente ha letto il rapporto sugli accertamenti ispettivi.
Certamente.
E non si ricorda il riferimento alla lussemburghese Tre International Sa?
Ah, sì… certo… la Banca d’Italia si è occupata di questa vicenda perché sostanzialmente il patrimonio del fondo è stato utilizzato per sottoscrivere delle obbligazioni ritenute non allineate al profilo di chi ha investito.
Veramente è stato usato il patrimonio gestito dalla Sgr, non quello del fondo.
Il patrimonio gestito dalla Sgr è il patrimonio del fondo.
Il patrimonio del fondo è una cosa, quello dell’Sgr un’altra. Quest’ultima gestisce il patrimonio dei clienti. Mi paiono due cose distinte.
Sì, lei ha ragione… uno dei rilievi della Banca d’Italia è stato che i patrimoni gestiti dalla Sgr sono stati utilizzati per sottoscrivere queste obbligazioni che Banca d’Italia non riteneva conformi.
Perché non le ha ritenute conformi? La Tre International cosa ha fatto con il denaro raccolto?
Questo non lo so.
Non sa o non ricorda? Comunque sia, glielo rammento io: la Tre International ha investito quei soldi nel fondo Sofia Reloaded.
Certo… una parte li ha investiti…
Allora se lo ricorda.
Ha ragione, ma non è questo il profilo critico che Banca d’Italia ha rilevato. Ha piuttosto ritenuto che quelle obbligazioni non fossero allineate al profilo di rischio dei portafogli gestiti.
Perché l’Sgr ha di fatto usato i patrimoni gestiti per comprare obbligazioni emesse da una società, la Tre International Sa, la quale poi ha investito quei soldi nel fondo costituito con gli immobili di Pegaso. E alla Banca d’Italia questa è evidentemente parsa una partita di giro.
Sicuramente… però la Sgr, oltre ad aver contestato questa visione della vigilanza ha venduto tutte le obbligazioni. Quindi ha rimediato alla possibile censura.
Non aveva molta scelta, visto che il rapporto di Banca d’Italia aveva notato che quegli investimenti potevano generare – e qui cito testualmente– “possibili reclami e azioni legali da parte della clientela”. Tant’è che manager e consiglieri del fondo Sofia sono stati multati.
Ah, certamente… la multa è pubblica.
Veniamo al patrimonio del fondo: sono tutti beni apportati dalla stessa società, la Pegaso 90.
C’è solo un apportante, ma poi ci sono altri che hanno apportato denaro.
Quindi in pratica è stato fatto un fondo per Pegaso 90.
Beh, effettivamente è l’unico apportante.
Che senso ha? Il fondo poteva farselo Pegaso 90.
Ma per farsi un fondo avrebbe dovuto costituire una Sgr…
Quindi è stato fatto un favore a Pegaso 90?
Beh, no… diciamo… è abbastanza normale che un fondo prenda vita con conferimenti fatti da un apportante iniziale e poi, entrino altri investitori, il fondo faccia altri investimenti.
E sono stati fatti questi altri investimenti?
Che io sappia non ancora… ma so per certo che all’interno ci sono altri investitori. Pegaso non è l’unico quotista del fondo. Anzi mi risulta che oggi sia non maggioritario.
Banca d’Italia ha anche messo in discussione le valutazioni degli immobili apportati. All’immobile di maggior valore, quello di Via Sestio Calvino a Roma, si attribuisce un valore di oltre 3,6 milioni, ma da un precedente atto di compravendita risulta che quell’immobile era stato comprato poco prima da Pegaso 90 per 2,7 milioni. Quindi in un periodo di calo dei prezzi immobiliare, nel conferimento al fondo il valore è stato accresciuto di quasi un milione.
I rilievi non erano così specifici… non riguardavano un’asserita sopravvalutazione di un singolo cespite. Erano riferiti a carenze di tipo strutturale.
Glieli leggo: «L’avvio del fondo immobiliare ha registrato significative carenze anche nel processo di valutazione degli immobili apportati».
Ma nel rapporto ispettivo non si legge specificatamente che quell’immobile è stato sopravvalutato.
No, ma è un fatto che nella valutazione dell’immobile più pregiato ci sia un incremento di quasi un milione.
Assolutamente… siamo assolutamente … allora… beh, il fatto che la Banca d’Italia abbia rilevato questo tipo di carenza è corretto.
Ed è un caso che sia stato chiamato proprio lei a sostenere Sofia nelle risposte all’autorità di vigilanza?
Un caso no. Nel senso che io da 20 anni mi occupo di queste materie e quindi (…) quando uno ha un male al cuore si rivolge ai cardiologi più noti sulla piazza.
Quindi è uno caso che uno degli immobili finiti nel fondo sia stato da lei posseduto?
«Certamente non l’ho apportato io alla Sgr, e certamente il motivo per cui si sono rivolti a me non è che in due passaggi precedenti quell’immobile fosse riconducibile a una mia società».
In realtà Il Sole 24 Ore ha appurato che si è trattato di un passaggio solo: nel giugno 2012 Pegaso 90 ha infatti comprato quella proprietà da una società controllata dal professor Annunziata e due anni dopo ha conferito la proprietà al fondo. Oggi in quello stesso complesso ha sede Sofia Sgr.
Abbiamo chiesto a Crespi se il professor Annunziata aveva avuto rapporti con Sofia prima dell’intervento di Banca d’Italia. «Forse era già stato utilizzato per qualche cosa… lo conoscevamo perché abbiamo preso i suoi uffici», ci ha risposto.
Questo quando?
«Due anni fa».
Certo è che la società a cui Annunziata ha venduto il proprio immobile e che poi lo ha conferito al fondo di Sofia assieme agli altri, la Pegaso 90, di proprietà al 98% di un immobiliarista di Campobasso di nome Giuseppe Taranto, appare l’unica ad aver tratto benefici dal fondo Sofia Reloaded. Nel rendiconto di fine 2014 del fondo, sotto la voce “Finanziamento soci verso partecipate”, sono tra l’altro elencati oltre 4,2 milioni di finanziamenti a società che fanno capo a Pegaso 90. Da quel documento emergono infine crediti per un totale di 397.569 euro “tutti riferibili all’unico debitore, Pegaso 90”.
Non c’è dubbio che Giuseppe Taranto sia un cliente attorno al quale Sofia Sgr ha saputo costruire una soluzione veramente personalizzata.